La Società angloamericana per la promozione e la tutela del romanzo
storico (Historical
Novel Society) propone la seguente definizione: “Per essere ritenuto
storico, un romanzo deve essere stato scritto almeno cinquanta anni dopo gli
eventi descritti, o deve essere stato scritto da un autore che all’epoca di
tali eventi non era ancora nato (e quindi ha dovuto documentarsi su di essi).
Consideriamo storici anche i seguenti stili di romanzo: ucronico (come Fatherland di Robert Harris), pseudo-storico (come L’isola
del giorno prima di Umberto Eco), fanta-storico (come
la trilogia di re Artù di Bernard Cornwelll) e
multitemporale (come Le ore di Michael Cunningham).”
specialistico nell’ambito della scrittura perché vorrei partire in bellezza,
La Torre di Babele di Pieter Bruegel il Vecchio (1563) Kunsthistorishes Museum – Vienna http://www.khm.at/home/home.html |
dato che il genere storico è quello che amo di più in assoluto,
sia come lettrice che come autrice. Più volte ho provato a cimentarmi con generi
narrativi che fossero estranei alla
Storia, ma inutilmente: l’opera non era mai del tutto compiuta, mancava di spina dorsale o di vero e proprio carburante, e ritornavo sempre a
narrare “storie del passato”, come un pezzo di ferro attirato al volo da una
calamita. È mia convinzione, quindi, e perdonatemi se la frase risulterà
pomposa e solenne, che non sia tu a scegliere la Storia, ma che la Storia
scelga te.
Già, ma che cosa significa scrivere un romanzo storico? A torto, il
genere è spesso percepito come il classico mattone: pesante, lento, farraginoso
e denso di informazioni necessarie per la comprensione del l’epoca di cui si
narra. Se ben scritto, invece, un romanzo che abbia come sfondo la Storia può davvero risultare
un’opera completa, in quanto contiene in nuce tutti i generi: il
giallo, la storia d’amore, il romanzo d’avventura, il resoconto di viaggio, la biografia
familiare, l’autobiografia sotto mentite spoglie, la denuncia di tipo sociale e
civile (non dimentichiamo che l’essere umano, purtroppo, è sempre uguale a se
stesso, e certe storture e ingiustizie si ripetono immutate nel tempo),
e persino l’horror e la fantascienza, come nella serie di Valerio Evangelisti
sull’inquisitore Eymerich. Può dunque anche prestarsi molto bene alla commistione
di generi. In effetti, il romanzo storico è un assurdo letterario, perché non
è un saggio, visto che contiene molte parti generate dalla fantasia
dell’autore, e addirittura personaggi inesistenti, e non è un romanzo puro, considerando che la sua struttura o gabbia è composta da un’ossatura di tipo
documentale.
di definizione di un romanzo storico, rimando all’interessante articolo di
Giampiero Lovelli apparso sul sito “Storie di Storia”: http://www.isabelgiustiniani.com/2013/11/il-romanzo-storico-genesi-e-sviluppo.html
In questa sede vorrei invece affrontare
l’argomento dal punto di vista della scrittura. Quindi proverò a fare un elenco di aspetti che si presentano a chi voglia scrivere un romanzo storico e
vorrei farlo in maniera scherzosa e leggera. Alcuni potrebbero essere
considerati dei vantaggi, altri degli svantaggi, sebbene ognuno contenga entrambi:
così, ad esempio, il primo punto che tratterò, cioè la ricchezza e l’abbondanza
del materiale a disposizione, potrebbe rivelarsi uno svantaggio e causare
dispersione per eccesso.
Ali Baba
Illustrazione di Imak El Khanza (1909)
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Storia è come essere Ali Baba nella caverna dei quaranta
ladroni! Tutt’attorno c’è una quantità talmente spropositata di ricchezze –
gioielli, diademi, scettri, collane, pietre preziose, scrigni, gemme – che ne sono affascinata e meravigliata. È tutto là, ed è bell’e che pronto, e si può scegliere tra quello che attrae
di più e che si sente più affine allo spirito e al vissuto. Preferite
l’epoca dell’antica Roma, o vicende della Magna Grecia? Siete attratti dall’Alto
Medioevo, oppure dal mondo del Rinascimento? Prediligete storie e culture
extra-europee come quelle del Medio o Lontano Oriente, o anche del Nuovo Mondo?
