Anche questo mio primo post sarà volutamente ondivago in quanto risente ancora
parecchio dell’atmosfera vacanziera che mi sono appena lasciata alle spalle.
Non sarà quindi costruito in maniera razionale, ma conterrà comunque alcune
riflessioni che mi hanno attraversato la mente in questi giorni, coronate da
interrogativi su cui sarei curiosa di avere il vostro parere. Siccome avevo nostalgia dei nostri scambi, ho deciso di anticipare di qualche giorno la riapertura del blog!
Contrariamente ai miei buoni propositi, fra l’altro, non ho attinto dalla
pila di libri ormai rinchiusi nel mio “armadio da lettura”, dove ormai bussano
con insistenza inquietante nello stile di Stephen King, e
penso che anche questa libertà presa con il mio ruolino di marcia sia stata oltremodo gradevole. Complice
anche il mio giro in Normandia, ho letto volentieri, invece, alcuni gialli che hanno
come protagonista l’ineffabile commissario Maigret alle prese con delitti avvenuti in località di vacanza, come Antibes o Cannes sulla Costa
Azzurra, Sables-d’Olonne o l’isola di Porquerolles. Gialli davvero piacevoli,
intriganti nella trama, acuti nella psicologia,
dalle atmosfere assolate, insinuanti e pigre in cui Maigret si muove a dapprima
a disagio, poi sempre più avvolto e conquistato dalla sensualità dei luoghi.
Honfleur, le Vieux-Bassin – Normandia Uno dei luoghi frequentati dal commissario Maigret, creatura del prolifico Simenon. |
E
poi i personaggi di Simenon, caratterizzati con poche, rapide frasi, come
tocchi di pennello! Sentite una descrizione contenuta nel romanzo Maigret in vacanza, ambientato nella
piccola località di Sables-d’Olonne sull’Atlantico: “Hai mai incontrato la signora Bellamy, la madre? È una vecchia signora
piuttosto robusta, tarchiata… Cammina con un bastone che impugna come fosse una
spada! …” O ancora: “…e allora la
videro bene sul pianerottolo: una ragazzina lunga e secca sui quattordici anni,
con le gambe troppo sottili e un vestito di cotonina un po’ stinta.” Si tratta di due descrizioni rapide,
asciutte, che pongono l’accento, ognuna a suo modo, sulla corporatura e sugli
arti inferiori delle due donne. Poco più avanti, si saprà che la ragazzina ha
le trecce sulle spalle. Simenon non ha ritenuto opportuno inserire subito
questo dettaglio, ma ha usato non una parola di più né una di meno: due pennellate
da artista consumato. Di un altro personaggio al femminile, Maigret ne osserva il ritratto a olio e Simenon scrive: “Aveva grandi occhi chiari, di un azzurro-viola, un volto dai tratti
infantili, eppure era molto donna: s’intravedevano forme piene, carni morbide e
appetitose.”
amico Maigret, il commissario interroga invece una serie di persone, sospettate di
aver commesso un delitto, nel municipio di Porquerolles, magica isola mediterranea di fronte a Tolone. Leggiamo la descrizione
di Jan van de Greef, un pittore olandese squattrinato: “Abbronzato come un indigeno di Tahiti, il biondo van de Greef pareva
ancora più biondo. Portava solo un paio di calzoncini chiari e le espadrillas,
mentre la sua compagna era avvolta in un pareo.” Magistrale quel “il biondo van de Greef pareva ancora più
biondo”: poche parole, e c’è il ritratto di un uomo del Nord, che vive in
un’eterna estate, in cui il dettaglio dell’abbigliamento assume la rilevanza di
un particolare fisico, come la forma del naso o la piega delle labbra. Oppure nel
romanzo Liberty Bar, ambientato nelle
località della Costa Azzurra, Simenon descrive piuttosto dettagliatamente la
fotografia dell’uomo assassinato che, si scopre, assomiglia tanto al
commissario, con buona pace di Gino Cervi che lo interpretò con grande bravura: “La faccia larga di un uomo
in salute, piuttosto sanguigno, con i capelli rossi e un po’ radi, i capelli
tagliati corti, i grandi occhi chiari Ma c’era qualcosa nell’aspetto, nell’espressione,
che ricordava proprio Maigret. Quel modo di tenere le spalle un po’ curve…
Quello sguardo esageratamente calmo. Quella piega delle labbra bonaria e al
tempo stesso ironica.”
