L’uomo con il cappello è la creatura letteraria della scrittrice Jodie Foster: fra loro ci sono continui battibecchi! |
Questo post nasce come risposta al’interessante articolo di Maria Teresa Steri che trovate al seguente link. Anch’io ho fatto qualche riflessione sul mio rapporto con la scrittura e sono venuti fuori in ordine sparso dodici corposi punti, numero magico per eccellenza. Eccoli qui:
- Una volta soffrivo nel cambiare anche una sola virgola o una frase a seguito di critiche, per non parlare di intere scene. Ora, se ritengo che l’osservazione sia pertinente, provo a riscrivere il pezzo che zoppica, o scrivo nuove integrazioni qualora sia necessario; e taglio brutalmente e senza rimpianti se c’è da tagliare. Forse è l’effetto del lavoro che faccio da tanti anni, o forse di qualche forma di sopravvenuta umiltà…
- Con i miei personaggi ho un rapporto alla pari, e mi comporto proprio come Jodie Foster in Alla ricerca dell’isola di Nim in cui la scrittrice discute vivacemente con il protagonista delle sue storie. Per me sono esseri in carne ed ossa che spesso mi contestano… e con tutta probabilità derivano da quella leggera o grave forma di schizofrenia da cui sono affetti tutti gli scrittori.
- Qualche volta prendo spunto dalla realtà (situazioni o persone), ma soprattutto da altri romanzi, poesie, film, quadri, articoli di giornale, anche di cronaca nera. Sono affascinata dalla psicologia degli esseri umani e, quando meno me lo aspetto, arriva lo spunto giusto. Io le chiamo le mie “griglie d’oro” in movimento.
- Molta parte dei miei romanzi è visionaria e onirica, e le scene più belle mi sono state regalate in sogno, nella fase del dormiveglia al mattino, come pure la risoluzione di alcuni problemi che sembravano insolubili (sempre nell’ambito di una storia, beninteso!).
- Scrivo a qualsiasi ora e quando posso, ma amo particolarmente la sera e la quiete domestica. Non pretendo tranquillità assoluta, perché, essendo sempre vissuta in città, sono abituata a sentire del rumore. Al contrario, leggo ovunque, in mezzo al chiasso e in ogni ambiente, perché riesco ad estraniarmi senza problemi.
- Se metto musica per ispirarmi, è inerente il periodo di cui scrivo, quindi in questo periodo è musica medievale – danze, madrigali, ballate di caccia o guerra. Quando scrivevo Il Pittore degli Angeli, ascoltavo musica del 1500, specie veneziana. Ad ogni modo preferisco avere come sottofondo musica classica o strumentale, e non canzoni: niente che abbia a che fare con le parole.
- Di tutte le fasi di scrittura, amo soprattutto la prima, quella in cui si scrive senza preoccuparsi di niente: né della verosimiglianza della storia, né della credibilità dei personaggi, o della forma linguistica. È il momento della massima libertà, in cui ci sono io e basta.
Esperimenti di mesmerismo nella Francia
del XVIII secolo: quello sguardo perso nel vuoto
è proprio il mio… - Quando scrivo una scena, sono in stato di ipnosi leggera e, dopo aver finito, mi sento leggermente fuori registro, come un’immagine venuta sfuocata in fase di stampa.
- In genere non riesco a lavorare su più storie contemporaneamente, a meno che non siano racconti brevi. Finché non ho finito un romanzo, almeno nella sua prima stesura, mi dedico solo a quello. Ad esempio, ho già in mente la trama per una storia ambientata nel 1300 all’epoca della caduta dei Templari, e ho già buttato giù qualche scena, ma non ho ancora la testa sgombra per lavorarci sul serio.
- Prendo appunti qua e là di quello che mi viene in mente, su foglietti o post-it, o sui bordi dei giornali che mi porto dietro, ma poi li copio a computer suddivisi in file. Sono molto ordinata e, scrivendo romanzi storici, non solo ho parecchi saggi cui attingere, ma anche una serie di raccoglitori con giornali, riviste e articoli suddivisi per argomento, cartine, mappe, fotografie, ritagli, e-mail… È un lavoro di documentazione immenso, con tanta paura di sbagliare.
- Non ho mai avuto il blocco della pagina bianca, tranne quando devo redigere… la sinossi! Allora mi sembra di essere ritornata una scolaretta e fisso lo schermo del computer con lo sguardo vuoto e la mente bianca tale e quale alla la pagina.
- Quando la trama prende risvolti inattesi e i personaggi mi sorprendono, allora capisco che non ho più il pieno controllo di quello che scrivo. E la cosa mi riempie di gioia. Il romanzo è diventato come un essere vivente, e questa è una delle molte meraviglie del processo di scrittura.
Trovate che io esageri? Oppure vi ritrovate in qualcuno di questi punti? Fatemi sapere!
