Esattamente come per le persone, ci sono romanzi che ci attraggono irresistibilmente, altri di cui diffidiamo per istinto, altri ancora che ci lasciano indifferenti. E, come spesso si dice, “la prima impressione è quella che conta.” Vi farò l’esempio di un romanzo che ricevette giudizi contrastanti e potrebbe aver ricevuto elogi a prescindere dal suo valore, in quanto l’opera si impernia su una denuncia di tipo sociale, ed è lo spaccato di una mentalità retrograda e patriarcale, e cioè:
L’arte della gioia di Goliarda Sapienza
Avevo sentito parlare di questo romanzo, rifiutato da molti editori italiani e poi pubblicato postumo in Francia, come di un caso editoriale e un caposaldo della letteratura
La copertina del romanzo edito da Einaudi |
femminista, e mi era stato addirittura consigliato da un’entusiasta collega di lavoro. Avevo però anche una percezione strana su di esso: non mi attirava per nulla. L’avevo comprato, finalmente, e messo nel famoso “Armadietto delle letture” (su cui prima o poi scriverò un post separato perché secondo me “it”, l’armadietto, vive di vita propria, in quanto i libri si riproducono da soli)… e ancora non mi decidevo a leggerlo. Altri libri, magari acquistati dopo, venivano pescati e continuavano a passargli avanti. Finalmente è arrivato il grande momento, ho aperto il romanzo e ho cominciato a leggere…
Trama: Il romanzo narra la storia di Modesta, nata in Sicilia il primo gennaio del 1900 in una famiglia poverissima. Per una serie di traversie, la ragazza si trova ad essere ospitata prima in un convento, e poi in una famiglia di antica nobiltà siciliana, ma in piena decadenza. Grazie a un matrimonio di convenienza con un membro della famiglia, e alla sua astuzia, lentamente Modesta prenderà le redini di questo mondo fino a diventarne la matriarca indiscussa. Non solo, ciascun incontro, al maschile o al femminile, genera una fortissima attrazione sessuale, e quindi nel corso della sua lunga vita Modesta si prende amanti di entrambi due sessi. Il romanzo offre un affresco della Sicilia del secolo scorso fino ad arrivare alla Seconda Guerra Mondiale, tanto da essere paragonato a Il Gattopardo.
Recensione: Mai delusione letteraria fu più cocente. Come avete letto, la trama è grandiosa e appartiene al genere delle saghe familiari che a me piacciono molto. Il personaggio di Modesta è forte, volitivo, calcolatore e ipocrita a seconda delle convenienza, e ha tutte le carte in regola per piacere al lettore, anticonvenzionale com’è. Ero quindi colma di aspettative. Ecco invece le mie critiche di potenziale amante delusa.
1 Il primo punto dolente è lo sviluppo della trama. Il romanzo regge bene per le prime cento pagine, cioè fino a quando la ragazza viene ospitata come dama di compagnia presso i nobili di cui si è detto. Tiene fino a quando rimane, in un certo senso, confinato in ambito ristretto (sebbene già cominci a mostrare i primi cedimenti strutturali). Quando irrompe la storia “esterna”, cioè il fascismo e la guerra, la trama va in caduta libera, diventa confusa, spariscono dei personaggi e non si sa il perché, o ritornano improvvisamente nel corso di una scena o di un dialogo senza spiegare nulla. Diventa quindi faticosissimo da seguire.
2 Il secondo punto dolente sono i dialoghi. I dialoghi sono quasi sempre all’insegna dell’iperbole e del manierismo, ci sono più punti esclamativi che capelli in testa ai personaggi – specie nella seconda parte, con l’affollarsi dei figli e dei nipoti. Non si capisce chi parla se non dopo aver letto tre o quattro battute, e si è costretti a rileggere il pregresso per capire. Si ha la sensazione che l’autrice voglia costringerti a recitare battuta per battuta, per capire chi sta parlando, forse a causa della sua professione di attrice. Spesso le battute non hanno “code” che chiariscano dove si trovano e aiutino il lettore, che si trova costretto a sforzi supplementari.
