L’inizio
Al Visitatore che vi si aggira, la chiesa, con le sue colonne di pietra stillanti l’umidità dei secoli, con gli sfolgorii immensi delle vetrate da cui si dipartono raggi di sole diretti ad illuminare marmoree radure, e dove in un sommesso, lontano ricordo di orazioni si leva una voce di vento, pare d’un tratto l’intrico di una foresta impenetrabile. Egli la percorre, solitario, sostando a tratti davanti a cappelle dove la luce, dall’alto, si rovescia come le acque di una cascata in un dirupo, e dove l’ombra si inspessisce come nel viluppo di un fogliame; ed entra infine in una di quelle cappelle.
Sulle quattro pareti, l’affresco si svolge come un circolo senza inizio né fine, dove gli stessi gesti d’ammirazione e stupore delle figure dipinte, i volti increduli ed estatici si chiamano e si congiungono in anelli d’una catena che chiude se stessa. Il Visitatore volta allora le pagine della sua guida d’arte, la scorre con occhio attento. Di colpo s’arresta, alza lo sguardo: un’immagine di donna, sfaldata e corrosa dal tempo, affiora dal muro con l’incorporeità di un riflesso nelle acque d’un fiume. Gli occhi del Visitatore percorrono, sorpresi, quella figura sovrapposta all’affresco e priva di significato, poi le pagine della guida, senza trovarne traccia. Essi incontrano quelli della Donna e, nell’inquietudine d’un raggio di sole, egli sente una voce parlare.
“Sei giunto, finalmente. Con l’avanzare dei secoli che, grandi ruote silenziose o stridenti, rotolano il loro corpo immenso carico d’umanità, ho visto abbreviarsi la mia agonia, e anche sorgere la paura che la mia effige, per quel medesimo passaggio d’anni, prima del tuo arrivo fosse cancellata, e tacesse così per sempre. 
Non temere il mio mistero, e ascoltami. Nel lungo tempo della mia attesa, cieca e muta, mi sono nutrita soltanto di parole, parole pronte a sciogliere, ora, quel silenzio che fu la mia condanna. Non ho altre frecce al mio arco… ma se una sola di esse, una sola, scoccata con mira sicura, trapasserà il tuo cuore, allora non ti avrò atteso invano.”
Ritratto di donna (La Muta) di Raffaello Sanzio,
Galleria Nazionale delle Marche a Urbino