Mi è scomparso il commento! 🙁
Parlavo della tua incredibile capacità di sfruttare il tempo a tua disposizione come se si dilatasse all'infinito, parlavo della mia ammirazione per te, mi dicevo d'accordo con i tuoi punti, mi firmavo una lettrice entusiasta ma tant'è…
Nadia, hai visto che sei riuscita? Bisogna avere pazienza con questa tecnologia ballerina! Grazie davvero per il tuo commento, mi fai arrossire.
Credo che siano i captcha che fanno sì che il blog si mangi i commenti… Secondo me ti converrebbe toglierli, anche perché sono notoriamente fastidiosi!
I captcha sono quei numeri e lettere che bisogna digitare per inserire un commento? Scusa la domanda sciocca, ma sono di un'ignoranza tecnologica abissale… e in effetti questo blog è una specie di miracolo digitale.
Sì, proprio quelli. Li vede solo chi commenta da fuori, quindi di solito il proprietario del blog non sa di averli. Se vuoi toglierli devi andare su Impostazioni – Post e commenti – Mostra test di verifica – e selezionare "No".
Fatto. Grazie della dritta, preciosa! 🙂 Nadia, ora puoi scatenarti…
Bello il punto 8! Si vede che riesci davvero a immergerti tanto… A me è capitato pochissime volte di sentirmi in quel modo, un po' fuori fase. Stupendo e sorprendente anche l'ultimo punto: scoprire che qualcosa prende vita è forse l'aspetto che mi piace di più del creare storie.
Interessante anche tutto il resto, è stato davvero piacevole vedere il tuo processo creativo 🙂
Grazie del tuo commento, Maria Teresa. Riguardo al punto 8, in effetti ci potrebbero essere diversi livelli di immedesimazione, e quindi di ipnosi, come nella migliore tradizione: leggera, media o profonda. Io direi che rimango sul livello leggero, altrimenti ci sarebbe davvero da preoccuparsi! Già mi sento abbastanza scissa, il prossimo passo sarebbe parlare come Gassman in Brancaleone alle Crociate! Ed è comunque vero che scrivere è come compiere un viaggio da cui ritorni cambiato, proprio come leggere un libro coinvolgente.
Impossibile non dirti sempre che sei bravissima! Sono d'accordo con tutti i tuoi punti, anche quando affermi che dev'esserci una leggera forma di schizofrenia in chi scrive. Oppure potrebbe essere una curiosa capacità di sintonizzarsi su chissà quali onde… Un altro punto nel quale mi ritrovo particolarmente, ma sia charo che mi ritrovo in tutto, è quello relativo alla stesura della sinossi. Forse è così complicato proprio perché il processo creativo, che per definizione fuoriesce dal perimetro razionale e coinvolge principalmente la sfera emotiva, spinge l'autore a stabilire una connessione più emozionale con ciò che ha scritto, rispetto a concepirla dal punto di vista delle tematiche affrontate. Per spiegare meglio, aggiungo che nel mio caso, come credo per gli altri, i temi trattati sono chiari fin dal principio, però poi il risultato finale, per usare una metafora, è un ricamo talmente complesso che diventa difficile separare i fili e quindi semplificare la trama, senza correre il rischio di banalizzarla, o in qualche modo, impoverirla di sfumature tanto preziose. Come dire che significante e significato sono legati da un rapporto di presupposizione reciproca: la forma espressiva articola il contenuto, veicolando concetti ed emozioni; il contenuto può essere manifestato solo attraverso una forma significante. Per questo la stesura della sinossi credo sia sempre un lavoro faticosissimo. Boh, mi sa che mi sono lasciata trascinare da uno dei miei tanti deliri! Ciaooooo!
Grazie per il tuo contributo, Clementina. Per quanto riguarda la schizofrenia, a quanto pare siamo in nutrita compagnia… L’ultimo battibecco con il personaggio della mia saga, il conte Geoffroy de Saint-Omer, è derivato dal fatto che non avevo voglia di scrivere la scena di un torneo dov'era protagonista (per la mia nota resistenza a scrivere scene di guerra), che invece era assolutamente necessaria. Allora per vendicarmi ne ho scritto metà, e poi l’ho piantato nel bel mezzo della mischia a sbrogliarsela come meglio credeva; per poi riprendere con tutta calma la settimana successiva, ridendo sotto i baffi. A parte gli scherzi, è davvero come se i personaggi fossero vivi e reali, un po’ come dei parenti o amici. Interessante anche la tua analisi della sinossi, in effetti è così: la sinossi asciuga e inaridisce tutto quello che di emozionale c’è nella narrazione per enumerare una serie di fatti. La prova del nove è che ho fatto leggere la sinossi del Libro I a mio marito, e lui mi ha detto, scuotendo la testa: “Certo che il romanzo è un’altra cosa…” Alla prossima!
Mi ritrovo in gran parte dei tuoi punti. In particolare:
Punto 8: E' proprio vero, finire la seduta di scrittura è un po' come risvegliarsi da un sogno.