Non c’è che l’imbarazzo della scelta, quasi non occorre inventare nulla. Si
tratta piuttosto di isolare un periodo storico su cui concentrarsi, in modo da non
disperdere energie. Inoltre, ci sono delle figure talmente complesse e
importanti, nel bene e nel male, che sono ormai assunte ad archetipi, come
Federico II di Svevia, per rimanere nell’ambito dei re, o anche scienziati e
artisti che si sono rivelati veri e propri giganti sia dal punto di vista
professionale che umano. Ma questi personaggi di spicco possono anche fungere
da riferimento per modellarne altri, cioè comprimari altrettanto interessanti,
come avventurieri, plebei, contadini, gentiluomini, funzionari, operai,
prostitute, cortigiane… dando loro il volto e la personalità, magari, di
persone che conosciamo bene.
umane che sembrano essere il copione di una tragedia greca, tanto sono
incredibili, come la storia di Thomas Becket, dapprima cancelliere del re Enrico II Plantageneto e suo amico fraterno, poi nominato arcivescovo per volere dello stesso re, e quindi sottoposto a una crudele persecuzione che culminerà con il suo martirio per mano di alcuni cavalieri che, probabilmente, travisarono le parole del re. Prendo come altro esempio la figura
di un giornalista della Rivoluzione Francese, che pochi conoscono, Camille
Desmoulins. Compagno di scuola di Maximilien Robespierre al Collegio Louis-le
Grand di Parigi, diventa avvocato e giornalista, ed è il protagonista dei moti
che portarono alla presa della Bastiglia. Amico di Danton e suo collaboratore al
Ministero della Giustizia, è un membro della Convenzione, autore di libelli
infuocati e direttore di giornali politici e figura di primo piano nel corso di
tutta la Rivoluzione Francese. Sposa Lucile Duplessis, Robespierre è il
testimone di nozze, e hanno un bambino il cui padrino è di nuovo Robespierre.
Durante il Terrore si oppone alla dittatura di Robespierre al punto tale che il
loro rapporto
Lucile Desmoulins, Horace et Camille Desmoulins di Jacques-Louis David (1792) (c) RMN – Grand Palais |
d’amicizia s’incrina. Desmoulins è arrestato, processato e
condannato a morte insieme con i ‘dantonisti’. Alcuni giorni dopo anche la
moglie, accusata di cospirazione antirivoluzionaria, è mandata alla
ghigliottina e il bambino rimane orfano di entrambi i genitori. (*) Non sono queste due storie che forniscono materiale per scrivere romanzi appassionanti pieni di tipi umani?
quando un lettore mi chiede se un personaggio sia esistito veramente, e questo
personaggio magari è una mia invenzione: significa che la mia creatura è
talmente credibile che si confonde in mezzo agli altri, come un camaleonte.
Immergersi tuttavia nel modo di ragionare
di una persona vissuta magari un migliaio di anni fa è il grande scoglio di chi scrive un romanzo
storico: più indietro si va nel tempo, più è difficile immaginare lo sguardo
che questi nostri avi avevano sul mondo che li circondava. Per rimanere
nell’ambito dell’Alto Medioevo, che è il periodo di cui mi sto occupando adesso,
stentiamo ad immaginarci come doveva essere la vita all’epoca, a noi che
schiacciamo un interruttore e abbiamo la luce, apriamo un rubinetto e arriva
l’acqua calda, o scendiamo in strada e sbuffiamo perché l’autobus è in ritardo
di due minuti: i castelli dei feudatari erano umidi, freddi, bui, a malapena
rischiarati da fuochi negli imponenti camini, e ci si scaldava dormendo in
massa nello stesso letto; le case dei
contadini erano anche peggio, e lì si dormiva con gli animali, alla lettera; i
più ricchi avevano un cavallo o un asino, la maggior parte delle persone andava
a piedi facendo lunghissimi tragitti. Ci si spostava solo
per motivi importanti, come fiere, pellegrinaggi, cerimonie ed eventi, e i
territori erano coperti di vaste foreste impenetrabili, piene di animali
selvatici e briganti. E la vita all’epoca era permeata, intrisa profondamente
di religione, spesso di superstizione.
Riusciremo a
calarci veramente nella mente di un personaggio così lontano dal nostro modo di
ragionare, e renderlo credibile? Questa è la vera sfida, secondo me, non tanto
quella di scoprire se Tiziano Vecellio usava la bic per schizzare i suoi
ritratti celeberrimi o se Lorenzo de’ Medici si spalmava la brillantina sulle chiome corvine.
proprio piacimento, a meno di non ideare una Storia parallela in cui scegliamo di alterare il dato storico, di togliere dei fatti o di inventarne di
nuovi. Nonostante la definizione dell’Historical Novel Society, io ritengo che non siamo più nell’ambito del romanzo storico, ma si tracima
nella fantascienza o, forse, nel fantasy. Se la presa di Gerusalemme da parte
dei crociati avvenne nel luglio 1099, come attestato dalle fonti e dai
testimoni dell’epoca, non si può decidere di spostarla all’indietro in
primavera, solo perché uno dei personaggi, mettiamo che sia un guerriero
normanno, soffre il caldo o, avendo un animo gentile, gradisce di più un paesaggio in fiore. Si dovrà
rassegnare a grondare sudore sotto l’elmo (rigorosamente conico e con paranaso!) e
la cotta di maglia, peggio per lui (e per noi che magari volevamo una stagione
migliore perché avevamo in mente una scena che era proprio un bijou, peccato!).
