Ecco a voi l’attesissimo proseguimento della serie sui Tarocchi di Clementina Daniela Sanguanini, che stavolta verterà sui Cavalieri. L’argomento è molto succulento, quindi lascio subito il posto a Clementina, ma in fondo al post ci saranno alcuni miei consigli per gli acquisti, dato che si parla di un personaggio e un fenomeno storico (la cosiddetta “rivoluzione militare” tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento) su cui ho fatto un esame universitario! 😉

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I cavalieri nel Medioevo

 

Dopo fanti, regine e re, è giunto il tempo di dedicare un meritato spazio ai cavalieri… e, infatti, ho preparato per loro ben tre post!

In questa prima parte faremo il punto sull’immagine del cavaliere nella storia, soffermandoci su un personaggio che a breve vi svelerò e che è strettamente legato al mondo dei Tarocchi. Parleremo di costui attraverso una breve biografia. In una prossima puntata vi illustrerò invece il castello dove viveva.

Nell’ultima puntata, invece, affronteremo la figura dei cavalieri nell’ottica dell’analisi simbolica dei Tarocchi.

Chi erano, dunque, i cavalieri?

L’istituzione medievale della cavallerianell’immaginario collettivo, è diventata emblema di ogni generosa dedizione all’ideale. Per tradizione, il cavaliere, è la figura più nobile e gloriosa, il guerriero che sa usare con coraggio le sue armi, ma è anche capace di mantenere fede, con lealtà, al suo signore, colui che è sempre pronto a prender le difese dei deboli, degli oppressi, delle donne: in poche parole, il paladino della giustizia.

A forgiare questo modello ha contribuito soprattutto la letteratura, inizialmente con i poemi del “ciclo carolingio”, e in seguito con quelli del “ciclo arturiano, dedicato alle vicende di Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda. Qui potete vedere un’immagine di Lancillotto del 1908 (fonte: Wikipedia).

Al di là dell’aspetto più poetico, il cavaliere, però, era un esperto del combattimento e quindi della guerra.

La cavalleria, infatti, nasce come una categoria professionale, riservata a persone di estrazione variegata (umile o nobile), necessariamente legata alla nobiltà, che aveva bisogno di difendere i propri territori, così come di annetterne altri. Si tratta, dunque, di un ordine professionale che, nell’arco dei secoli, si è evoluto seguendo le trasformazioni della società e quindi anche dell’economia e delle tecniche belliche del Medioevo, subendone l’influenza e adattandosi per necessità.

Questa classe, più o meno nel XII secolo, si è dotata di un’etica e di un vero e proprio codice di comportamento, della cui dignità si è appropriata, col tempo, la nobiltà e, intorno al XV secolo, a seguito di ulteriori mutamenti di costume, ha subito un’aggiuntiva metamorfosi.

Nascono così i Capitani di Ventura, in pratica, i cavalieri mercenari…  siamo agli albori degli eserciti moderni, vere e proprie strutture permanenti, dotate di amministrazioni burocratiche, in cui la figura del comandante va, via via scemando.

Per parlarvi di loro punto la lente d’ingrandimento su un rilevante personaggio di quell’epoca: Bartolomeo Colleoni.

Bartolomeo Colleoni

Se ricordate, nella prima puntata di questo lungo ciclo dedicato ai Tarocchi, avevamo parlato della collezione del mazzo Visconti- Colleoni, quello, per intenderci, conservato, in parte presso la biblioteca Pierpont-Morgan di New York, in parte presso l’Accademia Carrara di Bergamo, e in parte presso privati. Ecco qui uno splendido esempio con la Regina di Spade (fonte: Wikipedia).

Bene, stiamo parlando del discendente più significativo del casato dei Colleoni, l’uomo cui si legano quei meravigliosi e preziosissimi cartoncini, ovvero di Bartolomeo Colleoni.

Bartolomeo Colleoni (1395 – 1475), figlio di Paolo Colleoni e Riccadonna Saiguini de’ Vavassori di Medolago, discende da una ricca e nobile famiglia di origini longobarde, decisamente intraprendente (il padre e gli zii conquistarono il castello di Trezzo d’Adda, di Bernabò Visconti, durante il torbido periodo di reggenza del Ducato di Milano da parte di Caterina e Giovanni Maria Visconti).

