La locandina del film.

Continuiamo a scoprire gli Arcani Maggiori nei Tarocchi con l’aiuto della nostra amica Clementina, che ci presenterà una figura affascinante: la Papessa.

Avete mai visto La Papessa, film del 2009 diretto da Sönke Wortmann, tratto dall’omonimo romanzo di Donna Woolfolk Cross?  È basato sulla storia della Papessa Giovanna. A me piacque molto per la ricostruzione storica – Roma era una specie di fogna a cielo aperto, e in parte mi ispirai al film per descrivere la Roma del mio Le strade dei pellegrini – ma venni poi a scoprire che le vicende di Giovanna non erano molto aderenti alle scarse e incerte fonti che si possiedono su questa figura. Il finale era stato un po’ cambiato.

L’articolo riveste comunque un estremo interesse perché Clementina ci proporrà innanzitutto un excursus storico e sociale sulla figura della donna nel Medioevo, in base al quale viene originata questa carta dei Tarocchi. Quindi, donne di tutto il mondo, unitevi nella lettura!

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La Papessa Giovanna: verità o leggenda?

Diversamente da ciò che abbiamo riscontrato finora, la figura che stiamo per analizzare regge una duplice connessione, storica e leggendaria. Per questo motivo parleremo dell’arcano, ma inevitabilmente faremo una rapida irruzione nella condizione femminile nel Medioevo.

Secondo alcune fonti, sembra che durante il XIII secolo sia stata eletta a pontefice una giovane donna. Costei, cui si attribuiscono diversi nomi (Giovanna, Agnese, Glancia, Giliberta, Gilibera), avrebbe governato la Chiesa per due anni e mezzo, dall’853 all’855, poco prima del papato di Benedetto III, con il nome di Giovanni VIII. Sì, Giovanni, al maschile, in quanto pare che la nostra protagonista, per svolgere una funzione da sempre rigorosamente ricoperta dai maschi, si sia abilmente travestita da uomo.

La narrazione, ripresa anche dal Boccaccio nel suo De Claris Mulieribus, fa riferimento a una donna inglese, educata a Magonza, che riuscì a farsi monaco con il nome di Johannes Anglicus per poi salire al soglio pontificio.

La Papessa Giovanna raffigurata nelle Cronache di Norimberga di Hartmann Schedel, 1493.

Provate a immaginare: in un’epoca in cui regnava l’avversione nei confronti del sesso femminile – sì, va be’, non che sia cambiato moltissimo, ma almeno in Occidente qualche passo in avanti è stato fatto. Anche se… – una donna va a rappresentare il più importante funzionario ecclesiastico, ponendosi quindi in posizione dominante rispetto agli uomini. Come se non bastasse, questa donna, per giunta, è sessualmente attiva: pazzesco! 😉

La leggenda, pubblicata la prima volta nel 1240 dal cronista domenicano Giovanni di Metz, racconta che durante la processione pasquale dell’855, diretta a San Giovanni in Laterano, la Papessa, segretamente incinta, viene avvicinata dal popolo entusiasta che si stringe intorno al suo cavallo.

L’animale, impaurito da quello che gli pare un assalto, reagisce imbizzarrendosi. Questo suo improvviso impennarsi provoca il prematuro travaglio della gestante, la quale si porta, a fatica, in disparte nel tentativo disperato di dare alla luce il figlio.

La folla romana, che fino ad allora si era dimostrata acclamante, quando si accorge dell’inganno, si infuria. Impietosa, attribuisce il parto, che si stava consumando sotto gli occhi di tutti, a un prodigio del diavolo. Decide in tutta fretta di legare la Papessa a un cavallo istigato a correre e inizia a lapidarla fino a causarne la morte, nei pressi di Ripa Grande. Se le cose fossero andate in questo modo si sarebbe trattato di una gigantesca barbarie, ma non sembra esserci modo di verificarlo.

Guardiamo allora al contesto.

Jakob Kallenberg (1500-1565) La papessa Giovanna mentre partorisce. Stampa tratta dal Delle Donne Illustri del Boccaccio, cap. XCIX, «De Ioanne Anglica Papa».

