È la volta di “Senza patria“ di Cesar Balaban. Cesar Balaban è armeno, ma è nato e ha quasi sempre vissuto ad Aleppo, in Siria, un luogo ora così dolorosamente protagonista nei notiziari da più di un anno. Balaban vive e lavora in Italia da molto tempo. Questa autobiografia è un’ottima occasione per conoscere come si viveva nella Siria del secolo scorso, e la storia di un popolo da sempre perseguitato.
La copertina del libro |
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=660516
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Tenda rossa da un monastero di armeni di Santo Etchmiadzin, Armenia, anni 1789 |
Immagine tratta dal sito http://it.123rf.com/
Mi piace però in questa sede soffermarmi su un aspetto che forse non balza agli occhi immediatamente, e cioè la grande importanza che “i dialoghi”, il parlato, lo scambio, rivestono nella narrazione. Il protagonista bambino è intento ad andare a ritroso alla propria storia, che è anche la Storia di un popolo, e lo fa investigando i due rami dei nonni paterni e materni, e i suoi personali ricordi di ascolto delle conversazioni tra gli adulti. Attraverso il suo sguardo, ora candido e infantile, ora più smaliziato, la narrazione assume a tratti gli accenti surreali e gustosi di una commedia popolare (oserei dire, alla De Filippo). Questo avviene grazie appunto a dialoghi e battibecchi dai tempi tecnici perfetti, in cui gli attori giocano ognuno un ruolo ben preciso.
Quindi abbiamo la figura del nonno paterno pragmatico e mercantile, della nonna materna dolcissima e avvolgente, dall’altra nonna, la formidabile Arussiagh la cui parola era legge, dello zio Levon destinato a rompere l’equilibrio degli schemi familiari, dello straordinario padre, rispettato per la sua sagacia dai musulmani dell’Eufrate e della stessa Aleppo, della madre tenera e intelligente… La sensazione di essere coinvolti in una pièce di teatro, o che potrebbe diventare tale, viene accentuata dalla minuzia nel descrivere gli ambienti domestici – mobili, cuscini, lampadari, profumi… – che servono da quinta alla scena, ma anche altri ambienti ugualmente affascinanti, come l’hammam o il mercato delle stoffe di Aleppo.
La Storia, abile regista, affastella i suoi oggetti di scena, mette in campo i suoi scambi tra le voci recitanti. Tutto, cose e persone, risulta intriso ed investito dalla luce della memoria e dell’affetto familiare, e dalla consapevolezza che la terra di origine, l’Armenia, è sì magica, come in una fiaba o in un teatro, ma anche poco conosciuta, drammatica e dolorosamente lontana. E che va riconquistata e fatta conoscere anche con un libro: questo. Cesar Balaban c’è riuscito, e a lui va il nostro grazie.
Yerevan, Armenia |
Immagine tratta dal sito http://oursurprisingworld.com/armenia-yerevan/