Ricordate la classica domanda sui libri da portare con sé su un’isola deserta? Ebbene, ho pensato di inaugurare questo nuovo filone presentandovi dieci quadri che porterei con me. Viste le dimensioni e il valore incalcolabile di alcuni, com’è ovvio si tratta di un mero desiderio, ma mi sembra una buona occasione anche per parlarvi di arte come mi ero riproposta.
I quadri che vi proporrò non sono né in ordine di importanza né in ordine cronologico. Alcuni non sono nemmeno considerati dei capolavori, ma li ho scelti perché mi sono particolarmente cari. Ecco il primo.
“Il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo
Ebbi occasione di vedere quest’opera monumentale al Museo del Novecento appena inaugurato, poiché accoglieva i visitatori al loro ingresso. La tela è impressionante sia per dimensioni che per forza, e per scrivere questo articolo ho fatto delle ricerche scoprendo una lunga gestazione da parte dell’artista, Giuseppe Pellizza da Volpedo, poiché fu condotta per stadi successivi.
“Ambasciatori della fame”
L’artista cominciò a lavorare a questo abbozzo nel 1891, dopo aver assistito a una manifestazione di protesta di un gruppo di operai. Egli rimase molto impressionato dalla scena, al punto da annotare nel suo diario:
La questione sociale s’impone; molti si son dedicati ad essa e studiano alacremente per risolverla. Anche l’arte non dev’essere estranea a questo movimento verso una meta che è ancora un’incognita ma che pure si intuisce dover essere migliore a patto delle condizioni presenti.
L’abbozzo mostra una rivolta operaia nella piazza Malaspina a Volpedo, in provincia di Alessandria, con tre soggetti posti davanti alla folla che protesta, dove già si intravede il futuro terzetto che verrà collocato in posizione centrale nel quadro definitivo de “Il Quarto Stato” così come lo conosciamo.
Nonostante i colori evanescenti – o forse proprio per questo – trovo l’abbozzo molto suggestivo, dato anche il titolo di “ambasciatori della fame”. Esso evoca quanto accade nella mente di un artista mentre il lavoro prende faticosamente forma, a testimonianza del fatto che le opere più riuscite richiedono una lunga elaborazione soprattutto mentale. Accade lo stesso a uno scrittore con i suoi personaggi, con la differenza che nell’arte il processo è tangibile: in questo caso abbiamo opere successive o, esplorando un quadro con le più moderne tecniche, scopriamo tutti i ripensamenti del pittore.
Imperdibile è la descrizione della scena che ne fece lo stesso Pellizza da Volpedo:
Gli ambasciatori sono due si avanzano seri sulla piazzetta verso il palazzo del signor che proietta l’ombra ai loro piedi […] si avanza la fame coi i suoi atteggiamenti molteplici – Son uomini, donne, vecchi, bambini: affamati tutti che vengono a reclamare ciò che di diritto – sereni e calmi, del resto, come chi sa di domandare ne più ne meno di quel che gli spetta – essi hanno sofferto assai, è giunta l’ora del riscatto, così pensano e non vogliono ottenere colla forza, ma colla ragione – qualcuno potrà alzare il pugno in atto di minaccia ma la folla non è, con lui, essa fida nei suoi ambasciatori – gli uomini intelligenti.
“La Fiumana”
L’artista lavorò a quest’opera nel 1895-1898. Qui le cose cambiano radicalmente e comprendiamo come Pellizza da Volpedo avesse imboccato con decisione un suo percorso. Innanzitutto, non c’è più la folla indistinta dello sfondo, ma una massa di esseri umani (“la fiumana”). Il popolo comincia ad avere un’identità ben riconoscibile.
Alla testa c’è sempre il terzetto, ma il ragazzo macilento sulla destra è stato sostituito da una donna col bambino, e il vecchio sulla sinistra è meglio delineato e ha una posa più eretta. Anche l’uomo in posizione centrale si erge fieramente, guardando nella nostra direzione, e incedendo verso di noi.
Il colore ha invaso la tela là dove ci sono le persone e gli elementi naturali, rendendo l’opera calda e dinamica; in lontananza, lo sfondo blu del cielo mostra il bagliore del sole.
“Il Quarto Stato”
Dopo il massacro del generale Bava Beccaris a Milano, perpetrato su una folla inerme e affamata, l’artista decide nel 1898 di riprendere per la terza volta il lavoro per giungere alla versione definitiva dell’opera nel 1901 (significativamente, al cambio del secolo).
L’espressione “il quarto stato” è mutuata dalla rivoluzione francese, dove si indicava con “terzo stato” la stragrande maggioranza dei francesi, ma principalmente la cosiddetta borghesia. Qui invece sono operai, contadini, artigiani: in una parola i proletari.
