Torna in pompa magna la rubrica dei Tarocchi, dove scopriremo una delle carte più affascinanti dell’intero mazzo: l’Arcano VI, L’Innamorato! Cominciamo l’esame con l’aiuto della nostra esperta, Clementina. Essendo l’argomento piuttosto vasto, abbiamo deciso di dividerlo in due parti.

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Cari lettori, mi riaffaccio nella blogosfera dopo un periodo di meritate ferie e sono molto felice di poter tornare a chiacchierare con voi e farlo con l’Arcano VI! C’è chi chiama questa carta Gli Amanti e chi, invece, L’Innamorato. Io ho sempre preferito la seconda definizione e vi spiegherò presto anche perché.

Prima, però, desidero mostrarvi come la raffigurazione di questa lama si è modificata nel tempo.

Come accennavo prima, nel corso dei secoli la rappresentazione di questa lama ha subito una sostanziale trasformazione. 

Arriviamo, dunque, a occuparci del nostro Tarocco di Marsiglia.  Ebbene, qui l’impianto iconografico è cambiato; nella raffigurazione non troviamo più due personaggi, bensì tre, ovvero un uomo e due donne.

L’arcano VI nel mazzo Cary-Yale, che potete vedere qui accanto, ad opera di Bonifacio Brembo (1420- 1480), raffigura due giovani durante la cerimonia della “dextrarum iunctio” cioè l’unione della mano destra quale rito nuziale, emblema di indissolubile legame fra i due.

I giovani appaiono a figura intera in un giardino nel quale si staglia una tenda a baldacchino che li sovrasta, mostrando lo stemma Visconteo unito a un altro, sul quale spicca uno scudo rosso intersecato da una croce d’argento.

Ai loro piedi si scorge un cagnolino bianco che allude alla pudicizia e alla fedeltà, mentre sopra le loro teste si trova un Cupido pronto a scagliare la sua freccia.

I due giovani si guardano vicendevolmente, ma ignorano la presenza del fanciullo alato nascosto dal drappo, e il bambino a sua volta bendato, non vede nulla e quindi non saprà mai chi andrà a colpire.

L’immagine del Cupido, dio dell’amore, figlio di Venere e Marte (per alcuni Mercurio) era diffusissima durante il Rinascimento e la sua fanciullezza viene interpretata in più modi. In primo luogo, essa parla dell’eterna giovinezza e dell’incoscienza del sentimento amoroso (infatti Cupido gioca con gli esseri umani, cacciandoli, ferendoli, infiammandoli, senza mai rendersi conto del male che può loro arrecare).

Un altro elemento che contraddistingue questa immagine è la nudità, simbolicamente affiancata alla capacità del sentimento di privare gli uomini di ogni bene: abiti, possedimenti, buon senso, saggezza. La cecità, inoltre, (spesso viene rappresentato bendato) allude, da una parte al disinteresse di questa divinità verso l’obiettivo che va a colpire (il ricco e il povero, il bello e il brutto, il giovane e il vecchio, la sua freccia colpisce ogni individuo indistintamente), dall’altra, simboleggia l’effetto prodotto su chi viene raggiunto dal dardo, perché nessuno si dimostra più cieco di colui che viene influenzato dall’amore.

Come accennavo prima, nel corso dei secoli la rappresentazione di questa lama ha subito una sostanziale trasformazione. 

Arriviamo, dunque, a occuparci del nostro Tarocco di Marsiglia.

Ebbene, qui l’impianto iconografico è cambiato; nella raffigurazione non troviamo più due personaggi, bensì tre, ovvero un uomo e due donne.

Per come si presenta ora, l’arcano riconduce al mito di “Ercole al bivio”, soggetto presente in numerose opere figurative, ad esempio nell’affresco realizzato tra il 1595 e 1596 da Annibale Carracci e originariamente situato nel Camerino del Cardinal Farnese, a Palazzo Farnese, Roma. Lo potete vedere qui sotto.