vorrei proporvi, e che mi ha attraversato la mente mischiando varie questioni,
verte proprio sulla descrizione fisica dei personaggi in un romanzo. Su di essa esistono diverse scuole di pensiero. Premesso che a me non piacciono quei
romanzi dove, fin dall’inizio, viene fornita una sorta di fotografia segnaletica avulsa da un contesto narrativo, non
vedo nulla di male se uno scrittore desidera comunicarci che il tal personaggio
ha gli occhi azzurri anziché neri, o neri anziché azzurri perché tiene a che noi lo immaginiamo in un certo modo. Alcuni scrittori, invece, sostengono che non bisogna fornire
nessun tratto somatico, perché il lettore deve essere
totalmente libero di immaginare il personaggio come meglio crede. Questo è in effetti, se
proviamo a pensarci, uno dei punti di forza della narrativa rispetto al cinema
dove l’occhio è vincolato dagli attori che interpretano il film. A posteriori, lo
spettatore sarà libero di criticare le scelte in fatto di casting, ed
immaginare un attore con altre fattezze, ma è indubbio che, durante la visione,
non potrà sottrarsi a ciò che gli è stato imposto.
che si tratti di un gioco di equilibri tra le esigenze dello scrittore e il
bisogno di immaginazione del lettore. Lo scrittore conduce per mano il lettore,
presentandogli il personaggio come se fosse incompleto, e decidendo l’ampiezza
nella zona di “non detto” su cui il lettore è libero di lavorare. Quello che è
certo è che la descrizione fisica, poca o tanta che sia, dovrebbe fornire
dettagli non banali e soprattutto bene amalgamati nel contesto narrativo.
Potrebbero essere forniti man mano, come le tessere di un mosaico che, tutte
insieme, andranno poi a comporre il ritratto finale. Potrebbero arrivare quando
ormai ci siamo fatti un’idea nostra dell’aspetto fisico tramite il carattere del
nostro personaggio e il suo modo di interagire con gli altri, e magari la descrizione può contraddire l’aspetto che abbiamo immaginato per lui in corso
d’opera. Potrebbe essere, anzi, talmente diverso da come ce lo aspettiamo, o dallo
stereotipo che abbiamo in mente, da sorprenderci.
dato essenziale per comprendere meglio il carattere. L’esempio della vecchia
signora Bellamy, nel passaggio citato sopra, è semplice ma illuminante: dice
che ha una corporatura tarchiata, quindi si potrebbe dedurre che questo
sia dovuto non solo all’età avanzata, ma anche al fatto che la signora sia una
buona forchetta. La sua robustezza ci suggerisce una persona molto vincolata all’elemento terrestre. La ragazzina,
viceversa, è magrissima, e nel brano sgattaiola giù per le scale servendosi
delle sue gambe “sottili”. Comunica un’impressione di timidezza e timore, come
un animale predato che cerchi di sottrarsi al predatore. Il terzo personaggio sprigiona invece
femminilità e sensualità, nel miscuglio tra la bambina e la donna. Quando è
necessario, invece, Simenon indugia sui particolari, come nella descrizione di
William Brown, l’uomo assassinato in Liberty
Bar, per presentarci non solo il tipo fisico del personaggio in questione, ma persino
quello del commissario come in un legame affettuoso! Tramite un dettaglio fisico ben preciso,
dunque, nel cervello del lettore si mette in moto non una rotellina solamente,
ma molte che appartengono a un intero ingranaggio.
