Ho voluto dare un titolo da “guardoni” al post per introdurre un argomento che ogni tanto ritorna nell’ambito delle mie letture e delle discussioni con gli amici.  È riaffiorato grazie a un recente post di Tenar “Vedi alla voce ‘scrittore’”, in modo particolare leggendo i punti che riguardano il genio e la sregolatezza come l’assunzione di alcool o stupefacenti, o altri comportamenti fuori dalle righe.

Il mio post però non riguarda tanto come si pone lo scrittore con se stesso, ma del lettore in rapporto alla vita privata dello scrittore, e cioè: quanto siamo desiderosi di sapere di più anche sulla vita privata di uno scrittore? E, soprattutto, quanto ci influenza la sua biografia nella valutazione della sua opera, o influenza tanta critica letteraria?

Ci sono diverse categorie anche in questo senso, e ho provato ad etichettarle:

“Mirame” di Ruurmo 

· Il lettore-voglio-saperne-di-più. Ci sono lettori che partono dall’opera e poi, se piace, desiderano anche informarsi sul tipo di esistenza che fece l’autore. Alcuni sono anche invogliati a leggere una biografia o autobiografia, se la vita risulta particolarmente movimentata e potrebbe solleticare il suo lato “gossiparo”.

· Il lettore-io-vado-sul-sicuro. Ci sono lettori che, al contrario, partono dalla biografia, magari perché l’autore è celebre e campeggia sulle pagine dei giornali o passa in televisione, e di conseguenza leggono l’opera. O addirittura conoscono l’autore personalmente, e quindi sono incuriositi da quello che scrive.

· Il lettore-non-voglio-saper-niente. Ci sono lettori che non sono per nulla attirati dai fatti personali dello scrittore, e anzi si rifiutano di andare alle presentazioni dei suoi libri anche avendone la possibilità. Vogliono scorporare la vita privata dalla letteratura, e temono di perdere lucidità di giudizio per simpatia o antipatia conseguenti.

Penso di collocarmi nella prima categoria, cioè del tipo di lettore che parte dall’opera, di solito consigliata da qualcuno che l’ha letta e la promuove positivamente, e poi ha voglia di leggere qualche notizia in più sull’esistenza dell’essere umano-autore. Non penso, con questo, di farmi influenzare nel mio giudizio, o almeno spero! Ogni opera non è solo lo specchio del suo tempo, ma lascia intravedere anche chi l’ha scritta. Persino Gustave Flaubert, che ripudiò il punto di vista onnisciente e che sosteneva come l’autore non debba scorgersi dietro i personaggi, trapelava eccome… se non altro per il suo ossessivo controllo stilistico, che aprì la strada al romanzo moderno. Se non sapessimo nulla della vita di Dostoevskij, come il fatto che si trovò davanti al plotone di esecuzione e fu a un soffio dalla morte, forse non potremmo cogliere in pieno l’incandescenza delle sue pagine; se ignorassimo che Ernest Hemingway era dedito alla bottiglia, oltre che alla scrittura, tralasceremmo alcune considerazioni; se ci rifiutassimo di sapere che le sorelle Brönte vivevano nella selvaggia brughiera, e che dovettero pubblicare con uno pseudonimo maschile, potremmo passar sopra a molte sfumature.

La questione riguarda tra l’altro ogni campo della creatività, e in modo particolare le tre forme di creatività che amo di più, e che sono interconnesse in questo blog: SCRITTURA, ARTE e POESIA.

Per questo motivo vi propongo tre esempi, uno per ogni campo, di autori dalla vita particolarmente movimentata oppure tormentata, e in cui la biografia può mettere in ombra l’opera. Spiegherò perché ho scelto loro e, delle vite, inserirò solo alcuni aspetti tratti da Wikipedia, che considero sostanzialmente esatti avendo letto alcune biografie.

SCRITTURA


Emilio Salgari, una vita tormentata


Perché lo amo: è stato l’autore della mia infanzia, quando ero in un’età (10-14 anni) in cui non avevo certamente né l’indipendenza né i mezzi economici per viaggiare. Con i suoi corsari e i suoi pirati ho attraversato la giungla, combattuto duelli contro temibili nemici e schivato agguati mortali. Ho anche conosciuto l’importanza dell’amicizia e della fedeltà, che sono validi per ogni stagione della vita.

  • Esordì come scrittore nelle appendici dei giornali. Nel 1883 pubblicò a puntate sul giornale veronese La nuova Arena il romanzo La tigre della Malesia (riedito come Le tigri di Mompracem), che riscosse un notevole successo, ma non ne ebbe alcun ritorno economico significativo
  • Nel 1887 morì la madre, mentre nel 1889 vi fu il suicidio del padre: credendosi malato di una malattia incurabile, Luigi Salgari si gettò dalla finestra della casa di alcuni parenti. 
  • Nel 1892, Emilio sposò Ida Peruzzi, un’attrice di teatro, con cui poi si trasferì a Torino. 
  • Tra il 1892 e il 1898 pubblicò circa una trentina di opere. Il motivo di tutto questo lavoro erano i debiti che Salgari continuava ad accumulare. Nel 1896 lo scrittore firmò un altro contratto con altri editori. Nel 1897, venne insignito dalla Real Casa del titolo di “Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia”. Ciononostante la sua situazione economica non migliorò, anzi a partire dal 1903 – quando la moglie iniziò a dare segni di folliasi moltiplicarono i debiti che fu costretto a contrarre per poter pagare le cure. Nel 1910 la salute mentale della donna peggiorò ulteriormente e nel 1911 dovette entrare in manicomio.
  • I contratti obbligarono Salgàri a scrivere tre libri l’anno e per mantenere quei ritmi fu costretto a scrivere tre pagine al giorno. Più che un problema di sottocompensi in proporzione alla mole di lavoro, il suo esaurimento nervoso fu dovuto soprattutto alla fatica e alla stanchezza. Non era nemmeno considerato dai circoli letterari dell’epoca. Stressato e umiliato, rimase da solo e con i figli da accudire. Sempre più depresso, nel 1909 tentò per la prima volta il suicidio, gettandosi sopra una spada, ma venne salvato in tempo.
  • Infine, la tragedia: la mattina di martedì 25 aprile del 1911 Salgàri lasciò sul tavolo tre lettere e uscì di casa. Il corpo fu ritrovato in un parco con la gola e il ventre squarciati in modo atroce. In mano stringeva ancora il rasoio. Si uccise come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, facendo harakiri.