Punto 9: Di solito lavoro in contemporanea su due storie, ma non allo stesso modo. Una la scrivo, o la sottopongo a revisione, mentre sviluppo le idee per la seconda storia, che così sarà pronta da scrivere quando avrò lasciato la prima. Mi trovo bene così, perché si alternano tipi di lavoro diversi, che probabilmente impegnano aspetti diversi della creatività.
Punto 11: La sinossi, che croce! Le mie di solito nascono come asettici riassuntini degni di un manuale di istruzioni; poi ci rimetto le mani, e rischio di farle diventare dei simil-trailer all'americana. Chissà, forse troverò una via di mezzo, prima o poi. 😉
Ti ringrazio per il tuo intervento, Grazia. Contro-commento il punto 9, dicendo che sei in gamba se riesci a lavorare su due storie, io non riesco nemmeno se uno è lavoro di revisione e uno è lavoro di scrittura. Posso dare un colpetto al cerchio e un colpetto alla botte, ma non riesco proprio a lavorare in parallelo. Le sinossi sono terribili per tutti, a quanto vedo; adesso gli editori le chiedono, mentre un tempo non era necessario. Nelle sinossi a me dispiace persino scrivere che cosa succede alla fine: è una cosa stupida, ma, siccome di solito c’è un colpo di scena, mi sembra di rovinare la sorpresa a chi legge!
Non è una resistenza tanto strana, credo. Sapendo che la sinossi propone il romanzo, è facile vederla un po' come una quarta di copertina, almeno sul finale; anche se poi non è così, perché all'editore la sinossi serve a capire se la storia è studiata bene,
Grazie a te, Cristina! E' un piacere condividere. 🙂
Hai ragione sulla sinossi, ma mi ci è voluto del tempo per capirlo! In effetti l’editore non è un lettore qualsiasi, che va sorpreso e intrattenuto, ma un imprenditore che deve valutare la storia in tutti i suoi aspetti. Per quello è importante che la sinossi sia completa e accurata.
È interessante il fatto che un po' tutti quelli che stanno compilando l'elenco considerino i loro personaggi vivi e reali in un qualche altrove. Chissà se anche noi siamo personaggi altrui?
Era un racconto di Borges, non è vero? in cui c’era qualcuno che sognava ma era sognato da un altro. Essere considerati personaggi altrui è inquietante… però potrebbe essere benissimo! In fondo se i nostri personaggi interloquiscono con noi, perché noi non potremmo fare lo stesso con il nostro “creatore”?
Bello! Come in 1Q84 di Haruki Murakami, dove i protagonisti… ah, però meglio non fare spoiler, in caso qualcuno non lo abbia ancora letto.
Murakami! Il "mio" Murakami. Ho letto la trilogia di 1Q84, Norwegian Wood e Dance dance dance. Dei primi due ho scritto la recensione sul blog. Lui è uno di quei classici scrittori di cui leggeresti anche la lista della spesa.
Proprio così. Gli dedicherò un post prossimamente, e il concetto di base credo sarà proprio questo: se sei bravo davvero, puoi scrivere qualunque cosa in qualunque modo. Senza esagerare! 😉
Benissimo, attendo di leggere il post su Murakami con grande curiosità. 🙂
Ciao a tutte! E' bello vedere quanti elementi ci accomunano nel nostro rapporto con la scrittura. Anch'io mi sento in sintonia con quasi tutti i punti . In particolare con il punto 8, quello del leggero stato di ipnosi, e con il punto 11, quello del blocco da sinossi, che è stato sapientemente esplicitato da Clementina. Anche il punto 4 mi rispecchia assai, con una piccola differenza: a me succede con il dormiveglia della notte, prima di cadere addormentata; di mattina, mentre cerco di svegliarmi, sono un essere antropomorfo privo di linguaggio e di pensiero. Vorrei tanto essere in sintonia anche col punto 10, quello dell'ordine, ma qui avrei proprio tanto da imparare dalla bravissima Cristina 🙂
Per me il risveglio è davvero strano: ancora prima di avere una vera coscienza, sto cantando. Canto anche dormendo, immagino. Mah.
Bella però questa cosa… sei sicura di non essere stata un uccellino, prima? Magari un'allodola. 😉
Ho paragonato la scrittura ad una forma di ipnosi, ma potrebbe essere anche una sorta di trance o seduta medianica; o forse un po’ dell’una e un po’ dell’altra, attingendo dalla nostra interiorità e dal nostro esterno e mischiando insieme le due cose. Sulla questione dell’ordine, non potrei proprio lavorare senza un metodo, perché poi se devo rintracciare una certa informazione, non so più dove cercarla. Tuttavia ognuno ha una sua personale forma di ordine, anche nelle attività creative: quello che va bene per me, potrebbe essere troppo costrittivo per un altro! 🙂