SINOSSI:
Marrakech, 1109. Lo schiavo cristiano Francesco è ora al servizio del sovrano almoravide. Dopo molte traversie egli è finalmente sereno, lontano dal principe Ghassan ibn Rashid, suo padrone e amante.
Un giorno il giovane vede scaturire una visione dall’ametista che orna il suo anello. È la Città Santa di Gerusalemme. La spirale del tempo si riavvolge. Una regina innamorata attende il ritorno di un cavaliere, leggende di sante e streghe balenano dallo specchio di una donna morta e una fanciulla siciliana, ricamando una triscele, si prepara al viaggio oltremare. Ognuna di loro possiede una storia che attende di essere raccontata. E, in queste vicende, il conte Geoffroy de Saint-Omer e suo figlio entreranno nel cerchio di fuoco dell’eros, rischiando di rimanervi prigionieri per sempre, poiché “Forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione”.
Tuttavia, l’amore ardente e i ricordi tormentosi non saranno i soli pericoli da cui guardarsi. C’è una presenza oscura e antichissima che si nasconde nelle profondità del palazzo reale a Gerusalemme, sede del futuro ordine templare: un demone che scuote le sue catene, impaziente di liberarsi e, finalmente, uccidere.
ESTRATTO:
Geoffroy si china e mi pone un bacio sulla mano. Poi dice: “Sono rimasto in debito con voi, in tutto questo tempo, per il dono della fibbia. Vi ho portato un regalo.” Un regalo… un regalo da parte sua! Mi rizzo sullo schienale, curiosa. Voglio vederlo subito. Continuando a sorridere, stacca la sua mano dalla mia, la infila nella piccola borsa appesa alla cintura, ne trae un minuscolo sacchetto di cuoio. Me lo porge, io lo prendo con dita avide, apro il sacchetto e ne fuoriesce un anellino d’argento con una fila di tre gemme rosse.
Un anello. Un anello è un dono importante, che equivale a una promessa. Baudouin non mi ha mai regalato nulla, nemmeno in occasione delle nostre nozze a Marash: secondo lui, il suo regalo è mantenermi in mezzo al lusso, e avermi posto sulla testa la corona di regina. Lo infilo subito a un dito: mi calza alla perfezione, come se avesse indovinato la misura. Poi lo tolgo e glielo ridò. “Mettetemelo voi al dito, come pegno d’amore.” Egli mi riprende la mano, ne carezza teneramente il dorso; ha qualche esitazione poiché conosce il valore di un gesto come questo. Poi infila l’anello al dito, come se fossimo al nostro sponsale, o nel giorno delle nozze. Qualsiasi cosa accada, sono sicura che lui mi apparterrà per sempre.
“Ti amo, Geoffroy.” Mi sorride, quindi considera con interesse la mano ornata dell’anello. “Anche tu mi ami, non è vero?” Mi sporgo verso di lui, ansiosa. Egli tace, anche se leggo chiaramente il combattimento che si svolge nel suo cuore. Infine sorride di nuovo e risponde, con occhi luminosi: “Tu mi hai espugnato come una fortezza imprendibile, mia bella signora.” Non è la risposta che avrei voluto sentire, ma preferisco non insistere; e rido tra le lacrime, perché gli uomini sono proprio strani e lui non è molto diverso dagli altri. Anzi, se possibile lo è anche di più.
Infine ci guardiamo, con un’intensità che sfida il tempo e lo spazio: è giunta l’ora dell’amore. Geoffroy si china, mi prende e mi solleva tra le braccia. Gli metto un braccio attorno al collo, intreccio le dita delle mani e, trasportata a mezz’aria, attraverso la porta che conduce alla camera da letto. L’ultimo bagliore della candela si rifrange sopra le tre gemme rosse, al mio dito.
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