La donna nel Medioevo

La vicenda o leggenda si innesta in secoli durante i quali la politica e l’economia dell’intera penisola venivano amministrate da una Chiesa molto spesso corrotta. Tempi confusi e violenti in cui le donne, che pur contribuivano attivamente alla vita del paese, godevano di ben pochi diritti. In linea di massima, possiamo dire che era loro negato l’accesso ufficiale al sapere e potevano esser giustiziate, brutalizzate, uccise, date alle fiamme, senza destare nessun scalpore. Tanto per offrire un’idea della visione coeva dell’immagine femminile, è sufficiente riflettere sul fatto che in quell’epoca si riteneva che il sangue mestruale rendesse sterili i campi. Da qui a confezionare la credenza che la donna rappresentasse lo strumento nel quale Satana fosse sempre pronto ad incarnarsi, quindi, bastava poco!

Per riprendere le parole di Carla Casagrande, docente di Storia Medievale presso l’Università di Pavia, membro della Société Internationale pour l’Étude de la Philosophie Médiévale (SIEPM), della Società Italiana per lo Studio del Pensiero Medievale (SISPM), della Società Internazionale di Studi Francescani, della International Medieval Sermon Studies Society (IMSSS), bisogna intenderci su un punto cruciale: di “quali donne” stiamo parlando?

Secondo l’esperta, infatti, già il processo di classificazione delle donne nel Medioevo, non rientra nelle operazioni più semplici, in quanto si basa su un unico criterio, quello morale:

“per chi ha alle spalle una tradizione che ha raramente pensato alle donne all’interno delle rappresentazioni della società preferendo unificarle nella categoria ‘donna’ in cui, in base a un criterio unicamente morale, si collocano le contrapposte ma solidali immagini della donna lussuriosa, soggetto e oggetto di peccato, e della donna casta, simbolo di virtù e salvezza.”

Sempre sulla base di ciò che insegna Carla Casagrande, solo verso il 1200-1300, con il giurista fiorentino Francesco da Barberino, si otterrà una vera e propria esplosione di categorie femminili che, tuttavia, non aiuta affatto l’emergere di un’identità femminile forte. Anzi…:

“si comincia con le giovinette e le ragazze al tempo del matrimonio, per passare alle donne che hanno superato l’età da marito, a quelle che si sposano tardi, alle donne sposate; ognuna di queste categorie è a sua volta distinta in sottocategorie a seconda che la donna provenga da una famiglia di re e imperatori, di nobili, di cavalieri, giudici e medici, di mercanti e artigiani, di contadini e lavoratori; si prosegue con le vedove , le vedove che si risposano, le donne che conducono una vita religiosa in casa, le monache, le recluse solitarie, le dame di compagnia, le ancelle, le balie e le serve e si conclude con una serie di donne di umili condizioni: barbiere, fornaie, fruttivendole, tessitrici, mugnaie, pollivendole, mendicanti, mercivendole, ostesse e meretrici…”

In pratica, soprattutto prima del XIII secolo, il carattere dominante del pensiero ecclesiastico (che poi era quello più diffuso in assoluto) è la misoginia. La donna viene considerata incapace di salvaguardarsi da sola (la famosa infirmitas), necessita della custodia dei padri e dei mariti, e quando questi vengono a mancare, subentrano i direttori spirituali che reclamano a sé il suo corpo e la sua anima. In poche parole, è considerata una mentecatta.

A ogni buon conto, tornando alla nostra Papessa, la Chiesa di oggi nega con veemenza che tutto ciò sia avvenuto, così come nega che i documenti, le stampe e le citazioni che circolarono, per oltre un secolo, riguardo questa figura femminile seduta sul trono papale, siano mai stati attendibili. Per tutta risposta, riferisce che questa figura sia esclusivamente frutto di una leggenda originata da una un’azione antipapista dell’epoca.

Come siano andati realmente i fatti non lo sapremo mai, ma ciò che mi preme sottolineare di questa leggenda (leggenda nel suo nucleo originale, forse, ma storia vera nella sua utilizzazione) è la persistenza dell’ossessione che la donna possa esercitare prerogative maschili, oltreché la paura per un corpo di cui si teme la perversa seduzione.