Volo di gabbiani su una spiaggia a Etretat, Normandia. Rimango fedele al mio proponimento di un post dal sapore ancora vacanziero… |
Rashid, avrà gli occhi verde-ambrati, e pazienza se di solito gli abitanti di quei luoghi hanno gli occhi neri: è una rappresentazione del suo spirito tutto luci ed
ombre. Il mio conte fiammingo Geoffroy de Saint-Omer avrà i capelli biondissimi,
quasi bianchi, racchiusi in una coda, ma sarà imberbe contrariamente ai suoi
compagni d’armi, per risultare più gradito alle donne perché è un vero tombeur de femmes. E suo figlio François
avrà gli occhi color dell’acquamarina, che evocano purezza. Il mio medico siriano Mandhur avrà i baffi brizzolati, ma non specifico se abbia la barba perché non
credo sia importante. Avrà, però, gli occhi azzurri, altro dettaglio
insolito. Perché? Perché sono identici a quelli di Saint-Omer di cui è il
gemello spirituale…
descrizione fisica dei personaggi. E voi, come vi comportate se volete
descrivere i vostri cuccioli di carta? Ne date una descrizione rapida ma
incisiva, come fa Simenon, provate la tentazione di fornire molti dettagli, oppure li tralasciate
del tutto?
Bella la Normandia!
Io sono ancora in trasferta, anche se ho internet e computer con me e commentare alla luce del tramonto è un piacere non da poco.
Anch'io, tra l'altro, in questi giorni sento il richiamo di personaggi noti. Lasciati stare i romanzi nuovi, mi sono ributtata negli apocrifi sherlockiani e ho ripreso la serie di Patrik O'Brian che avevo abbandonato dopo una decina di volumi… Non so, un desiderio di rassicurazione prima dell'ignoto del nuovo anno lavorativo.
Per quanto riguarda le descrizioni non so, forse non ho mai teorizzato molto sull'argomento. So come sono fatti i miei personaggi e, se il caso, lo racconto ai lettori. Se uno è fatto in un certo modo, io lo indico, poi ognuno se lo immagini come vuole… Per alcuni personaggi, poi, ancora più che un tratto fisico è un gesto a caratterizzarli. Due personaggi, che forse sono padre e figlio, hanno lo stesso modo di passarsi la mano tra i capelli, quando sono nervosi. Un altro, quando è pensieroso appoggia il mento sulla mano chiusa a pugno. In un altro caso ancora un taglio di capelli e un profumo particolare caratterizzava una donna… Forse, pensandoci, nel giallo, il mio genere, la descrizione fisica è imprescindibile, perché è anche da essa che si danno al lettore elementi per trovare l'assassino…
Ciao, Tenar! Bello scrivere a distanza, poi la luce del tramonto agevola assai!
Di Patrick O'Brian avevo letto tutta la serie, a parte gli ultimi due che sono sempre nel famoso armadietto da cui si sente bussare… e probabilmente concorrono anche loro al tambureggiamento generale.
Per quanto riguarda le descrizioni fisiche, alle volte ci facciamo influenzare dai "must" del momento, e questa sembrerebbe una delle mode imperanti ora. In effetti, mentre leggevo i Maigret, mi stavo chiedendo come fosse possibile per un lettore non avere nessun dettaglio fisico costringendolo ad uno sforzo supplementare (e inutile) di memoria. Nel caso vi siano molti personaggi, poi, occorre aiutare il lettore con qualche connotato fisico.
A volte temo di eccedere con descrizioni troppo dettagliate sull'abbigliamento! Ma soprattutto volevo dirti w la Normandia, e quante cene fantastiche a Honfleur, abbiamo soggiornato 6 giorni a Deauville, 4 anni fa, dopo un giro lungo che prevedeva cambi di hotel ogni giorno, in Bretagna. Bacio
ps. ora però è scrittura-terapia, per non morire di nostalgia, vero?
Ciao Sandra, grazie per il tuo commento! La Normandia è splendida, e siccome non mi aspettavo niente di particolare, a parte Mont Saint-Michel, sono rimasta a bocca aperta. Sai che ho saputo che a Deauville è ambientata la massima parte delle storie di Diabolik? Essendo una località esclusiva… Sì, hai ragione, bisogna ora rimettersi all'opera con la scrittura. A presto.!