In primo piano vi sono i tre soggetti – due uomini e la donna, cioè il ritratto della moglie Teresa, con un bambino in braccio. Lei è a piedi nudi ed è nudo anche il bambino; è in movimento, ma con una torsione verso l’uomo posto al centro, particolare accentuato dal movimento della gonna. Non è chiaro se stia invitando gli altri a seguirli, oppure cerca di far desistere l’uomo dalla sua marcia. L’altro uomo sulla sinistra è anziano, ha la giacca abbandonata sulla spalla e una mano infilata nella camicia.
Il personaggio più imponente è senza dubbio l’uomo più giovane posto al centro, con gli occhi che ci fissano da sotto il cappello che gli ombreggia il viso. Ha una barba folta e curata, una mano infilata nella cintola sotto il panciotto e l’altra che regge la giacca dietro le spalle. Non c’è nessuna espressione di sofferenza o animosità sul suo viso, ma la calma e la dignità nell’assoluta consapevolezza del diritto rivendicato. Gli abiti sono semplici, ma ordinati e puliti.
Alle loro spalle, c’è una sorta di quinta teatrale costituita dalla folla, una massa di persone le cui pose sono meno statiche e con più gestualità individuale. Sono uomini del lavoro e la loro è diventata una lotta di classe. Tutti hanno un incedere pacato e lento, ma irresistibile, e guardano in direzioni diverse, conferendo dinamismo alla scena. La disposizione a cuneo, la cui punta è costituita dal terzetto, dà l’impressione che la folla stia per uscire dalla tela!
La tecnica è quelle delle pennellate disposte a lineette e puntini. Le cromie sono calde, non soltanto per quanto riguarda gli esseri umani ma anche per il terreno su cui camminano.
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Vi saluto con un’immagine dell’artista di cui abbiamo commentato l’opera e, augurandomi che la proposta vi sia piaciuta, vi do appuntamento al prossimo post.
Cristina M. Cavaliere
Il quando è talmente noto che è impossibile non conoscerlo. Ignoravo però che Volpedo fosse arrivato alla composizione come rielaborazione di opere precedenti, in effetti è stato premiato per tutto l’impegno che ha profuso in questa opera visto che è considerata il suo capolavoro.
L’idea di scegliere dieci quadri è stuzzicante, vedrò se riuscirò a (quantunque il mio blog sia ormai virato su rotte più frivole) quanto meno a redigere una mia lista, cosa non semplice perché di quadri che amiamo ce ne sono sicuramente ben più di dieci.
Pensa che ho scoperto anche che il quadro fu presentato alla Quadriennale di Torino del 1902 insieme con un’altra importante tela di Pellizza, “Il tramonto”, ma non fu per niente apprezzata e non vinse nessun premio. Non fu nemmeno acquistata da un museo, come il pittore sperava. Il successo del “Il Quarto Stato” incominciò mediante la stampa socialista e le innumerevoli riproduzioni e alla fine ebbe il successo che meritava. Come nel caso degli impressionisti francesi, i critici si mostrarono più conservatori.
Per quanto riguarda l’idea di rilanciare il meme, puoi anche scegliere più di dieci quadri, se vuoi. All’inizio l’idea era di scrivere un unico articolo, ma volevo parlare bene di ciascun quadro così ho pensato di dedicare un articolo a ognuno.
È sempre un azzardo decidere una top ten, che si tratti di tele, libri, dischi, eccetera… perché in un certo senso sento di essere vasta e di contenere moltitudini, come diceva Withman.
Di sicuro, i quadri di Pelizza da Volpedo mi piacciono molto e trovo proprio gradevole questa tua rassegna.
Alla prossima, allora!
Anche per quanto mi riguarda, dovrei fare un elenco più lungo come per le famose rassegne dei 100 libri preferiti. Tuttavia preferisco sceglierne solo 10 e dedicare a ciascuno un articolo anziché fare un mero elenco… altrimenti diventerebbe una fatica improba. 😉
Alla prossima, senz’altro!
Cara Cristina hai fatto uno splendido approfondimento della genesi di questo quadro meraviglioso, penso che anch’io lo porterei con me su un’isola deserta (per gli altri ci devo pensare).
È un dipinto di grandissimo impatto, a me piace molto anche la scelta della donna con il bambino accanto all’uomo fiero protagonista della protesta.
Cara Giulia, grazie a te per il bellissimo commento. Per me questo quadro è uno specchio di diritti acquisiti sul lavoro che, ahimè, stiamo perdendo, ormai stiamo scivolando su un piano inclinato su tante cose. Bello il terzetto che avanza davanti a tutti, e rappresenta bene sia le età – con l’uomo anziano e quello più giovane al centro – sia i sessi, gli uomini e la donna con il bambino in braccio. Non a caso è un quadro dalla fama meritatissima.