Rieccoci anche con il proseguimento dell’appassionante storia della donna nel XIX secolo, narrataci da Clementina! Coloro che volessero rileggere l’ultimo articolo, o lo avessero perso, possono cliccare su questo link.
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Per proseguire il nostro viaggio nella storia della donna nel XIX secolo, parleremo di amore, di conflitto e di metafisica del sesso.
Vedremo come, prima ancora che i filosofi si occupino del tema dell’emancipazione femminile, l’epoca che stiamo analizzando si interessi dell’amore, della seduzione, della castità, della metafisica della sessualità e del dualismo dei sessi.
Insomma, nessuno può ignorare la questione femminile.
L’epoca, Antonio Puccinelli, 1885-1888, Londra-Milano-St Moritz, Galleria Robilant
Per tracciare un quadro di quanto accadeva nell’Europa del 1800, vi propongo ancora una volta di ripercorrere insieme a me alcuni appunti che fanno riferimento a un lungo lavoro di ricerca condotto da Genevieve Fraisse. In particolare andremo a considerare la sintesi che questa studiosa fa del pensiero di alcuni illustri filosofi di quel tempo.
Iniziamo con l’affrontarne tre: Schopenhauer, Kierkegaard e Auguste Comte.
La storica ci fa notare come l’elemento biografico della loro conflittualità con le donne sia strettamente connesso alla lettura dei loro testi: il primo di essi, dopo la morte del padre, è in urto completo con la madre; il secondo rompe clamorosamente il proprio fidanzamento; il terzo si fa ispirare, prima dalla moglie e poi dalla sua cameriera, per le sue riflessioni sulle donne e per il suo intero sistema filosofico. La Fraisse si chiede e ci chiede se il rapporto sessuale sia forse parte in causa della problematica filosofica!
Andiamo dunque a vedere cos’ha scritto ciascun filosofo sull’argomento.
Arthur Schopenhauer (Danzica, 22 febbraio 1788 – Francoforte sul Meno, 21 settembre 1860), qui in un fotografia, ritoccata con il colore, di Johann Schäfer del 1859, è stato uno dei maggiori pensatori del XIX secolo.
Egli scrive una metafisica dell’amore secondo cui, a partire dall’istinto sessuale, l’amore si sviluppa e si esprime nella coscienza individuale.
Esso si dispiega tra due estremi, la frivolezza della relazione, del legame sentimentale e l’imperativo interesse della specie, l’imperturbabile volontà della natura.
Per essere più precisi, l’amore per Schopenhauer corrisponde alla maschera dell’istinto sessuale e al suo stratagemma, il trucco di cui si serve la natura per realizzare i propri fini. Ne consegue che l’individuo è vittima dei suoi raggiri e, quindi, dell’illusione.
Per questo filosofo l’uomo può andare oltre la volontà della natura, per raggiungere un ascetismo in cui la castità è ricca di potenzialità, mentre la donna non è stata creata che per la propagazione della specie.
A onor del vero, nella sua riflessione sul rapporto tra i due sessi, nella metafisica dell’amore, l’autore sorprende attribuendo l’elemento razionale alla donna. In un’epoca in cui la tendenza dei filosofi è quella di porre in discussione il raziocinio delle donne, una simile affermazione suona strana! Tuttavia, quando Schopenhauer non disquisisce più sull’amore, o sulla differenza tra i sessi, ma parla direttamente delle donne, il suo tono cambia in modo repentino e la sua misoginia prende il sopravvento!
Ecco allora che la donna diventa una via di mezzo tra l’uomo e il bambino: un essere dotato solo di effimera bellezza, un trucco della natura per sedurre l’uomo e propagare la specie. Ma, si badi bene, Schopenhauer esclude che la donna possa costituire il bel sesso, semplicemente essa rappresenta il secondo sesso, senza alcuna parità con il primo, e la sua fragile capacità di ragionare vive nell’immediatezza, tra frivolezza e pertinenza.
Søren Kierkegaard (Copenaghen, 5 maggio 1813 – Copenaghen, 11 novembre 1855) è stato un filosofo, un teologo e uno scrittore danese, da alcuni considerato punto di avvio dell’esistenzialismo. Lo vedete qui in un ritratto di Luplau Janssen, “Kierkegaard allo scrittoio” del 1902, collocato al Museum of National History, Frederiksborg Castle.
Secondo la Fraisse, Kierkegaard fa del matrimonio il cardine del problema. A partire da esso il suo pensiero si sposta sull’amore, inteso sia come amore per l’altro e come amore del vero (e da qui si arriva all’amore per Dio), erotismo carnale e erotismo filosofico, ovvero lo studio delle emozioni e degli stati emotivi.