 

L'”eretica” Maifreda Visconti

La Papessa nel mazzo Visconti-Sforza eseguiti da Bonifacio Bembo, ca. 1450, The Pierpont Morgan Library (inv. M. 630), New York.

Per dovere di cronaca, sottolineo che Giovanna (che si faceva chiamare Giovanni) entra nel gioco dei tarocchi in un mazzo di carte commissionato da Francesco Sforza, tra il 1451-1453. La Papessa ricorderebbe la memoria di una parente stretta di Matteo Visconti, vicario imperiale all’inizio del XIV secolo, finita sul rogo perché sospetta di eresia e perché lei stessa si era assunti compiti vicini a quelli svolti dal pontefice.

Ebbene sì. Dovete sapere che in terre ambrosiane, dal XII al XV secolo, erano attivi più di un movimento cattolico costituito da varie sette religiose, e Manfreda Visconti (o Maifreda), cugina di Matteo Visconti (a sua volta figlio di Teobaldo e nipote di Ottone, arcivescovo di Milano) aderiva a una di esse, essendo suora all’ordine delle Umiliate.

Verso la fine del 1200 Manfreda decise di seguire le orme di Guglielma di Boemia, una monaca dell’abbazia di Chiaravalle capace di attirare a sé un incredibile stuolo di milanesi grazie alle sue prediche e alla sua fama di guaritrice.

Alla morte di Guglielma, avvenuta per cause naturali intorno al 1281 o 1282, la nobile Visconti venne considerata da tutti quale sua erede spirituale e investita del titolo di Papessa. Aiutata dal teologo Andrea Saramita, diede vita al culto della figura di Guglielma, intenzionata a chiederne la santificazione, finché la domenica di Pasqua del 1300 officiò, indossando i paramenti sacri del sacerdozio, una messa solenne in suo onore, dichiarandola risorta come Gesù Cristo.

A quel punto scattò la denuncia e la donna finì nel mirino della Santa Inquisizione, la quale si servì dei domenicani Guido da Cocconato e Ranieri da Pirovano per far luce sulla questione. L’inchiesta, voluta dallo stesso Papa di allora, Bonifacio VIII, durò poco più di un anno.

Come risultato Guglielmina venne condannata postuma quale eretica e le sue ossa vennero pubblicamente date alle fiamme. Nel novembre del 1301 toccò a Manfreda e al teologo Saramita, che vennero arsi su un rogo preparato in Piazza Vetra.

E questa è storia. Il tarocco in questione, dunque, sarebbe una spia dell’atteggiamento antipapale dei Visconti-Sforza.

 

La Papessa e i Tarocchi di Marsiglia

Ora, però, se non vi dispiace, passerei a trattare l’argomento dal punto di vista dei Tarocchi di Marsiglia. Da qui in poi prenderò spunto dai libri di Laura Tuan e Alejandro Jodorowsky. Andiamo, dunque, a scoprire i significati attribuiti a questa carta…

La Papessa nel mazzo di Tarocchi Marsigliesi, ed. Lo Scarabeo.

Entrambi gli autori affermano che La Papessa viene rappresentata da una misteriosa donna incoronata con la tiara papale, seduta su un seggio imponente. Lo scranno sul quale siede è celato alla vista da un drappeggio che simboleggia la clausura, nel convento, nel tempio o nel chiostro, e che tale clausura sembra proteggerla dalle insidie del mondo.

Tutt’e due sostengono che simboleggia la grande sacerdotessa, la maga, la dea. Può rimandare a Iside, la dea egiziana del disco lunare, che riuscì a riportare alla luce Osiride, il dio solare suo sposo che era chiuso nel mondo sotterraneo presso le divinità della morte. Può riferirsi anche a Selene, la luna, il cui aspetto oscuro è rappresentato da Ecate, terribile dea dei morti invocata dalle streghe nelle cerimonie magiche, ma richiama alla mente anche una qualsiasi Madonna Nera dell’iconografia cristiana.