Occorre quindi documentarsi, nel modo più preciso e più vasto
possibile, e non solamente per stabilire quali siano i paletti storici che ci
delimitano, ma anche per investigare sugli usi e costumi della vita quotidiana
dell’epoca, che conferiscono credibilità alla narrazione (vedi sopra).
Personalmente trovo molto utili, e anche di gradevolissima lettura, i saggi sulla Vita Quotidiana editi da Rizzoli, da cui ho tratto, ad esempio, ricette
per la Venezia del 1500 allo scopo di arricchire il menu dei banchetti ne Il Pittore degli Angeli o scene con spettacoli religiosi in Una Storia Fiorentina, ambientato nella Firenze di fine 1400, a cavallo tra la signoria di Lorenzo de’Medici e il governo di Savonarola.
Sisifo che trasporta il masso di Franz von Stuck (1920) |
conduce a un altro degli impegni più gravosi
per l’autore, cioè la lettura
delle fonti (il riferimento all’elmo conico non era del tutto
casuale, come avrete capito, e deriva da una ricerca che ha fatto sudare me ed Elodia Saetti anche lei autrice di romanzi storici, cioè se nel 1100 si usavano già gli elmi
con la feritoia). Lui o lei si dovrà impegnare, come sotto giuramento, a
leggere una montagna di saggi, trattati, volumi dell’epoca se ve ne sono,
documenti, a navigare su Internet alla ricerca di siti seri, a scrivere ad
associazioni culturali ed enti per avere informazioni… e a dimenticarsene
l’attimo dopo aver letto.
proprio delle informazioni – almeno, a me accade così, quindi devo
continuamente andare a compulsare i tomi di riferimenti – l’autore è obbligato
a dimenticarsene proprio per non incorrere nella tentazione di prendere di peso
interi paragrafi e trasferirli nel romanzo così come sono, senza un minimo di
rielaborazione. Quello che adesso si
chiama ‘copia e incolla’, e che un tempo era semplicemente la copiatura o
peggio il plagio, si vede eccome, specie se la persona poco furba prende
spezzoni tradotti dall’inglese all’italiano con qualche traduttore automatico.
Ma anche l’autore più coscienzioso può correre il rischio di voler introdurre
qualche chicca, e che gli sembra sia imperdibile per il lettore, e passa intere
ore a rosicchiarsi le unghie su come fare per non farla apparire una forzatura
o, peggio, introdurla come un riferimento didascalico (la classica “voce
dell’autore” che interrompe la narrazione e monta in cattedra per far sfoggio
di erudizione e che infastidisce moltissimo).
Come ci dice Sir Edward
Bulwer-Lytton nel suo Dell’arte della
narrativa: “La pecca abituale del romanziere storico è l’eccessiva minuziosità
nella descrizione di costumi e banchetti, cortei e processioni.” Evitiamo quindi di far slogare la mascella al
lettore con inserti di questo genere, che oltre ad annoiare rischiano di
sciupare l’effetto d’insieme. In Emilio Salgari si poteva perdonare, primo perché non
esisteva la televisione e i documentari; e quindi quando lo scrittore
piemontese inseriva un bel paragrafo sulle scimmie nasiche nella giungla del Borneo, magari mentre i suoi pirati stavano avanzando a fatica inseguiti
dai nemici, il lettore che sapeva a malapena leggere imparava tante cose
interessanti su fauna e flora anche nel bel mezzo di una scena d’azione. E, in secondo luogo, si perdonava perché
Salgari è Salgari, punto e basta.
