Siamo di nuovo in compagnia di Clementina per proseguire l’appassionante viaggio nella storia delle donne, che entra ufficialmente nel XX secolo. In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, ripubblico molto volentieri questo interessantissimo articolo relativo al suffragio femminile.
In Francia, la prima richiesta di riconoscimento dei diritti di voto alle donne risale al 1789, avanzata a Parigi durante l’Assemblea degli Stati Generali, con i “Cahier de Doléances des femmes”. In quegli anni Olympe de Gouges pubblicava il suo romanzo “Le prince philosophe”, iniziando ad agitare l’opinione pubblica sui diritti delle donne, ma la sua azione entrò pesantemente in conflitto con il progetto politico di Robespierre, e per questo venne ghigliottinata.


Il paese simbolo del suffragismo fu comunque l’Inghilterra, dove indiscutibilmente si ebbe il movimento più esteso e stratificato. Nella foto, Emmeline Pankhurst viene arrestata dopo aver protestato vicino a Buckingham Palace a Londra il 22 maggio 1907 (o 1914, data incerta).



I cattolici di inizio Novecento, per fronteggiare il femminismo e le sue pratiche laiche di intervento sociale, confezionarono il nuovo senso di identità delle donne cattoliche: in pratica rinominarono quali “militanti” le dame di beneficenza di antica memoria. Infatti, il modello femminile proposto dalla Chiesa continuava a essere legato alla famiglia, alla consacrazione religiosa, all’attività caritativa. In pratica, non si impegnava in alcun modo sul piano attivo e prendeva dichiaratamente le distanze dal modello femminile emancipazionista proposto dalle femministe radicali.
Intanto in tutta Europa le sezioni femminili dell’Azione Cattolica raccolsero grandi consensi e in Italia, nel 1910 l’UDACI (Unione donne di azione cattolica italiana), fondata due anni prima e presente sull’intero territorio nazionale con oltre cento comitati, raggiunse un numero elevatissimo di partecipanti.
Nonostante la presenza di personaggi come Anna Mozzoni e Maria Montessori che si batterono ampiamente per il diritto di voto alle donne, a causa di molte remore anche ecclesiali, la spinta verso l’evoluzione del modello fu piuttosto difficile.
Il 20 gennaio 1945 Togliatti, in una lettera inviata a De Gasperi sollevò la questione del voto alle donne nell’imminente Consiglio dei ministri. Dieci giorni dopo il Consiglio dei ministri affrontò la questione come ultimo argomento e con ben poca attenzione, ma a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani (che sottolinearono lo scarso livello culturale delle donne e i limiti della loro coscienza politica), la maggioranza si dimostrò favorevole.
Così, il 31 gennaio 1945 venne emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni e tale diritto entrò in vigore, concretamente un anno più tardi, il 10 marzo 1946, esprimendosi sulle amministrative, per la seconda volta, invece, il 2 giugno 1946, per il referendum su monarchia o repubblica. Tra le esponenti più significative di quegli anni ricordiamo Nilde Jotti, Tina Anselmi, Rita Montagnana, Teresa Noce, Teresa Mattei, Maria Jervolino, Lina Merlin.
Tra l’altro, a stabilire che dall’8 marzo 1946 il fiore della Festa della donna in Italia sarebbe stato la mimosa furono Rita Montagnana, Teresa Noce e Teresa Mattei.
Nelle foto sotto, da sinistra a destra potete vedere il referendum del 1946 in Italia e donne italiane al voto.



A livello di diritto privato, nel 1945 e nei quasi tre decenni successivi, il matrimonio ha continuato a presentarsi come l’unione di due esseri ineguali per diritti e per doveri, sia sul piano personale che su quello patrimoniale. Il marito, cioè, in quanto capofamiglia, ha seguitato ad avere notevole potere sulla persona e sui beni della moglie e dei figli. In quasi tutti questi paesi si dovrà aspettare la fine degli anni ’60 per avvertire il vento del cambiamento, vale a dire quando iniziano a sollevarsi le istanze di una nuova concezione del matrimonio, più egualitaria e di maggiori riconoscimenti sul piano sociale.
A livello di partecipazione al potere, a partire dal 1945, si apre la porta della politica alle donne, ma, fin dal principio, si osserva quanto si tratti di una porta assai stretta che consente solo a una minoranza risicata di accedere ai ruoli dirigenti.

Come giudicate la presenza, oggi, delle donne sulla scena politica nel mondo occidentale?
Buon 8 marzo, buona settimana a tutti e a presto! 🙂
Clementina Daniela Sanguanini