Come una sonnambula che cammina sui bordi di un pozzo oscuro, profondissimo, Bianca cerca per le strade di Firenze sconvolte dal Carnevale, cerca il rapitore di suo figlio. I visi delle maschere, deformi, volgari, le passano accanto velocissimi; i cavalli, bardati a festa, scalpitano e s’impennano; i suoni dei pifferi bucano l’aria, striduli e dissonanti; esseri grotteschi e disarticolati accennano passi di danza. Sui carri carnascialeschi, baccanti e fauni si stringono in abbracci osceni, fanciulli dallo sguardo perverso ammiccano alla folla.

Ciascun suoni, balli e canti! 

Arda di dolcezza il core! 
Non fatica, non dolore! 
Ciò ch’a a esser, convien sia. 
Chi vuol esser lieto, sia: 
di doman, non c’è certezza.



Un gruppo di maschere corre verso di lei, investendola in un volo d’abiti colorati, poi torna indietro e, circondatala, le danza intorno – girotondo di nasi aguzzi, di sorrisi indecifrabili. Quel vortice di teste e di colori che la tiene prigioniera aumenta la sua angoscia. Improvvisamente ella crede di vedere, dietro una di quelle maschere, gli occhi di Guido, sconvolti dalla follia, e la visione d’un infanticidio la trafigge. Si fa largo fra le maschere, corre via. Esse, ridendo, la inseguono per un tratto; poi si disperdono, attirate altrove.

La battaglia tra Quaresima e Carnevale” di Pieter Bruegel il Vecchio
(1559) – Kunsthistorisches Museum, Vienna

Stordita, la giovane donna prosegue il suo cammino senza meta. Nel cielo di Firenze, sopra le vie rigurgitanti di sete e di arazzi, vociferanti di folla, vorticanti di danze, risonanti di banchetti e risate, si stende una protuberanza cinerea, enorme come il ventre d’un drago, s’allarga a dismisura, si riempie di balenii spettrali. Nella piazza di San Lorenzo, il Carnevale, incalzato dal temporale imminente, si sta disperdendo: uomini e donne attraversano la piazza di corsa, imposte e porte di case e botteghe sbattono, nuvole di polvere di sollevano fra una tavolata e l’altra. 
“La Donna velata” di Raffaello Sanzio,
c. 1514, Palazzo Pitti, Firenze
http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=palazzopitti

Nel silenzio fattosi vigile, si ode nascere il brontolio del tuono. Gli stendardi si muovono appena, le case sono scosse fin nelle fondamenta. Mentre i lampi si succedono ai lampi, Bianca, inginocchiata in San Lorenzo, prega, col viso nascosto fra le mani.

* * *

A temporale cessato, Bianca esce dalla chiesa. Nella piazza deserta, giacciono le rovine del Carnevale, disperse e spazzate dal vento come i resti di un naufragio su una spiaggia.

Guido avanza verso di lei, col bimbo, vivo, avvolto nella pieghe della cappa, e glielo pone tra le braccia. Le dice: “Perdonami, e abbi cura di lui.” Poi, senza proferire altre parole, si allontana attraverso le rovine della festa, così simile ad un fantasma senza pace.”

* * *

La Donna dell’affresco tace, poi aggiunge: “Non l’avrei più rivisto per un tempo infinito.”