parte l’ovvia questione della documentazione e nell’avere delle nuove idee, è
di natura più sottile: occorre calarsi nell’atmosfera dell’epoca. E, alla fine
della vostra improba fatica e dopo aver buttato via i vostri trenta saggi di
cui non vi sembrerà di ricordare nulla, e aver attraversato vere e proprie
sedute di psicanalisi letteraria per immergervi nella testa di persone morte e
sepolte mille anni fa, o anche più indietro nel tempo, qualcosa vi rimarrà
attaccato addosso, come una nuvola, un profumo, un’aura impalpabile, e quel
qualcosa vi accompagnerà e vi guiderà anche quando scrivete. Avrete creato il
vostro nume tutelare. Vi sembrerà di essere quegli antichi romani, quei
guerrieri medievali, quelle coraggiose rivoluzionarie, e avrete la certezza di
avere dominato il tempo per effetto di qualche rito magico, e di aver vissuto
quelle vite, non solo la vostra, e di essere ritornati più ricchi e completi e… perché no? di aver compreso qualcosa anche del tempo in cui vivete.
penna e a scrivere un bel romanzo storico, o anche un semplice racconto? Partite lancia in resta e che Dio vi accompagni!
Cara Cristina, scrivere romanzi storici è impresa che fa tremar le vene e i polsi. Voglio avvisare i tuoi lettori: "Non v'inganni l'ampiezza dell'entrare…" perché Cristina fa apparire tutto facile nascondendo il fatto di essere una lettrice e una scrittrice veloce, profonda, efficiente come la Della di Perry Mason. Attenzione perciò, il capolavoro storico non è dietro l'angolo… Io preferisco leggere i tuoi romanzi e scrivere dell'altro… Chiamami sfaticata. Ciao, Cristina, il tuo blog è quanto di meglio possa esistere.
Carissima Nadia, in realtà ho cercato di calcare bene la mano sulla difficoltà di scrivere un romanzo storico, ma a quanto pare ho ottenuto l'effetto contrario. Lo scopo era quello di dissuadere sin da subito eventuali bravi miei "concorrenti" dal cimentarsi nell'impresa, e quindi levarli dalla lizza sin da subito, ahahah! Naturalmente scherzo! 🙂
Per quanto riguarda la tua supposta pigrizia, io credo che ognuno debba scegliere quello che più sente affine al proprio spirito senza curarsi di quello che va per la maggiore. Io penso che il romanzo storico non morirà mai. Per quanto mi riguarda, non sarei in grado di scrivere un romanzo giallo, perché non credo di averne le capacità pur piacendomi come genere.
Un saluto affettuoso e grazie per il tuo commento!
Io amo il romanzo storico e, soprattutto il Medioevo. Cio' che mi affascina e' soprattutto la parte dello studio preliminare per rendere credibile almeno lo sfondo storico in cui si muovono I miei personaggi. Sto proprio in questi mesi scrivedno un romanzo/giallo/avventura/intrighi che si ambienta nell'Italia del XXIII secolo con risvolti anche di molto piu' antichi. Sto studiando molto. Amo il genere giallo e sto anche impiegando molto tempo per definire il mistero che si cela dietro un…. non posso dire nulla.Concludo dicendo che non e' un'impresa facile.
Marcella, grazie per il tuo contributo. Dalla documentazione nascono nuove idee, nuove scene: è come il carburante che bisogna buttare nella caldaia. Un altro aspetto che mi preoccupa molto quando scrivo romanzi storici, e che non ho menzionato nell'articolo per non allungarlo ancora, è cadere nello stereotipo. Ad esempio anni fa avevo scritto un romanzo dal titolo Gli Immortali, che è ancora nel cassetto. Il romanzo si svolge nell'arco di tre secoli e parte dal Vecchio Continente per approdare al Nuovo Mondo. Avevo scelto anche una tribù d'Indiani d'America, e ho letto molto perché non volevo essere influenzata dai film, spesso non veritieri.
Carissima Cristina, come potrei non essere d'accordo con te? Da lettrice, anch'io posso affermare che il genere storico è il mio preferito. Credo sia in assoluto la lettura più affascinante ed emotivamente coinvolgente per gli spiriti nomadi, quelli che non possono fare a meno di vagare in dimensioni e luoghi sempre diversi. Certo, scrivere un romanzo storico è impresa ardua, per tutti i motivi che tu hai chiaramente spiegato…che bella sfida, però, per chi si voglia mettere in viaggio!
Stella, azzardo un paragone, anzi, più di uno: il romanzo storico è come un kolossal alla Cecil de Mille, come una torta Saint-Honoré multistrato, come un affresco di Benozzo Gozzoli. Per affrontarlo devi aver vissuto un pezzo di vita e quindi attraversato determinate esperienze. Anche Marguerite Yourcenar diceva che a vent'anni non avrebbe potuto scrivere "Memorie di Adriano" con la stessa efficacia. Oltre a quello che giustamente dici, sugli spiriti nomadi, c'è anche la curiosità e lo sforzo di capire come certi comportamenti umani si ripetano immutati nelle epoche, cambiando solamente l'abito esteriore.