A scanso di equivoci, il patronimico di Bartolomeo, di cui egli stesso andava fierissimo, al punto di rappresentarlo, con orgoglio, addirittura triplicato sullo stemma e da farne un temuto grido di guerra, era per l’appunto Coglioni, da intendersi nell’accezione popolare di testicoli. Dunque, il significato del cognome è tutt’altro che dispregiativo, ma semmai volto a indicare una stirpe di persone capaci e degne di ammirazione). Come dice il saggio: “sui gusti non si discute”! 🙂

Lo potete ammirare qui sopra in un ritratto eseguito da Cristofano Dell’altissimo serie gioviana, Galleria degli Uffizi, ante 1568 (fonte: Wikipedia), mentre nell’altra immagine, frutto di uno scatto personale al castello di Malpaga, potete osservare lo stemma Colleoni all’interno della Sala dei banchetti, presso il castello di Malpaga. Si tratta di uno stemma inquartato: d’oro, nel 1° quadrante, con Aquila coronata dei Martinengo (a sancire l’alleanza con il casato della moglie Tisbe); di rosso e bianco, nel 2°, con le tre figure colleonesche a contrasto; di bianco e rosso e caricati di pezze onorevoli, il 3° e 4°. 

Intorno a sei-sette anni, Bartolomeo inizia il lungo e duro tirocinio per diventare cavaliere (esercizio fisico, addestramento all’uso delle armi, arte dell’accudimento del cavallo e dell’equipaggiamento militare, assistenza al cavaliere in campo di battaglia), a ventuno, quando già si è distinto in mezzo ai tanti competitori, riceve la sospirata investitura (tanto lunga era la strada per diventare cavalieri!) e, a trenta (nel 1425 circa), la sua fama è tanto diffusa che viene chiamato a servizio presso la Serenissima, sotto il comando del Carmagnola.

Nel giro di pochi anni, diventa ricchissimo, possiede un patrimonio enorme (tra cui terreni e immobili sparsi un po’ ovunque) e un esercito di ben seicento uomini.

Quasi quarantenne, nel 1434, sposa Tisbe Martinengo, appartenente a una delle famiglie più importanti della nobiltà bresciana e dalla quale avrà tre figlie. Ma nell’arco della sua lunga esistenza, il condottiero diventerà padre di altre cinque figlie illegittime.

A quei tempi i capitani più capaci venivano contesi tra le corti più prestigiose e rimunerati “profumatamente”. I vari governi, però, tendevano a intessere tra loro alleanze di convenienza, disegnando in quel modo rapporti sempre più fluttuanti. In questo quadro burrascoso non mancavano certo gli intrighi, i doppi giochi e le trattative segrete, così come non scarseggiavano capitani di ventura che ambivano ad assurgere posizioni di comando all’interno dei governi, rendendo la situazione ancora più ingarbugliata.

Colleoni si trova, così, a servire in momenti alterni due dominazioni rivali e fermamente intenzionate a espandersi, l’una ai danni dell’altra: la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano.

In questa gara in cui ciascun capitano sgomita a più non posso pur di mettersi in mostra dinanzi ai Signori dei vari potentati, Bartolomeo rimane schiacciato tra tre concorrenti (tre vecchie volpi), di diversa estrazione che, attraverso varie acrobazie, ostruiranno le sue ambizioni politiche (sia sul fronte milanese, che su quello veneziano): il CarmagnolaFrancesco Sforza, il Gattamelata.

Sorvolando sulle numerosissime vicende belliche che si susseguono in quel periodo, arriva il 1454, momento in cui il nostro capitano, alle soglie dei sessant’anni, stringe con Venezia un patto vincolante (rimarrà Capitano Generale della Repubblica Serenissima sino alla fine dei suoi giorni) e alquanto clamoroso, attraverso il quale, infatti, ottiene la somma di 100.000 ducati: una vera fortuna!

