Avevo una luna grande come
il Duomo di Milano…

Nel controllare le regole per il conferimento del Liebster Award 2014, mi sono accorta che avrei dovuto raccontare anche qualcosa di me. Anche se pervasa dall’imbarazzo, provvedo con una specie di seguito… consapevole che, in generale, è bello svelare qualcosa di privato, e non parlare sempre per teoremi.

Siccome non amo inserire fotografie della mia persona, ne inserirò una di me medesima all’età di un anno circa, in una serie di scatti. Ero stata portata dal fotografo per eseguire delle foto di rito. Negli anni ’60, si usava acconciare i capelli delle bambine con un ciuffetto in cima alla testa, ornato da un fiocco e io non facevo eccezione alla regola. Da questo dettaglio si intuisce al volo la mia ormai veneranda età.

Per quanto riguarda le domande, mi servo invece del mini-questionario di Proust, adattandolo un po’ alle mie esigenze. Ecco qua:

1. Il tratto principale del tuo carattere? 
La sgobbosità. Lavoro sempre e, non contenta, mi creo altre occasioni di lavoro come la calamita che attira il ferro. Anche l’indipendenza, però, intesa a tutto campo: in nome dell’indipendenza ho compiuto scelte ben precise, che non ho mai rimpianto.

2. La qualità che preferisci in un uomo?

La luna cresce…

La generosità. Non potrei mai vivere con un uomo tirchio, perché ho spesso constatato che avere il braccino corto equivale a tirchieria affettiva. Mio marito, infatti, è generosissimo.

3. E in una donna? 
La sincerità. Detesto le persone che mi parlano alle spalle, specie le donne. Sparlare è un’occasione di amicizia mancata, e di solidarietà.

4. Il tuo principale difetto?
Il perfezionismo. In me convivono due nature, una di stampo austro-ungarico – che mi ha valso il soprannome di Sergente McMuffin 2.0 in famiglia – e un’altra più creativa e anarcoide. Con il tempo hanno imparato a vivere nello stesso condominio, ma non è stato facile.

5. L’ultima volta che hai pianto? 
Nel 2008, per motivi che qui non posso rivelare… mi dispiace per il questionario.

6. Il giorno più felice della tua vita?
Tutte le volte che scrivo per me stessa, quindi piuttosto spesso per fortuna. Sono molto felice anche quando viaggio, però. In generale, sto molto meglio ora di quando avevo vent’anni.

7. E il più infelice?

I giorni dell’(allora) scuola media, dove mi sentivo Calimero pulcino nero in mezzo a moltissime pulcine fascinose. Se dovessi proprio menzionarne uno in particolare, il giorno della morte di mio padre vent’anni fa. Avevamo appena iniziato a conoscerci meglio, e fu un duro colpo.

8. Se dovessi cambiare qualcosa nel fisico? 

Ritornerei al peso ideale che avevo quando avevo trent’anni, pre diagnosi ipotiroidismo.

Un sorriso finale… è stato nominato
il mio personaggio preferito.

9. Quando hai iniziato a scrivere? 

All’età di otto o nove anni. Era un racconto western, perché all’epoca vedevo un sacco di film di cowboy con mio padre. Aveva come protagonista un cowboy soprannominato Nerocorvo che, ovviamente, faceva una brutta fine.


10. Un racconto in circa 140 caratteri? 
La bambina inciampò e cadde attraverso il vetro della porta-finestra. Si trovò seduta in un’aureola di vetri acuminati come pugnali. Senza un graffio. 
(episodio realmente accaduto all’età di un anno, quindi all’epoca delle fotografie del post).

11. Il tuo motto? 
‘Niente è come appare’ (‘Nihil est sicut apparet’) che è divenuto il motto di uno dei personaggi del mio romanzo “La Colomba e i Leoni” (Geoffroy de Saint-Omer).