La scorsa Conversazione XVI si è conclusa con il punto di vista limitato del personaggio, inserendo esempi alla prima persona. Esiste un altro modo per narrare da questo punto di vista a focale ridotta, che avviene però non più in prima ma in terza persona. Viene chiamato della “terza persona immersa”, esattamente come se la voce narrante si fosse tuffata per immergersi e nuotare in una realtà che può essere definita “il mare della narrazione”.

Proprio come qualsiasi nuotatore che si rispetti, potrà nuotare appena sotto il pelo dell’acqua, oppure scendere a fondo nell’elemento liquido che lo circonda. Un po’ come avviene anche in certi stati ipnotici, in cui c’è un’ipnosi leggera o un’ipnosi profonda, a seconda dei ricordi che si vuole far salire a galla. Quindi, pur utilizzando la formula della terza persona, che garantisce un certo distacco (anche se non come quello del narratore onnisciente), ci troviamo comunque a valutare la realtà come fossimo nella testa del personaggio.

La Gara con Sirene e Tritoni” di Collier Twentyman Smithers, 1895.
Tutta gente atletica, e che non aveva problemi a immergersi!
A seconda del livello di profondità a cui vogliamo arrivare avremo quindi:

  • INTROSPEZIONE SUPERFICIALE: il narratore riferisce i fatti così come li vede accadere attorno al personaggio; la voce utilizzata è neutra e si fa spesso uso di verbi di percezione o di altri per spiegare meglio i pensieri del protagonista (“pensò”, “avvertì”, “sentì”, “studiò”, “osservò”…);· 
  • INTROSPEZIONE PROFONDA: il narratore mostra i fatti dal punto di vista interiore del personaggio; la voce utilizzata è più coinvolta a livello emotivo; siamo dentro la testa del personaggio; un minimo distacco è garantito dal fatto che si usa la terza persona anziché la prima.

Per il narratore immergersi nell’introspezione profonda è molto più faticoso, ma assai più gratificante nei risultati. Il livello superficiale viene usato molto spesso dai narratori alle prime armi, perché è più semplice, e il rischio, sempre molto presente, è quello di rendere banale la scrittura e di non aggiungere niente di veramente interessante alla storia.

Esiste poi un altro modo di rappresentare la realtà in terza persona che è chiamato:

  • IL PUNTO DI VISTA CINEMATOGRAFICO: in questo caso è come se ci fosse una telecamera posta alle spalle del personaggio, che lo segue passo passo e registra fedelmente tutto ciò che viene osservato o colto dal personaggio stesso. Non è in grado di leggere nella mente altrui. Questo metodo garantisce la neutralità, ma non un sufficiente approfondimento del personaggio-punto di vista, e mantenere alla lunga questo modo di narrare può essere irritante per il lettore. A lui è lasciata la scelta di valutare che cosa sta accadendo, perché il narratore sospende ogni giudizio.
Uomo che scrive una lettera” di Gabriel Metsu (1662-1665),
The National Gallery of Ireland
http://www.nationalgallery.ie/

Teniamo presente che la linea di confine tra questi tre metodi di narrazione non è mai netta, e il lettore non si rende conto se sta passando dall’uno all’altro, anche se ne avverte l’effetto sulla pagina in modo intuitivo. Scegliere il livello di introspezione significa stabilire il grado in cui vogliamo coinvolgere il lettore, ma non bisogna attenervisi alla lettera. Scrivere è anche un atto liberatorio, e deve costituire in primo luogo qualcosa che ci dà gioia e ci appaga nell’intimo. La fredda tecnica va posta in secondo piano, anche se è bene conoscere i trucchi del mestiere.

In conclusione, il miglior criterio è quello di prendere delle decisioni sul tono generale della narrazione, e poi lasciare che la scrittura fluisca liberamente, passando da un livello all’altro e mettendo in campo anche la propria sensibilità personale.

Ad esempio, se il personaggio che vedete raffigurato nel quadro dell’olandese Metsu stesse scrivendo una lettera alla sua amata, sarebbe immerso senza dubbio in un livello di introspezione molto profonda!