Inoltre, è associata al Due, il primo dei numeri pari, non da intendersi come 1+1, ma come un valore puro: è la prima porta e il primo passaggio attraverso il quale l’Uno (il Bagatto) può penetrare per portare la luce fecondatrice e uscirne incoronato dopo aver illuminato l’interno e contemporaneamente esserne stato illuminato di riflesso proprio.

In questo senso la Papessa rappresenta la Conoscenza, ovvero il dubbio fecondo, il potere oscuro della natura che una volta illuminato dà la conoscenza. Pertanto, essa descrive le forze inconsce, la Sostanza divina.

 

Piano interpretativo: la carta dritta

Jodorowski sostiene che la Papessa “viene verso di noi per parlarci della nostra vita materiale e contemporaneamente dello spirito puro”. Laura Tuan sottolinea che quando l’arcano si presenta dritto è estremamente benefico e indica che realizzare un desiderio a cui si tiene molto sarà possibile, a condizione di saper usare la cautela e mantenere un segreto. Si tratta per entrambi di una carta che suggerisce la pazienza, invita a riflettere sulle cose, a procedere poco per volta, senza lasciare nulla al caso.

Sul piano affettivo parla di un rapporto sereno e costruttivo, sebbene poco espansivo e può segnalare un matrimonio lungamente desiderato.

Sul piano professionale indica un successo raggiunto con l’impegno. Non su un colpo di fortuna.

Sul piano finanziario è debole e indica una ricchezza più spirituale che materiale.

Sul piano fisico rimanda soprattutto alla salute interiore, all’armonia psicofisica e alle tecniche meditative che hanno un grande potere risolutivo sulla malattia.

Infine, indica la presenza di una figura femminile capace di fornire aiuti e validi consigli. Se la consultante è donna, può rappresentare lei stessa. Se a consultare le carte sarà un uomo, si tratterà della donna amata, o della madre, o una socia, sorella, maestra. In generale, si riferisce a una donna sui quaranta-cinquant’anni. In pratica, l’arcano consiglia di seguire la via più conveniente all’attuazione del progetto che ci sta a cuore e suggerisce di seguire i consigli di un’amica fidata.

 

Piano interpretativo: la carta al rovescio

È una carta molto forte, è quindi importante per l’interpretazione prestare molta attenzione alle carte vicine.

Ci possono essere contrattempi non dipendenti dal soggetto; ci si inganna su qualcosa, si intraprendono strade sbagliate. Si è troppo passivi di fronte agli ostacoli; solitudine e isolamento. Prevale la superficialità nelle cose o la freddezza e l’insensibilità.

Può indicare maldicenzeleggerezza nel tenere i segreti, chiacchiere, relazioni clandestine, tradimento.

Dal punto di vista affettivo si sta attraversando un periodo di crisi per mancanza di comunicazione, il partner si sente poco amato, prevale chiusura e freddezza nei rapporti. La Papessa al contrario può indicare anche una donna nemica che vuole ingannarci, una collega invidiosa, un rapporto conflittuale con la madre.

Se la consultante è donna, può indicare la sua difficoltà ad accettarsi tale oppure una rivale in amore. Se il consultante è uomo, può indicare la paura sia delle donne in generale, che verso una donna in particolare.

Nella sostanza, l’arcano consiglia di diffidare da chi ci si rivolge con eccessiva dolcezza. Suggerisce di chiarire la nostra posizione e di non sottovalutare un mistero, oltre che ricordarci di non attenderci colpi di fortuna.

È tutto, cari amici! Aspetto di sentire la vostra opinione riguardo al post… E voi, cosa pensate della Papessa?

Buona settimana a tutti! 🙂

 

Clementina Daniela Sanguanini

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Georges Duby, Michelle Perrot, Storia delle donne – Il Medioevo, ed La Terza
  • Wikipedia, Papessa
  • Laura Tuan, Il linguaggio segreto dei Tarocchi, ed. De Vecchi
  • Alejandro Jodorowsky, Marianne Costa, La via dei Tarocchi, ed. Feltrinelli

ICONOGRAFIA:

  • Wikipedia, tranne per La Papessa nel mazzo di Tarocchi Marsigliesi, ed. Lo Scarabeo (scatto personale)