Eravamo rimasti alle famose cinque domande. Queste possono
essere un buon modo per cominciare a chiarirsi le idee sulla costruzione del
proprio romanzo, ma non sono certo gli unici strumenti da utilizzare. La trama
di un romanzo può essere paragonata non solo ad un tessuto, ma anche
ad un’onda. Perché? Un’onda è un moto di acque che parte dal basso, sale,
raggiunge un picco oltre il quale non può andare, decresce e infine si
disperde. La trama di ciascun romanzo può essere esaminata sulla base di questo
principio. Cominciamo?

“La grande onda” di Katsushika Hokusai (1830-32)
L’onda parte – La trama deve essere stabile,
e coerente al suo interno. Le acque
devono raccogliersi e raccogliere le loro energie, perché lo sforzo che si
preparano a fare è notevole: si tratta di salire. Tutto deve avere un suo perché, preso
singolarmente, ma deve averlo anche
nel suo insieme, e qui sta la reale difficoltà. Vi sono moltissimi elementi da tenere in considerazione, ma
occorre siano bene armonizzati tra loro, dall’inizio fino alla fine. Lo
scrittore può anche fare delle digressioni, ma devono essere funzionali al
corpo narrativo, altrimenti generano noia e inutili lungaggini. In lingua
inglese c’è un aggettivo che gli editor delle case editrici usano molto, cioè la parola “consistent”
che è un po’ difficile da tradurre, ma che dovrebbe equivalere a “uniforme,
coerente, non contraddittorio”: come una maionese cremosa, densa al punto giusto e non impazzita.
L’onda sale – La
trama comincia a farsi più chiara, dopo i primi momenti in cui si
pongono le basi per la storia. Qui ci sono degli errori che è bene evitare, cioè il dilungarsi troppo nelle
descrizioni, o sui personaggi o sugli ambienti. La linea-guida da tenere in
mente è sempre la stessa: se è
funzionale e rafforza il corpo narrativo, bene,
altrimenti – ahimè si taglia, e con dolore. Dico con
dolore perché non è facile tagliare una bella scena di cui siamo
particolarmente fieri. Ma bisogna farlo e, dopo le prime volte in cui ci parrà
che ci venga a mancare un arto, o che ci abbiano scotennati, sarà sempre più
facile. Provate per credere, è come salire su una mongolfiera e liberarsi della
zavorra per ascendere: via il comò ereditato dagli avi, l’orologio
stile Luigi XV, la statua pesantissima e barocca. Magari in sé sono anche
oggetti belli, ma non ci servono ora! L’unica consolazione che posso
offrirvi è che potrete sempre rileggere le scene tagliate – in solitudine,
magari con occhio malinconico. Coraggio, tagliate!
Charles e Robert Montgolfier alle Tuileries, 1 dicembre 1783
L’onda sale ancora
– A proposito di credibilità, attenzione ad altri
generi di errori
, come cambiare il colore degli occhi, o l’età di un personaggio
strada facendo (a meno che non succeda qualcosa per cui è necessario sia così,
nella storia di Benjamin Button ad esempio è chiaro che i cambiamenti di età e di
aspetto, che vanno all’incontrario rispetto alla norma, sono le basi fondamentali della vicenda). Sono
errori fatali, perché il lettore, che oggigiorno è attentissimo ed esigente, non
perdona. Soprattutto se i personaggi sono tanti, è consigliabile preparare
delle schede con le caratteristiche fisiche e psicologiche di ognuno di essi.
Si tratta di quello che chiamo la “ragioneria narrativa” – un lavoro noioso e poco creativo alla luce del sacro fuoco letterario – che
porta comunque il suo frutto e che ci rassicura.
Soprattutto per gli sventurati scrittori che affrontano i
romanzi storici, è indispensabile fare moltissima
ricerca
, ma, e qui arriva la nota dolente, non tutto quello che leggiamo si
può inserire nel contesto narrativo. Se ad esempio leggiamo dei saggi di
marineria nel Mediterraneo, nel XIX secolo, che ci descrivono con dovizia di
particolari la forma delle vele, il sartiame, i metodi di navigazione, gli
strumenti e l’osservazione delle stelle, gli usi e costumi a bordo, l’alimentazione e l’approvvigionamento, le malattie, certe forme di religiosità e superstizione, ecc. e già ci lecchiamo i baffi perché ci sembra di
avere scoperto una miniera d’oro… non possiamo inserire tutto. Però dobbiamo
averlo letto. Questo perché – ve lo assicuro – trapela dalle righe anche se non
lo raccontiamo.

“Il naufragio della Minotaur” di Joseph Mallord Turner (1793), olio su tela

http://www.museu.gulbenkian.pt/museu.asp?lang=en

L’onda si fa
turbolenta
– A questo punto della trama inizia il conflitto tra i personaggi, cioè sorge il problema, o i
problemi. Paura, avidità, violenza, desideri, passioni, ideali e tutte le
pulsioni umane, alte o basse che siano, cominciano a emergere alla superficie,
e a fare in modo che l’acqua cominci a generare schiuma, a ribollire. I
personaggi cominciano a mettersi l’uno contro l’altro, e la trama a
complicarsi, a volte al punto tale che il lettore preoccupato si chiede come lo
scrittore riuscirà a venirne a capo. E a volte i personaggi prendono talmente
la mano allo scrittore che si rischia un vero e proprio ammutinamento, per rimanere nell’ambito della marineria! Ma bisogna
tenere i nervi saldi e soprattutto avere le idee chiare.
A questo punto molti scrittori inseriscono delle anticipazioni o prefigurazioni, ma questo argomento merita un post a parte, perché
è materia assai delicata da trattare. Qui basti sapere che nell’ambito della
scansione temporale, lo scrittore può offrire abilmente qualche piccolo indizio
su quello che succederà a posteriori, un po’ come il criminale che lascia dei
segni sul luogo del delitto.
Bene, penso di lasciare a metà l’onda e di rimandare il
completamento del post a data da destinarsi… no? Va bene, vado avanti e concludo!
L’onda è al suo
vertice
– Il moto ondoso ha raggiunto il picco massimo, per cui nella
storia c’è un vero e proprio caos, ma solo apparente. La crisi ha raggiunto il
picco dell’asprezza (climax), la
tensione è alle stelle: tutto è come un elastico teso al massimo poco prima di
spezzarsi. Non è detto che questo picco, però, sia situato nell’esatta metà del
romanzo; potrebbe essere anche a 2/3, dipende da come lo scrittore ha costruito
la sua opera. Certamente non può avvenire all’inizio, altrimenti il
lettore perde subito d’interesse, né proprio alla fine, altrimenti il lettore
ha la sensazione che manchi qualcosa, se non altro qualche ragionamento conclusivo.

“Rissa in Galleria” di Umberto Boccioni (1916)

L’onda decresce
Dopo il climax, ecco che, come per incanto, c’è lo scioglimento, cioè la
risoluzione del problema, di solito semplicissima! Per effetto di un colpo di
scena, dato dai personaggi ma anche da un evento inaspettato nella storia, i problemi principali sono risolti, ognuno torna al suo posto, e di conseguenza la
tensione decresce, di colpo oppure lentamente. L’onda narrativa quindi si
placa, scende e si disperde proprio come l’onda marina sulla sabbia. E il
finale, naturalmente, deve in qualche modo allacciarsi all’inizio e chiudere
bene la storia.

Qui vi rivelerò una cosa straordinaria a conclusione del post, cioè che se siamo stati coerenti con le promesse fatte, ma nello stesso tempo siamo riusciti a portare fuori strada il lettore e a stupirlo… quest’ultimo è anche più contento!