L’autore critica l’amore romantico, basato sulla sensualità, considerandolo fonte di un’eternità fittizia, un amore illusorio al quale le donne si ispireranno per far attecchire quello che egli ritiene un nefasto desiderio di emancipazione.
In sostanza, nelle analisi di Kierkegaard relative al matrimonio e al fidanzamento, l’amore si esprime in tre modi: sul piano estetico esso è legato all’istante; sul piano etico è legato al tempo; sul piano religioso è legato all’eternità. Da qui il filosofo stabilisce che l’uomo non possa mai rinunciare al rapporto con l’eternità e, essendo egli un essere finito, non potrà sostenersi in altro modo che in rapporto all’infinito.
Va da sé che in questo quadro entra in gioco un costante conflitto tra carne e spirito e il filosofo indica come una delle soluzioni, per accedere alla riconciliazione tra pulsioni contrastanti, la scelta della castità. In tutto questo argomentare la donna viene inclusa in merito al desiderio e la sua presenza viene spiegata quale parte del gioco tra i due sessi, ma a differenza degli altri filosofi dell’epoca, Kierkegaard individua tante finalità nel matrimonio e non soltanto quella della riproduzione della specie.
La donna, per questo pensatore, diventa così “il sogno dell’uomo”, “la perfezione nell’imperfezione”. La donna è per lui natura, apparenza, immediatezza, ovvero tutto ciò che impedisce di stabilire un rapporto diretto con l’assoluto: “la donna spiega il finito, l’uomo insegue l’infinito”. Traducendo nei minimi termini il suo pensiero, l’uomo è il soggetto del discorso filosofico, mentre la donna è semplicemente l’oggetto.
Auguste Comte, (Montpellier, 19 gennaio 1798 – Parigi, 5 settembre 1857), filosofo e sociologo francese, è considerato considerato il padre del Positivismo. Qui accanto lo potete vedere a mezzo busto nel cosiddetto “Ritratto olandese”, ricavato da un dagherrotipo del 1849.
Comte riprende il concetto di opposizione tra maschile e femminile, attivo e passivo, pensiero e intuizione, di Feuerbach (il quale sosteneva che la castità non costituisse una virtù e che il matrimonio avrebbe consentito il superamento della contraddizione del peccato originale) e lo sviluppa all’interno del registro sociale e religioso.
In entrambi gli ambiti, secondo Comte, la biologia diventa l’imprescindibile fondamento dimostrativo. In sostanza, alla base del pensiero di questo filosofo c’è la convinzione che la biologia confermi definitivamente la gerarchia dei sessi: le donne sono in uno “stato di infanzia radicale”, in quanto appartenenti alla famiglia, alla vita domestica basata sulla gerarchia dei sessi, sono le compagne dell’uomo, ma non sono mai uguali ad esso.
Le donne, dunque, oltre alle funzioni materne, sono la fonte dei sentimenti sociali e hanno la missione di ausiliarie spirituale. In buona sostanza, le donne sono “il sesso dell’affettività”: la donna, sposa, figlia, madre, sorella, diventa un “angelo” per l’uomo e una dea per l’umanità. Di conseguenza Comte si schiera apertamente in favore della difesa del matrimonio e a favore della “salutare esclusione” delle donne dalla vita sociale e politica. Cionondimeno, Comte si esprimerà con tenacia contro l’incipiente femminismo, che considera una rivolta senza futuro, sostenendo in parallelo la necessità di limitare l’istruzione delle donne. La donna, per lui, potrà partecipare alla vita sociale e politica solo in modo indiretto.
Come vedremo, a dispetto di tanta misoginia di tanti filosofi dell’epoca, in quegli anni si stavano concretamente affacciando l’emancipazione femminile e il femminismo e, con i filosofi successivi, se ne avrete voglia, ne vedremo delle belle…
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Nel prossimo post, che seguirà a breve, potrete leggere alcuni stralci dell’opera di una scrittrice famosissima, che molto si prodigò per la causa delle donne. Continuate a seguirci e buon fine settimana a tutti!
Clementina Daniela Sanguanini
Tre visioni della donna da parte di uomini, quella di Auguste Comte è quella più positiva, ma contrapposta dalla “ salutare esclusione” delle donne dalla vita sociale e politica”, le donne sono l’angelo del focolare purché stiano in casa ad accudire l’uomo. Molto interessante questo post.
Cara Giulia, ti ringrazio molto del passaggio.
