Ho letto varie definizioni sullo stile in uno scrittore, ma nessuna mi è
mai sembrata del tutto soddisfacente. Se prendiamo un qualsiasi dizionario, come ad esempio il Sabatini Colletti on-line, leggiamo:

stile

[stì-le] s.m.
  • 1 Insieme delle caratteristiche formali proprie di un’opera artistica, di un autore, di una scuola, di un’epoca: s. dimesso, colloquiale, aulicochiesa in s. gotico, romanico || mobile di, in s., mobile moderno che imita uno stile antico | arredamento in s., che si compone di mobili antichi autentici o moderni rifatti a imitazione degli originali | s. Luigi XV, XVI ecc., quello dei mobili in voga nel periodo del regno di Luigi XV, XVI ecc.
  • 2 estens. Modo abituale di agire, di comportarsi, di esprimersi, di vivere:cambiare s. di vita
  • 3 Distinzione, eleganza, classe: vestire con s. || in grande s., riferito a ciò che avviene con larghezza di mezzi o gran dispiego di forze: festa in grande s.
  • 4 Riferito ad attività sportive, tecnica o modalità di esecuzione: s. ventrale del salto in alto || s. libero, nel nuoto, il crawl
  • 5 estens. Modo di attuare un pezzo musicale, un’opera teatrale, una canzone e sim.: s. di recitazione
  • 6 Foggia di un abito: impermeabile in s. inglese
“Tre Gentiluomini che si salutano”
di Richard Dighton 

Come abbiamo letto, questa parola non a caso viene utilizzata in vari
ambiti, come la moda, la musica, la pittura, l’architettura, e anche il modo di
comportarsi di una certa persona. Per quanto riguarda un’opera narrativa, lo stile di un romanzo dovrebbe essere determinato dalla scelta ben precisa di alcuni elementi linguistici, e dalla loro disposizione nell’ambito della frase. Non sarà quindi solo le pedante applicazione delle regole grammaticali, ma anche l’originalità espressiva e, nei casi dove la prosa sfiora la poesia, anche dal “suono” delle parole e dalla cadenza della frase. Per questo motivo si dice che la traduzione va inevitabilmente a far perdere la qualità intrinseca di una lingua, fra cui il suono.

Pur con tutte queste considerazioni, a me sembra che lo stile non possa limitarsi solamente ad un modo particolare di raccontare una storia, cioè l’uso del
linguaggio per dar vita ai temi che lo scrittore predilige sopra ogni altro, alla trama o ai personaggi.

Dopo una lunga riflessione, sono giunta alla personalissima conclusione che
lo stile non sia altro che il carattere
della narrazione, inteso proprio come se il romanzo fosse una persona in carne
ed ossa e quindi dotato di un suo temperamento. Esattamente come in ognuno di
noi vi sono diverse maniere di reagire alla medesima situazione, così ogni
narrazione ha il suo tratto distintivo, che permette di riconoscerla al volo.
Così non potremo mai confondere lo stile di Franz Kafka con quello di Leon
Tolstoj, ad esempio, proprio perché i loro romanzi hanno caratteri estremamente differenti.
Il carattere  di una pagina scritta è quindi formato non
tanto dalle reazioni emotive di una persona, quanto da quello che si sprigiona
dalla pagina, cioè dagli elementi linguistici scelti e di come essi si
compongano all’interno della frase. Naturalmente la pagina non si è generata da
sé, ma è stata scritta da qualcuno, l’autore, che ha operato delle scelte in
modo da formare il carattere del
libro-figlio, usando dei vocaboli anziché altri, tagliando dei passaggi e
scegliendo di narrare una scena in un certo modo.
Chagall: “The Green Violinist
(Guggenheim Museum, NYC)
http://www.guggenheim.org/

Per ottenere questo risultato si usano tecniche che
si possono apprendere dai corsi e dai manuali di scrittura creativa, come
armamentario indispensabile per confezionare una buona pagina scritta. Questo,
tuttavia, è insufficiente e arido se non viene accompagnato dall’uso creativo
del linguaggio, il che attiene al singolo scrittore, cioè alla sua sensibilità
e fantasia. Di solito una buona commistione tra le due cose produce i migliori
risultati. È come un virtuoso del violino, che possiede una tecnica perfetta ma
non è in grado di trasmettere emozioni.
Se riusciremo a trovare uno stile che ci distingua – una voce nostra – in modo che chi ci legge
possa dire: “Questo è proprio lui e nessun altro! Non c’è alcun dubbio!” oppure “Questa è proprio lei ecc.”, potremo
dire di aver raggiunto il più alto livello di maturità in uno scrittore.

A chiusura del post vi propongo un Quiz: tre stralci di tre grandi autori dallo stile inconfondibile, di epoche, sessi e nazionalità diverse. Il primo è un celeberrimo incipit, in secondo è tratto dall’interno del romanzo, e il terzo è un finale. Chi sono? La soluzione verrà fornita nel prossimo post sulle Tecniche di Scrittura o Conversazioni!

1. Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio ormai era decisamente e definitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo li aveva ubbiditi andando in un’altra barca che prese tre bei pesci nella prima settimana. 

2. “Ho orrore di essermi concessa al primo venuto,” disse Mathilde piangendo di rabbia contro se stessa. “Al primo venuto!” esclamò Julien: e si slanciò su una vecchia spada del medioevo che era conservata in biblioteca come una curiosità. Il suo dolore, che gli pareva al culmine nel momento in cui aveva rivolto la parola alla signorina de La Mole, si era centuplicato alla vista delle sue lacrime di vergogna. Sarebbe stato il più felice degli uomini se avesse potuto ucciderla.

3. Finalmente, finalmente era solo col suo bambino; nessuno più poteva toglierglielo, nessuno più poteva mettersi fra loro. E sul suo infinito accoramento sentiva calare un tenue velo di pace, e quasi di gioia – simile alla vaporosità di quella misteriosa notte autunnale – perché l’anima sua si trovava finalmente sola, purificata dal dolore, sola e libera da ogni umana passione, davanti al Signore grande e misericordioso.