Nella sala da pranzo, Bianca siede fra gli ultimi resti della festa appena trascorsa. Attorno a lei, quella sera gli ultimi frammenti d’una terra un tempo vastissima sono andati alla deriva su acque sconosciute ed ostili: i suoi ospiti hanno suonato melodie ispirate, letto poemi quasi fossero stati salmi e dissertato come se stessero predicando. Nemmeno l’arrivo dei vassoi con marzapane, panpepato e confetti è riuscito a rallegrare a lungo l’atmosfera, che dopo qualche minuto è ricaduta nella folta malinconia di sempre.

Ad uno ad uno, essi se ne sono andati, e Bianca è rimasta in compagnia del cognato. Seduto davanti a lei – e così simile a Bernardo – egli le sta dicendo che un sospetto di peste circola in città, e le consiglia di trasferirsi, almeno per qualche tempo, nella sua villa fiesolana.

Bianca non vuole andar via da Firenze. L’uomo le descrive allora la peste, i fetidi miasmi che essa esala, verso un cielo incapace di aprirsi ad una speranza di pioggia e continua a gravare, arido ed infetto, sugli agonizzanti. Non vi sono parole sufficienti, egli dice, a descrivere l’orrore delle agonie, dei cadaveri ammucchiati e seppelliti in fretta, dei fuochi in cui bruciano abiti e masserizie, del rapido squittio dei ratti fra le case.

Calunnia di Sandro Botticelli (1496)
Galleria degli Uffizi – Firenze
http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=uffizi
Risente allora la voce profetica di Savonarola in Santa Maria del Fiore. ‘Quando verrà questo male, saranno tanti morti per le case che anderanno gli uomini per le strade dicendo: – Mandate fuora ’e morti – e metterannoli in sulli carri, e in su’ cavalli, farannone monti e arderannoli’.

Per allontanare il figlio da un possibile contagio, Bianca si rassegna a partire.

* * *

Mentre Bianca passeggia lungo il sentiero che, dalla villa, va a spartire due campi di grano gemelli, soffi di vento smuovono quegli alti tappeti di fiamme, dove le corolle dei papaveri sono macchie di sangue d’un rosso scarlatto. Nei campi, la danza ritmica delle falci, cogliendo il riverbero del sole, diviene abbagliante, ed ella distingue appena, in fondo al sentiero, la testa bionda di Federico.

Bianca sale allora su un pendio e, seduta all’ombra di un albero, aspetta il ritorno del figlio. Le nuvole, migrando nel cielo, gettano la loro ombra immensa sulla campagna, velando per pochi istanti la luce del sole… ma il crudele bagliore ritorna, e la campagna martoriata riprende ad ardere.

Madonna della Seggiola di Raffaello Sanzio
(1513-14 ca.) – Galleria Palatina, Firenze
http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=palatina

Lo sguardo della donna si volge all’orizzonte: malgrado la lontananza, la cupola fiorentina è un grande occhio vigile ed immobile. Ella immagina un biancheggiare di marmi, un occhieggiare di rosoni e rivede l’immensa folla che si riversa in chiesa, e risente la voce ossessionate del Profeta: ‘… l’anima sia col Signore Iddio congiunta per oratione, contemplatione e continuo amore actuale. La qualcosa per nessun modo potera possedere se non si sarà in tutto spogliata de lo amore di ogni creatura e di sé proprio.

Ma quelle parole, che sembrano riferirsi così bene al giovane domenicano di San Marco – che ha visto tante volte al fianco di Savonarola, al punto da chiedersi quale nuova ossessione abbia preso il posto dell’antica – le giungono attutite dalla distanza, eco subito smarrita nelle infinità del cielo.

Bianca rimane pensierosa, finché la figura trafelata e ridente di suo figlio non le si abbatte in grembo, sollevando un viso bambino e disperdendo i suoi pensieri come uno stormo d’uccelli spaventati.