Nel 1456 trasferisce la sua residenza da Bergamo a Malpaga, località che costeggia il fiume Serio e la Via dei Mercanti (particolarmente esposta agli assedi dei nemici che provengono dalle terre germaniche, quindi pericolosa. Da qui l’origine del toponimo: Malus Pagus= villaggio pericoloso), e vivrà in questo castello per il resto della vita, insieme alla moglie Tisbe e le otto figlie.

Sempre nella Sala dei banchetti si trova questa mappa realizzata nel XVI secolo e che riproduce i possedimenti di Bartolomeo presso Cavernago…

… mentre l’altra è una riproduzione recente della stessa mappa: il quadratino contrassegnato con il n° 1 è il castello! Entrambe le immagini sono frutto di scatti personali.

 

In questa dimora passeranno moltissimi artisti e ospiti illustri, come Borso d’Este, i figli di Francesco Sforza (tra cui anche Ludovico, detto il Moro), Carlo di Borgogna, detto il Temerario, Re Cristiano I di Danimarca.

Da lì in poi, mette in campo un ragguardevole impegno civile a favore della collettività, con un occhio di riguardo verso i ceti meno abbienti. Fonda un’istituzione benefica che avrà come obiettivo principale quello di fornire doti alle fanciulle povere della bergamasca (fondazione tutt’oggi esistente), e si occupa della gestione delle acque bergamasche attraverso una serie di interventi significativi: bonifiche, costruzioni di reti di irrigazioneristrutturazione di terme,…

Bartolomeo morirà nel suo letto, il 3 novembre 1475, alla veneranda età di ottant’anni.

Vi è piaciuto il post? Vi do appuntamento al prossimo articolo con la descrizione del suo splendido castello di Malpaga

Buona settimana!

 

Clementina Daniela Sanguanini

Saggi storici sulla rivoluzione militare

Rieccomi a voi con qualche consiglio di lettura inerente saggi storici molto interessanti sull’argomento “rivoluzione militare”, accompagnati dalla quarta di copertina:

Quale fu il segreto che consentì a un continente piccolo e scarsamente dotato di risorse naturali come l’Europa di guadagnare fra Cinque e Ottocento una superiorità planetaria? Secondo Parker le origini del successo europeo vanno ricercate sul terreno militare. Egli studia dunque la pratica militare europea, facendo riferimento al ruolo delle armi da fuoco e alla trasformazione delle strategie belliche, per poi esaminare il modo in cui la rivoluzione militare, che si sposava a un’esplicita politica di potenza, diede agli europei un decisivo vantaggio sui popoli degli altri continenti. Il volume si conclude con una rassegna degli ulteriori cambiamenti introdotti nella sfera militare in seguito alla rivoluzione industriale, che consentirono all’Occidente di dominare pressoché il mondo intero fino al 1914.

Con l’avvento delle armi da fuoco, l’organizzazione degli eserciti permanenti, il ricorso a condottieri, mercenari e militari che fanno della guerra una professione, la costruzione degli stati si accompagna a un periodo di bellicosità nuovo. Le forze armate costano sempre di più, condizionano l’economia, la società e la cultura, lasciando tracce di devastazione, ma creando anche notevoli trasformazioni nei ruoli e nel coinvolgimento delle popolazioni. Nell’Italia moderna c’era tutto questo e altro: italiani in armi che si affrontavano non solo nei vari stati regionali o al servizio di eserciti stranieri, ma erano impiegati in pace nel controllo dell’ordine pubblico, o nel presidio di cittadelle e fortezze. L’accumulazione e dilapidazione di risorse per alimentare gli eserciti non era che uno degli aspetti legati alla complessità del «militare», come è possibile verificare anche attraverso i dibattiti sul concetto di guerra giusta o legittima.

Il Quattrocento fu un’epoca di importanti novità nell’arte della guerra. Mallett descrive il concreto funzionamento dell’organizzazione militare, dalla composizione delle compagnie ai rapporti con lo stato o il signore, dai problemi logistici e amministrativi al peso che la presenza quotidiana della guerra aveva sugli individui, le istituzioni, gli stati. Un quadro ricchissimo, che restituisce appieno il mondo della guerra nella turbolenta Italia del XV secolo.

Un caro saluto anche da parte mia! 😄

Cristina M. Cavaliere