Un’ultima occasione di visibilità della giovane arte italiana si è conclusa il 20 dicembre 2013 alla Fabbrica Borroni con Spirito Italiano atto IV, dove questa volta sono presentati nove artisti. Fra loro ne ho selezionato tre che mi hanno particolarmente colpito in occasione della mia visita alla Fabbrica: Angela Viola, Irene Balia e Simone Durante.
Angela Viola esegue i suoi disegni a grafite sul grande spazio bianco della carta intelata, concentrandosi su nuclei familiari e parentali. Nell’esposizione ci presenta dunque la scena da un matrimonio, bambini in cortile, oppure un neonato in braccio a una nonna: relazioni di sangue che coinvolgono, bene o male, ogni essere umano. Tutti noi deriviamo da qualcuno, anche se quel qualcuno ci ha magari respinto o abbandonato, tutti in qualche modo ci troviamo presi da una rete di relazioni che a volte conferisce energia e accorda protezione, a volte tiene prigionieri e blocca come in una gabbia o in una ragnatela vischiosa, a volte ancora diventa il crogiolo di violenze e ipocrisie consumate tra le mura domestiche. Il nucleo famiglia è un organismo cellulare che reagisce, difendendo se stesso ed espellendo ciò che lo minaccia.
Dafne (Mezereum) di Angela Viola grafite e ricamo su carta intelata, 100 x 100 cm, 2013 Fotografia di Dario Rota. |
Il disegno di Angela Viola amplia a dismisura quella che potrebbe essere all’origine la piccola foto di famiglia, che sembra emergere dallo spazio bianco del foglio come un tratto da una carta assorbente. Da ciascuno dei suoi ritratti si dipana un vero filo nero, con il quale ricama e compone fiori, scelti con cura per il loro significato: ogni fiore o pianta in natura ha, difatti, proprietà e sostanze che possono essere medicamentose ma anche tossiche a seconda di come vengono ingerite e in quali dosi si assumono. Nella scena di un matrimonio, il bouquet ricamato contiene piante tossiche. Così avviene per le piante Sabina e Dafne di alcuni ritratti; e anche per la scelta del Narciso, simbolo di un auto-compiacimento che non porta alla crescita. Il filo nero dell’artista collega le parti dell’opera con amorosa cura, ma sottende anche l’emissione di una sostanza collosa e venefica come bava di ragno.
Senza titolo di Irene Balia acrilico e grafite su tela, 50x70cm. Foto tratta dal sito http://www.spiritoitaliano.org |
Ad uno sguardo superficiale, le figure di Irene Balia sembrano appartenere al novero delle illustrazioni dei libri per ragazzi: irreali, fiabesche, minuziose nel tratto e nei particolari ripetuti, deliziosamente ingenue. Cogliamo qua una donna disegnata di profilo, tra i suoi capelli privi di colore mele tonde, rosseggianti, fanno capolino come tra le chiome di un albero; là un uomo che si sta bagnando in una polla; più in là un altro, soddisfatto dopo una pesca fruttuosa. Dopo una successiva occhiata, ci rendiamo conto che così non è, e che quelle figure campeggianti sulla tela ci arrivano, piuttosto, dal reame del simbolismo o della metafisica. Sono come sospese nel tempo e nello spazio, le linee di contorno riempite di colori a olio a campiture piatte e senza sfumature, o prive di colore in un’assenza voluta: incompiute, meno che bidimensionali. Il paesaggio retrostante è statico, e ha lo stesso peso delle figure umane: l’uno non domina l’altro, l’occhio è attirato dalla figura umana più per abitudine e per un mutuo riconoscimento che per reale predominanza. Ricordano, per questo, e per la ripetizione quasi ossessiva del dettaglio, le grandi stoffe dell’Art Déco, gli apparati delle tappezzerie e dei rivestimenti. Eppure nulla sembrerebbe meno adatto di queste figure iconiche e inquietanti per adornare una parete, o qualsiasi altro elemento d’arredo: la loro cifra è il Silenzio, in cui sono immerse e che inducono nello spettatore per soggezione.
Milano Città Interna#097 di Simone Durante, stampa diretta uv su alluminio grezzo, 2010-2013. Foto tratta dal sito http://www.artsblog.it |