Ora, posso sopportare di tutto, ma se c’è una cosa che mi manda in bestia quando leggo un romanzo è non capire chi sta parlando. Posso sopportare le descrizioni minuziose di chi ti racconta peso x altezza : 2 di ogni singola cosa, ma non questo. Nel romanzo il lettore è come un cieco che deve essere aiutato a vedere, perché un romanzo non è un film (ed esistono persino film confusi)! In questo senso non aiuta l’impasto di italiano e siciliano, naturalmente. Ma non è quello il problema: leggo i romanzi di Camilleri senza fare una piega, e anzi prendendoci gusto.
3 Il terzo punto dolente è proprio la protagonista, insieme affascinante e repulsiva, ma che alla fin fine diventa odiosa. Non appartiene nemmeno al genere del “personaggio che amerete odiare”, ma a quello dei personaggi mostruosi e ipertrofici di cui non vedi l’ora di sbarazzarti. Per me è stato così, con abbandono del romanzo a venti pagine dalla fine e conseguente voglia di sperimentare il lancio del libro fuori dalla finestra. E, come lettrice testarda che vuole leggere dalla prima all’ultima riga, è stato un autentico smacco e mi ha fatto detestare ancora di più questo romanzo.
Conclusioni: ora, io mi chiedo se il valore di un romanzo, come in questo caso, possa essere dato solamente dalla forte militanza politica o ideologica dell’autore, e se non debba essere giudicato a partire dal suo contenuto letterario. Di un romanzo non m’interessa da chi sia stato scritto, se da un’assassina, una ladra, una prostituta, una santa, una suora. M’interessa che cosa sa scrivere e come lo scrive. Può trattare qualsiasi argomento, anche il più scabroso, e può essere di qualsiasi lunghezza: ho affrontato romanzi di seicento pagine, divorandoli, e ho arrancato lungo romanzi di sessanta pagine. Il punto in una produzione letteraria è solamente uno: la scrittura.
Mi è capitato anche di leggere opere di premi Nobel, e di chiedermi “tutto qui”? Mi è capitato invece di incontrare libri di autori poco noti, quasi per caso, e di essere rimasta stupita della loro qualità. Come sempre, i motivi per cui un autore emerge e l’altro no appartengono al campo dell’imponderabile; e lo stesso gli incontri che si fanno con loro.
E voi, ricordate un romanzo da cui vi aspettavate molto in tutti i sensi, e che vi ha fortemente deluso? Quali sono i motivi della vostra delusione?
Non mi ricordo romanzi che hanno deluso le mie aspettative in senso stretto, perché solitamente sono abbastanza intuitiva. Invece potrei menzionare tantissimi film…
Però mi trovo, proprio adesso, in una situazione simile a quella descritta da te. Si tratta di un romanzo di un autore che non conoscevo, Erik Valeur, danese. Quindi non c'erano aspettative, se non quelle create dalle recensioni, che lo presentavano come un thriller dinamico e ricco di colpi di scena.
L'incipit mi ha fatto quasi addormentare. Era impostato come un reportage giornalistico, senza creare la benché mini ma empatia. Quando stavo per mollarlo, mi sono detta "Chiara, finisci almeno il capitolo", e così ho fatto. Negli ultimi paragrafi si è ripreso un po', suscitando il mio interesse, così sono andata avanti. Sto ancora continuando, ma devo ancora capire se mi piace. La storia "gialla" è molto intrigante (dalla prefazione ho intuito che è ispirata a una storia vera) ma c'è tanto di quell'infodump che… aiuto! E anche tanti refusi. Continuo a leggere, nell'attesa di decidere cosa fare. Ti terrò aggiornata! 🙂
Io comincio davvero a diffidare delle recensioni dei critici, a questo punto. Ce n'è uno sul Corriere della Sera, che solitamente parla di se stesso oppure dei libri che vanno per la maggiore. Di solito, se scrive elogi sperticati, ho imparato a tenermi alla larga dagli scrittori che incensa. Una mia amica ha letto "La verità sul caso Harry Queber" di Joel Dicker, uno di quelli che esaltava, e l'ha trovato un'emerita schifezza. Tu l'hai letto, per caso?
