Dettaglio dell’Angelo Annunciante,
dal “Polittico Averoldi” di Tiziano –
Collegiata dei Santi Nazaro e Celso a Brescia
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Recensione tratta dal sito ilmiolibro.it:
“Autoritratto” di Tiziano Vecellio (1562 ca.)
Gemäldegalerie, Berlino
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Quando lo sguardo si tramuta in eccesso” dice Starobinskij, la capacità di vedere diventa una seconda conoscenza, diventa “visione”. Il grande Tiziano la acquisisce suo malgrado e “vede” la vita prorompere dalle tele del pittore Lorenzo. Si sgomenta e cade nel vortice di una furia iconoclasta che lo vedrà carnefice e vittima allo stesso tempo. I suoi giorni, le sue notti saranno interamente dedite all’occultamento delle opere del rivale. Sullo sfondo di una Venezia cinquecentesca ricostruita con rigore storico e opulenza descrittiva di scene urbane, paesaggi banchetti, cerimonie, abiti, personaggi storici, Cristina Cavaliere mescola realtà e immaginazione, fantasia e storia, ma soprattutto è regista dell’incontro-scontro tra la sensualità vigorosa del vecchio Tiziano e la spiritualità incorporea del giovane Lorenzo.
Non è un vero e proprio duello quello fra Tiziano e Lorenzo, tanta è la disparità tra i due pittori: Lorenzo è povero, analfabeta, disarmato nella vita di contro alle armi formidabili della ricchezza, della fama, dell’esperienza di Tiziano. Lorenzo è un giovane bizzarro, senza passato, proviene da un’infanzia segnata da uno sconcio di cui non ricorda quasi nulla. È da poco arrivato a Venezia e già si fa un gran parlare di lui, del “pittore degli angeli”. Tiziano, incuriosito, lo invita nel suo studio. L’attrazione per quello sguardo azzurro e distante è forte e improvvisa, impellente il desiderio di proteggerlo, struggente la tenerezza che non ha mai provato per i suoi figli maschi. Inoltre Lorenzo è bellissimo. Nasce nel vecchio pittore il desiderio di averlo sempre vicino a sé. Di accarezzarlo? Gli propone così di posare per un suo San Sebastiano, non a caso il martire che nella storia della pittura è quello più frequentemente venato di un sottile erotismo.
È innamoramento a tutti gli effetti, quello di Tiziano. Eppure è sufficiente che egli veda la pala d’altare di Lorenzo nella Chiesa dei Crociferi perché il suo istinto protettivo e il suo desiderio amoroso si tramutino in un una persecuzione accanita e spietata. Cosa ha “visto” Tiziano di tanto terribile? Vita in movimento, alito, respiro. I dipinti di Lorenzo sono animati. Chi mai potrà continuare ad ammirare Tiziano dopo aver “visto” le tele di Lorenzo? Il vecchio pittore è combattuto, preda di laceranti e opposti desideri: come amare Lorenzo e nello stesso tempo distruggerlo? Nel tentativo di impedirgli di dipingere Tiziano ricorrerà alle blandizie, ai ricatti sentimentali, alle promesse finché si troverà a perseguitare l’oggetto del suo amore con ferocia: ostacolerà e renderà impossibile il suo amore per Caterina, la fanciulla muta che “vede”, lo farà accusare di furto, imprigionare, marchiare a fuoco, esiliare.
“La Pietà” di Tiziano Vecellio (1575-76) – Gallerie dell’Accademia, Venezia |
Ma sarebbe riduttivo confinare Lorenzo nel ruolo della vittima sacrificale o nel topos della vergine perseguitata. Lorenzo è oltre e al di sopra delle ossessioni, del delirio del potere, della paura della vecchiaia e della morte, della sopraffazione e del perdono. Lorenzo è terribile e potente nella sua ambiguità, la stessa ambiguità che confonde il lettore con il doppio finale delle ultime pagine. L’atto della scrittura è un processo misterioso, dice Cristina M. Cavaliere. Anche la pittura lo è. Processo misterioso che alla fine del romanzo si condensa in un baluginìo: quello proveniente dalla Pietà sepolta nell’ombra della stanza di Tiziano che muore.
Nadia Bertolani
(Autrice dei romanzi “Di Pietra e di Luna” e “Brumby”, entrambi presenti sul sito ilmiolibro.it)