“Adorazione dei pastori” di Caravaggio, realizzato in olio su tela (314 × 211 cm) nel 1609. È custodito nel Museo Regionale di Messina.

 

Carissimi,

con questo quadro di Michelangelo Merisi detto Caravaggio vi faccio i miei auguri e avvio la pausa natalizia del blog.

Il quadro fu eseguito dall’artista, anima tormentata, in seguito alla sua fuga dalle prigioni di Malta e durante la sua breve permanenza in Sicilia. A Messina fu incaricato di eseguire l’opera dal senato della città: sarebbe stata una pala d’altare destinata a ornare l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria della Concezione, retta dai padri Cappuccini.

Con quest’opera venne inaugurato il genere della Natività Povera, che avrà grande seguito nella pittura sei-settecentesca. La scena è ambientata all’interno di una stalla, dove la Madonna, raffigurata come una semplice popolana, giace sfinita dopo aver dato alla luce il Figlio. Il Bambino si aggrappa con la manina alla madre che lo sorregge, e forse sta dormendo; le loro guance si toccano teneramente. In un unico gruppo, davanti a loro sono radunati san Giuseppe e i pastori che, chinandosi, li ammirano meravigliati, in silenzio e senza comprendere fino in fondo la portata dell’avvenimento. Dietro il gruppo vi sono l’asino e il bue, che quasi si confondono con il recinto della stalla, mentre in primo piano vi sono oggetti di uso contadino.

L’interno è dimesso, si può quasi toccare con mano la povertà dell’ambiente e degli esseri umani che lo affollano. I colori sono scuri e terrosi, lumeggiati in modo violento da un fiotto di luce che, entrando dalla sinistra, svela anche la spalla nuda di uno dei pastori. Altre accensioni cromatiche sono il rosso delle vesti della Madonna e il mantello. Per il resto tutto sembra confondersi in un unico ammasso di ombre e oscurità.

Ho scelto questo quadro non soltanto perché Caravaggio fu un grandissimo pittore, ma perché l’opera riflette molto bene questa nostra epoca in preda al travaglio, sfregiata dalle guerre e dalla miseria, e da una desolazione che è anche intellettuale. Vi sono vittime a tutte le latitudini, massacrate da bombe e terrorismo, ma vi è anche molta povertà dello spirito. Quanti ricordano perché si festeggia il Natale, travolti come sono dall’obbligo di comprare regali, fare l’albero, imbandire cenoni e pranzi, e fare gli auguri a parenti e amici?

Con questa domanda, e senza voler montare in cattedra, concludo il mio articolo proponendovi una frase molto semplice di padre Pio:

“Gesù Bambino sia la stella che ti guidi lungo il deserto della vita presente”

 Con affetto,

Cristina M. Cavaliere