Infatti, in quest’opera troviamo un Ercole seduto e appoggiato alla sua clava pensieroso di fronte alle profferte di due fanciulle. Quella di destra, con veste trasparente, rappresenta il Piacere che indica una strada piana, lungo la quale però trovano dimora anche carte da gioco, maschere teatrali e strumenti musicali che alludono all’inganno. La donna vestita a sinistra, invece rappresenta la Virtù che indica a Ercole una strada faticosa, stretta e in salita, in cima alla quale però lo attende il cavallo alato Pegaso, emblema del casato Farnese, ma anche simbolo di virtù e mezzo di ascensione al cielo, che lo condurrà alla gloria. 

Raccogliendo il suggerimento di un conoscente con il quale ho intrattenuto un’intensa conversazione sull’affresco in questione, vi propongo uno stralcio del testo del librettista Agostino Manni creato per la “Rappresentatione di anima et di corpo”, composizione musicale barocca di Emilio de’ Cavalieri (intimo amico di Michelangelo) portata in scena nel febbraio del 1660, a Roma. Si tratta di un dialogo tra tre personaggi, il Piacere, il Corpo e l’Anima.

 Il Piacere: “Chi gioia vuol, chi brama gustar spassi e piacere mentre il tempo lo chiama, venga, venga a godere, getti gli affanni suoi, corra a gioir con noi. Gli augelli pargoletti cantan su gli arboscelli: i pesci semplicetti guizzano pei ruscelli, e invitano al piacere con numerose schiere. Ridono i prati erbosi, c’han colorito i manti; le selve, e i boschi ombrosi son lieti e festeggianti: ogni piaggia fiorita all’allegrezza invita.”

Il Corpo: “A questi suoni e canti, Alma muover mi sento come la foglia al vento.”

L’Anima: “Come ti cangi presto? Sta’ forte e non temere, quest’è falso piacere.”

Il Piacere: “O canti, o risi, o graziosi amori, fresch’acque, prati molli, aure serene, grate armonie, che rallegrate i cori, conviti, pasti, e saporite cene, vesti leggiadre, e dilettosi odori, trionfi, e feste d’allegrezza piene, diletto, gusto, giubilo e piacere, beata l’alma, che vi può godere”

L’Anima: “Non vi cred’io no, no, li vostri inganni io so: tutte le vostre cose che paion dilettose, al fin son tutte amare: beata l’alma, che ne sa mancare.”

Il Piacere, rivolgendosi a due compagni: “Cacciate via i pensieri torbidi, tristi, neri, aprite, aprite il petto al piacere, e al diletto, aprite, aprite il core a la gioia, e all’amore, dolce diletto, ch’allegra il petto, soave ardore, gioia del core.”

L’Anima: “Via, via false sirene, di frodi e inganni piene. Il fin del vostro canto, occupa sempre il pianto: ogni diletto è breve. Ma quel ch’affliggerà, finir non deve.”

La chiusa del Piacere: “Or poi che non v’aggrada la lieta compagnia, ce n’anderem per strada, dov’altri ci desia: che per aver contento, verranno a cento a cento.”

Dal mio punto di vista è interessante. E voi, cosa ne dite?

Bene, bene, questa prima parte storico-artistica sull’Arcano L’innamorato si chiude qui. Buon fine settimana, un caro saluto e a presto con la seconda parte, dove entreremo nel vivo delle interpretazioni! laughing

 

Clementina Daniela Sanguanini

 

BIBLIOGRAFIA:

Rappresentatione di anima et di corpo, testo di Agostino Manni, musica di Emilio de’ Cavalieri, Creative Commons, MediaWiki

La Via dei Tarocchi, Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa, Universale Economica Feltrinelli

Il Linguaggio segreto dei Tarocchi, Laura Tuan, De vecchi Editore

 

ICONOGRAFIA:

Immagine 1: Arcano VI del mazzo Tarocchi Visconti di Modrone, detti anche Cary-Yale, XV secolo, Bonifacio Brembo, Yale University.

Immagine 2: Arcano VI, L’Innamorato, Mazzo di Marsiglia.

Immagine 3: “Ercole al bivio”, Annibale Carracci, 1595-1596, attualmente esposto al Museo nazionale di Capodimonte, Napoli.