Bentornata! Ma te lo avevo già detto… Qualche elemento di descrizione del personaggio lo inserisco sempre, di solito en passant nella scena, perché non amo le frasi dedicate. Mi basta poco, perché in generale non mi disturba che il lettore immagini i personaggi diversi da come li immagino io. Però l'assenza di dettagli, come lettrice, un po' mi disturba. Preferisco pochi tratti, o anche un solo gesto scelto bene, e il personaggio mi si appicicca che è un amore. Cerco di ricreare la stessa situazione mentre scrivo.
Repetita iuvant, ovvero… un bentornato in più fa sempre piacere! 🙂
Anch’io non amo le frasi del tipo: “Aveva gli occhi così, il naso colà, gli occhi colì ed era alto 1.87,” perché come lettrice mi si spegne la poesia, quindi cerco di non fare lo stesso quando scrivo. Qualche tempo fa avevo letto un romanzo storico di un esordiente, ed era scritto proprio in questo modo, una cosa da far accapponare la pelle secondo me. Forniva descrizioni dettagliatissime di ogni singolo capello, peraltro lo faceva anche con gli itinerari e gli edifici.
Non avere nessun dettaglio dei personaggi non mi piace, però, mi sembra che risultino piuttosto freddi e incolori e, come tale, non ci si possa affezionare troppo. Sembra quasi che lo scrittore voglia “mantenere le distanze”.
E' vero, qualcosa cui limmaginazione possa attaccarsi serve. Solo non bisogna esagerare (ma è anche una questione di gusti, dell'autore e del lettore).
Ti riporto una cosa divertente che ho letto documentandomi sulla reggia di Fontainebleau, sui re che l'hanno frequentata e sulle relative amanti. Epitaffio di madame de Maintenon, daprima amante e poi moglie morganatica di re Sole: « Nella lunga esperienza che ho accumulato – giacché ho superato le 80 primavere – ho potuto constatare che la Verità esiste solo in Dio, e il resto non è che questione di punti di vista. »
Anche il letteratura, è tutta una questione di punti di vista!
Mi segno questa frase che non conoscevo e subito sposo.
Anche a me è piaciuta moltissimo!
Ciao Cristina, bentornata! Anche io, come Grazia, tendo ad inserire dettagli fisici "mascherati" all'interno del testo. Usando una terza persona limitata, spesso la visione è filtrata dagli occhi di un altro soggetto. Nella scena in cui i due protagonisti si incontrano, è lei ad osservare lui, a notare alcuni aspetti che la colpiscono, a descriverlo al lettore. Diverso è il caso in cui il ragazzo, davanti allo specchio, vede tutt'altro.
Cerco di aver ben chiare in testa le caratteristiche fisiche del personaggio perché mi risulta più facile farlo muovere sulla pagina anche se, a livello di scrittura, non le inserisco di certo tutte: sarebbe impossibile. Il mio protagonista è molto alto, ma credo di non averlo evidenziato da nessuna parte.
Io ho la mania del controllo: mi da quasi fastidio che un personaggio sia immaginato in modo diverso rispetto a come l'ho pensato io. Quando mio marito mi ha detto, a proposito della mia protagonista, che se la immaginava bionda, ho trasecolato!
Grazie anche a te del tuo “bentornata”, Chiara! Come sono andata le tue vacanze, se posso chiedertelo? Spero tutto bene.
È proprio vero che ognuno di noi ha un rapporto particolarissimo con i propri personaggi, perlomeno con quelli principali: ci sono scrittori gelosi al punto da non voler fornire dettagli, altri invece, come te (e me) cui dà fastidio che i lettori se li immaginino diversi. Addirittura io, ad un certo punto, faccio un casting per un eventuale film: siccome so che questa cosa non avverrà mai, mi piace sognare. In fondo non costa nulla, vero?
è una cosa che faccio anche io. Ne sto parlando proprio nel post che pubblicherò oggi 🙂
Le vacanze sono andate bene. sono rimasta a Sanremo, a parte una capatina sulle langhe. Anche di questo ho parlato un po' sul blog 🙂
Che bellezza, Sanremo! Avevamo una casa, anni fa, dove trascorrevamo le vacanza. Così conosco bene i dintorni, ho visitato moltissimi paesi della zona, e fatto qualche puntata in Francia. Dopo vado a vedere sul tuo blog.