Anch'io do sempre una possibilità all'autore, infatti sono della categoria dei lettori lo-finisco-costi-quel-che-costi, alle volte però è una faticaccia. Per quanto riguarda il fatto di non capire se piace o non piace, è capitato anche a me con un altro romanzo, che non cito perché è di un esordiente. Non riuscivo a capire se mi piacesse o meno… Alla fine ho dato un 6+, il + era per l'idea di base, ma secondo me non era adatto per un romanzo, bensì per uno splendido racconto. Averlo tradotto in un romanzo l'ha allungato inutilmente.
Sì, dai, tienimi aggiornata sulla tua lettura, sono curiosa! 🙂
Io leggo soprattutto le recensioni dei lettori, su Amazon e IBS, perché le trovo più disinteressate. E, a volte, le scrivo anche. 🙂
Ho letto "La verità sul caso Harry Quebert", non l'ho trovato un capolavoro, però nemmeno così terribile. Si riesce a leggere, ma ho trovato agghiaccianti e irrealistici sia i dialoghi fra Marcus e la madre (personaggio stereotipato da morire) sia quelli fra Harry e la ragazzina, di cui ora non ricordo il nome, perché l'ho letto due anni fa. La storia "acchiappa" abbastanza per quel che riguarda il giallo, ma la parte sentimentale è superficiale e ridicola. Nel complesso, però, la sufficienza gliela do.
Il romanzo che sto leggendo si sta riprendendo un po'. Ne ho letto il 25% sul kindle, quindi un quarto, e inizio a capirne un po' di più. Forse dovevo solo familiarizzare un po' con la vicenda e i personaggi. Per ora continuo, poi si vedrà… Ha 783 pagine, quindi se decido di mollarlo devo farlo il prima possibile!
Io leggo le recensioni in rete, ma solitamente dopo aver letto il libro, cioè quando devo scrivere la recensione sul blog. Di solito le leggo su Qlibri, che è un sito interessante.
Mi confermi che "La verità sul caso Harry Quebert" ha dei gravi difetti. La mia amica invece diceva che proprio la storia gialla non stava in piedi. A me era passata la voglia di leggerlo, anche prendendolo in biblioteca.
Caspita, 783 pagine è un librone! Mi dirai se poi sarai riuscita ad arrivare in fondo alla tua fatica. 🙂
Sì, sono tanti purtroppo e ne ho parlato da me più volte, anche di recente. Di base non sopporto il romanzi che non decollano, sempre lì a girare attorno al punto cruciale che dovrebbe essere il cuore della storia, da come poi viene pubblicizzato in copertina e invece niente, rimane al palo. Bacio Sandra
Ciao Sandra, grazie per il tuo commento! Ci sono in effetti romanzi che girano in giro al punto, ma alle volte dipende anche dalla nazionalità dell'autore.
I giapponesi sono così, ad esempio Murakami che a me piace molto. Però l'ultimo suo che ho letto non mi è piaciuto ("L'uccello che girava le viti del mondo"), perché alla fin fine non ho capito il messaggio del libro.
Paradossalmente sono molto più oggettiva a giudicare i film piuttosto che i libri. Di un film riesco quasi sempre a scindere il giudizio tecnico da quello personale. In un libro no. Alla fine penso che la lettura sia un'esperienza così immersiva che il nostro giudizio su un libro dipende almeno al 80% dal nostro stato mentale. Io ho avuto il periodo "epica medioevale/rinascimentale" mi sono sciroppata mezza letteratura in francese medioevale (più che mezza, credo), tutta l'epica italiana fino alla Gerusalemme Liberata e ho amato tutto alla follia. Perché nessuno me l'aveva imposto, perché era il mio modo di sentire, perché… Vai a sapere. I capolavori dell'ottocento francese? Lo so che sono capolavori, ma, sarà che me li hanno imposti al liceo, sono stati una delusione dopo l'altra…
Di questo libro in particolare ho sentito anch'io opinioni contrastanti, ma non l'ho letto. Può darsi che parli all'anima di qualcuno e non ad altre… Forse solo non era il momento giusto per te di leggerlo. Oppure è davvero pessimo.
