Che cosa sarebbe la vita senza i nostri nemici? Lo stesso si potrebbe dire di ciò che si oppone al protagonista di un romanzo, quello che impedisce all’eroe il raggiungimento dei suoi obiettivi, usando i mezzi più svariati per mettergli continuamente i bastoni tra le ruote: l’antagonista. A proposito ho inserito un “ciò” e “quello” generici, perché non è detto che in letteratura l’antagonista sia una persona in carne ed ossa. Potrebbe essere anche una grave malattia, un ambiente naturale ostile, o una doppia personalità; persino il classico conflitto interiore. L’importante è che sia una forza duratura nel tempo e che contrasti in modo stabile il protagonista, mandandolo in crisi. Non possiamo certo parlare di antagonista se il personaggio in questione si prende un banale raffreddore, subito risolto!
Inoltre gli antagonisti sono proprio più affascinanti se, nel corso della narrazione, ritornano quando uno meno se lo aspetta, e scompigliano l’ordine delle cose. Non è detto nemmeno che gli antagonisti siano mossi da ragioni malvagie; anzi, sarà compito dello scrittore investigare su che cosa li muove per renderli sfaccettati e interessanti, e stimolare la curiosità del lettore. Per questo non serve, in questa sede, fare una distinzione tecnica di tipo letterario tra protagonista e antagonista, come ho letto altrove sull’argomento, ci interessa capire il concetto di fondo. Ricordiamoci sempre che se un personaggio è monolitico e monocolore, risulterà noioso. In fondo, leggere una bella storia è un lungo atto di curiosità, una sorta di gioco del gatto con il topo tra autore e lettore.
L’esempio forse più celebre di antagonista in letteratura è “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Louis Stevenson, del 1886, in cui protagonista e antagonista sono in definitiva la stessa persona. Lo sdoppiamento di personalità nel civile dottor Jekyll, dopo l’ingerimento del suo preparato, riporta alla luce la sua parte più oscura e selvaggia, quella sepolta a fondo sotto secoli e secoli di marsine, buone maniere e impulsi repressi, al punto che, forse, il vero protagonista del romanzo, colui che prende il sopravvento, è il signor Hyde e l’antagonista è il dottor Jekyll.
“La reproduction interdite“, 1937, di René Magritte, olio su tela, 81.3 x 65 cm (Museum Boymans-van Beuningen). |
Altro esempio ancora più inquietante, a mio parere, ci viene presentato da Edgar A. Poe nel suo racconto “William Wilson” pubblicato nel 1839. La narrazione prende l’avvio da una scuola in Inghilterra, molto simile ad un carcere. In questa scuola il protagonista conosce un altro ragazzo, che ha il suo stesso nome e cognome. Questo ragazzo rappresenta per il protagonista una sorta di Super-Io o Coscienza Parlante, perché non perde occasione per riprenderlo e cercare di correggere il suo comportamento molto spesso superbo, con grande rabbia di William Wilson. Il momento più angosciante nel racconto è quando il protagonista, osservando il suo antagonista, si accorge che i lineamenti, la statura e perfino il modo di camminare dell’altro sono identici ai suoi. Fugge quindi dal collegio, diventa adulto e conduce vita dissoluta fino a quando, ad una festa in maschera, non ritrova il nemico che sfida a duello. Con un espediente lo colpisce, ma scopre di trovarsi davanti ad uno specchio. L’ultima frase del racconto è particolarmente incisiva, come tutti i finali che si rispettino:
“Le Maschere Scandalizzate” di James Ensor (1883) |
« Tu hai vinto ed io muoio. Ma d’ora innanzi anche tu sei morto, morto al mondo, al Cielo e alla speranza! Tu esistevi in me, ed ora tu vedi nella mia morte, in questa stessa immagine che è la tua, come abbia assassinato te stesso!” »
Citare il romanzo e il racconto di cui sopra mi dà lo spunto per sottolineare che l’antagonista è davvero il nostro specchio, colui che ci riflette nella maniera più puntuale in pregi e difetti, lo psicanalista che fa tornare a galla quello che è rimasto a sedimentare molto in basso, in fondo al pozzo. Non è un caso se, anche nella vita quotidiana, proviamo istintive antipatie per persone che, magari, abbiamo appena conosciuto e non hanno nemmeno aperto bocca. L’antagonista, in letteratura come nella vita, è il nostro amico più sincero.
Un altro caso letterario di antagonisti, forse meno noto ma ugualmente affascinante, è sempre tratto da un romanzo di Stevenson, ed è “Il Master di Ballantrae“: la storia di una terribile, mortale inimicizia tra due nobili fratelli scozzesi, che sono uno l’opposto dell’altro. Il maggiore, James, è l’erede e il prediletto del padre, ed è scapestrato, donnaiolo, giocatore, e irrimediabilmente affascinante. L’altro fratello, Henry, è invece noioso, opaco e del tutto privo di attrattive, il classico ritratto del mediocre. Ad accentuare la loro divisione, fra loro c’è una donna, che subisce il fascino del primo, ma che si accaserà con il secondo. Lo scenario del potente conflitto è velato, e svelato, a livello ambientale, dalla nebbia che avvolge ogni cosa, tra continui colpi di scena – che solo la maestria dello scrittore riesce a rendere credibili – morti incredibili e resurrezioni ancora più incredibili.
“Uomo e donna davanti alla luna” di Caspar David Friedrich” (1830-1835 circa), the Yorck Project. |
A conclusione di questo semplice post sulla figura dell’antagonista, perché non provate a redigere un elenco di quali sono gli antagonisti che più vi hanno affascinato nei romanzi e racconti che avete letto?
Mi piace molto la rilevanza che dai al ruolo dell'antagonista, che non è il solito nemico distruttivo ma una figura quasi utile, perché pone ostacoli e opposizioni per le motivazioni più varie, ma che aiuta a superare e superarsi. Aggiungerei, che questo ruolo può essere ricoperto da molte persone, anche se in letteratura è più facile descriverlo in un'unico personaggio. Sono d'accordo, l'antagonista è importante!
Caro Nello, grazie davvero del tuo contributo. Direi che l'antagonista è la classica altra faccia di una sola medaglia, quella che ci completa. E' quasi un ruolo genitoriale, di colui che ti dà le "competenze"! A questo proposito mi viene anche in mente un altro esempio di antagonisti, quello del film di Ridley Scott, "I duellanti", ambientato in epoca napoleonica. Féraud e D'Hubert sono due ufficiali che non perdono occasione di sfidarsi a duello ogni volta che si incontrano, in un copione che nel tempo diventa ossessivo e maniacale. Nel duello che conclude il film, Féraud esplode a vuoto i suoi due colpi mentre D'Hubert ne consuma solo uno, rifiutando di ucciderlo. Secondo il codice d'onore, quindi lo "dichiara morto" socialmente.
I duellanti era un bellissimo film, mi piacerebbe rivederlo. A me viene in mente anche il film di Scorsese Gags of New York con gli antagonisti Amsterdam – Di Caprio e il Macellaio Daniel Day-Lewis, il film era un po truculento, ma io adoro Scorsese e l'ho trovato bellissimo e loro due sono di una bravura inimitabile.
Approfitto per invitarti al blog del mio libro (se non l'ho già fatto).
http://nellobrogna-unuovostrapazzato.blogspot.com/
Ciao Cristina.
Grazie per l'indirizzo al blog, no, non l'avevo. L'ho subito inserito nella colonna di sinistra, come vedi. I film sono un modo importante per arricchire la scrittura… chissà mai che non apra un nuovo percorso, magari di colore arancione!