Come detto, la donna e la sua posizione nella società ha rappresentato per gran parte dell’universo maschile un problema al quale si è dato spesso risposta attraverso la violenza (di piú tipi). Le donne, nel tempo, hanno fatto dei passi avanti soprattutto in termini di presa di coscienza. Ma c’é ancora tanta strada da fare.
Grazie ancora, ti abbraccio e à la prochaine fois!
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Grazie ad Ariano e grazie a Clementina per l’osservazione e la risposta. Penso che fino a quando non si riuscirà a raggiungere una sostanziale parità tra uomo e donna in tutti i campi i problemi finiranno inevitabilmente con il riaffiorare, magari in forme diverse, come un grande fiume carsico. Il punto è sempre la detenzione del potere, chi lo detiene fatica a spartirlo.
Proprio come commentavo in un altro ambito, cara Giulia, le opinioni espresse da questi filosofi provengono tutte da uomini, come se chiedere un parere alle dirette interessate fosse del tutto superfluo. Com’è ovvio bisogna contestualizzare tutto, eppure c’è chi pensa ancora in questi termini, e non troppo velatamente…
Idee ovviamente datate, sia pure se espresse da pensatori particolarmente significativi. D’altronde credo sia inevitabile che anche un filosofo sia in qualche modo legato agli schemi mentali e sociali della sua epoca.
Riguardo la “battuta” che riporti di Genevieve Fraisse, in effetti credo che la sessualità sia un cardine nei rapporti umani e il modo di affrontarla determina la struttura sociale stessa. Un tempo si credeva che il problema fosse solo il fatto che era un argomento tabù, trasformiamo il sesso in normalità e il rapporto uomo-donna sarà più sincero, più libero, più gioioso. In realtà, basta leggere i romanzi di Michel Houellebecq per rendersi conto che tutto ciò ha portato altre problematiche, simboleggiate dal fenomeno dei cosiddetti “incel” ma anche da un crollo verticale della natalità e l’aumento esponenziale di persone che vivono sole, che magari hanno una relazione ma ognuno continua a vivere per contro proprio.
Diciamo che per quanto sia grandi pensatori che noi comuni mortali ci ingegniamo a trovare “soluzioni” e strutture mentali e sociali per eliminare certi squilibri nel rapporto uomo-donna, in realtà poi creiamo altri squilibri.
Caro Ariano, grazie del commento.
Di sicuro il Novecento ha messo il turbo a ogni dimensione del vivere, per cui anche a ogni relazione sociale.
Non é facile trovare un equilibrio laddove esistono delle storture stratificate secolo dopo secolo.
In questo caso, ci troviamo di fronte ad un tema che, abbracciando uno spettro enorme, é quasi impossibile da sintetizzare in poche righe.
La sessualità, come dici tu, ha assunto molte dimensioni, ma senz’altro una certa attitudine non basta da sola a spiegare fenomeni che svelano ancora oggi una profonda misoginia.
Se si considera anche solo lo squilibrio nel trattamento economico della donna, oggi che siamo nel 2024, o se si tiene conto della lunghissima e odiosa serie di femminicidi riportati dalle cronache dei quotidiani é difficile affermare che le opinioni dei filosofi di cui parla il presente post siano “ovviamente datate”.
Un abbraccio e a presto!
Molto interessante. Nei mesi scorsi ho avuto modo di leggere L’errore di Aristotele di Giulia Sissa, un saggio molto accurato sulla donna nei secoli. Si rimane sconvolti da come anche la filosofia, ossia l’arte del pensiero per eccellenza, releghi le donne a un impulso materno e in generale a un corpo “freddo” (come i greci asserivano) e quindi incapace di passioni costruttive. Penso che dedicherò un post recensione al testo.
I due filosofi di cui Clementina qui sintetizza il pensiero a riguardo, erano come vedo dello stesso avvilente avviso. Colpisce come si veda nell’istruzione un pericolo, le donne non devono studiare, è preferibile.
Grazie per il commento, Luz. Sì, in effetti sembra che questi filosofi parlino con una voce unica, con poche differenze, sembra si siano messi d’accordo. Ho sempre in mente la lettura dell’Emile di Rousseau, un vero e proprio libro caposaldo dell’educazione rispettosa dell’evoluzione fisica e mentale del fanciullo, con lunghe passeggiate all’aria aperta, insieme al proprio precettore, che favorivano l’osservazione della natura e delle sue leggi e senza costringerlo anzitempo sui libri. Peccato che tutto questo fosse indirizzato esclusivamente al bene e alla cura del maschietto, mentre Rousseau dedica una paginetta all’educazione della bambina, relegandola come al solito al ruolo di futura moglie e madre.