Di sicuro, dopo il tuo post, io me ne terrò lontana.
Grazie del tuo commento! Sì, per quello ho scritto che i libri sono come le persone e che scattano antipatie/simpatie istintive. A me piace molto, ad esempio, Anna Maria Ortese, di lei avevo letto quasi tutto. Ha un modo di scrivere strano, con temi ancora più strani… che mi affascinano.
Forse dipende anche dal momento in cui leggiamo o anche dalla personalità dell'autore, che inevitabilmente trapela dietro il libro. Ho trovato "L'arte della gioia" a tratti incomprensibile, molto spesso irritante.
Sembrerà strano, ma non mi capitano grandi delusioni perché… leggo in ritardo. Mi tengo infatti lontana – volutamente – dai discorsi sulla qualità di questo o quel libro dibattuto o osannato. Questo mi mantiene in uno stato di non molto beata ignoranza, da un lato, ma mi permette anche di arrivare a molti libri in seconda battuta, quando già circolano i pareri dei lettori e le eventuali fregature sono già intuibili tra le righe.
E fai bene! Io stessa seguo questo metodo, ad esempio "Il nome della rosa" e "L'insostenibile leggerezza dell'essere" li lessi alcuni anno dopo, a bocce ferme. Il punto è che mi ero fidata del parere della collega, con cui di solito avevo gusti simili. Ma non sempre funziona il passaparola, a quanto pare.
Ti dirò che ho fatto persino fatica a scrivere questa recensione, è un libro che mi è risultato pesante in tutti i sensi.
C'è sempre un margine di errore, proprio come per i consigli di ristoranti. 😉
Ahah, è vero! Non si può mai star tranquilli. Oltretutto non posso nemmeno pigliarmela con la collega, perché l'ho persa di vista da moltissimo tempo.
Sono anni che giro intorno a "L'arte della gioia". Ogni volta che lo vedevo in libreria mi sentivo quasi in dovere di prenderlo, ma all'ultimo momento gli ho sempre preferito, istintivamente, qualche altro libro. E, da brava lettrice diligente, nutrivo, lo confesso, un certo senso di colpa per non averlo ancora letto, quando ne sentivo discutere gli altri. Dopo il tuo post mi sento meno in colpa! Assai meno!!!
Vedi che i romanzi "emettono" qualcosa? Il titolo, nonostante tutto, è bellissimo. Tra le recensioni in rete che ho letto, però, è stato definito "L'arte della noia"! e una lettrice siciliana si è indignata nel sentirlo paragonare a "Il Gattopardo".
Non vedo l'ora di leggere il post sull'armadietto 🙂
Capisco il tuo fastidio di fronte alle aspettative, delusioni ce ne sono state per me, ma devo dire che mi fido sempre meno del giudizio dei critici o dei libri troppo acclamati. L'istinto conta molto di più, anche se non mi mette sempre al riparo dalle fregature.
Comunque, penso che la cosa peggiore sia restare delusi da autori che già conosciamo e che magari in passato ci avevano entusiasmato.
Scriverò il post sull'armadietto quanto prima: se lo merita! 🙂
Per quanto riguarda gli autori che ci avevano entusiasmato, e che ci deludono, è pur vero che come lettori cambiamo e diventiamo magari più esigenti. O, viceversa, ci aspettiamo che un autore scriva sempre nello stesso modo o tratti sempre gli stessi temi, invece di sperimentare nuove strade.