Coin de table di Henri Fantin-la-Tour.
Paul Verlaine e Arthur Rimbaud sono i primi sulla sinistra.

POESIA


Arthur Rimbaud e Paul Verlaine, una relazione tumultuosa

Perché voglio bene a entrambi: loro sono stati i compagni della mia adolescenza, quando, ai tempi del liceo, vestivo con abiti scuri e camicette bianche con jabot e, insieme alle amiche, mi atteggiavo a fare la dandy decadente.

Mi hanno fatto comprendere le dinamiche, sofferenze e gelosie comprese, degli amori omosessuali. E, naturalmente, mi hanno esaltato con le loro splendide poesie.

  • Nel 1867 compare nella vita di Paul Verlaine, già poeta affermato, il diciassettenne Arthur Rimbaud, che va a turbare gli agi borghesi nei quali il poeta si era adagiato. Chiamato da Verlaine a cui ha inviato qualche lirica, Rimbaud comincia con lui una relazione amorosa e una vita di vagabondaggio. Verlaine lascia allora la moglie e il figlio, Georges (nato il 28 ottobre 1871), per seguire il giovane poeta e compagno di vita in Inghilterra e in Belgio. Durante questi viaggi Verlaine scrive Romances sans paroles.
  • Questa relazione termina dolorosamente: nel 1873, i due poeti sono a Londra. Verlaine abbandona tutto d’un tratto Rimbaud, affermando di voler tornare dalla moglie, deciso, se ella non lo riaccettasse, a spararsi. Trasloca quindi in un albergo a Bruxelles. Rimbaud lo raggiunge, persuaso che Verlaine non avrebbe avuto il coraggio di mettere fine ai suoi giorni. Nel momento in cui Rimbaud lo vuole lasciare, Verlaine, ubriaco, gli spara due colpi di pistola, ferendolo leggermente a una mano.Verlaine viene così incarcerato a Mons, Rimbaud invece raggiunge la fattoria di famiglia a Roche, nelle Ardenne, dove scrive Une saison en enfer. Verlaine è condannato a due anni di prigione per sodomia, sebbene Rimbaud avesse dichiarato di non voler denunciare il suo compagno per essere stato ferito,
  • Nel 1885 Verlaine divorzia ufficialmente dalla moglie, e sempre più schiavo dell’alcol tenta di strangolare la madre, finendo nuovamente in carcere. A partire dal 1887, mentre s’accresce la sua fama, Verlaine cade nella miseria più nera. Le sue condizioni di salute intanto peggiorano, aggravate dal suo alcolismo ormai cronico e da una malattia venerea contratta a causa della sua continua frequentazione di prostitute. Nel 1896 muore a causa di una polomonite.
  • In quanto a Rimbaud, dopo lunghi vagabondaggi si stabilisce Africa, dove si mette a fare il mercante e, si dice, anche il commerciante di schiavi. Ritornato in Francia, gli viene diagnosticata una cancrena al ginocchio destro, per la quale gli viene amputata una gamba. Muore all’età di trentasette anni nel 1891.


ARTE 


Pablo Picasso, il classico genio egoista e le donne


Perché lo detesto cordialmente: va bene, era un genio e ha innovato l’arte come nessuno prima di lui, scardinando le rappresentazioni tradizionali, e trasformando le sue opere, in ogni corrente, come un camaleonte. Ma le sue opere non mi piacciono in nessuno dei suoi periodi (ad esempio, nel periodo cubista, tra lui e Braque preferisco Braque!), e ho il sospetto che gran parte della mia antipatia sia derivata da lui come persona.

  • Pablo Picasso ebbe quattro figli da tre donne diverse e numerose relazioni extra-coniugali. Nel 1918 sposò a Parigi Ol’ga Chochlova, una ballerina. La Chochlova introdusse Picasso nell’alta società parigina degli anni venti. I due ebbero un figlio, Paulo. 

  • L’insistenza della moglie sul corretto apparire in società collideva però con lo spirito bohémien di Picasso creando tra i due motivi di continua tensione. Nel 1927 Picasso conobbe la diciassettenne Marie-Thérèse Walter e iniziò una relazione con lei. Il matrimonio con Ol’ga Chochlova si concluse in una separazione anziché in un divorzio, perché secondo le leggi francesi un divorzio avrebbe significato dividere equamente le proprietà della coppia tra i due coniugi, cosa che Picasso non volle fare. I due rimasero legalmente sposati fino alla morte della Chochlova, avvenuta nel 1955. 
  • Dalla relazione con Marie-Thérèse Walter nacque la figlia Maia. Marie-Thérèse visse nella vana speranza di unirsi in matrimonio all’artista e si suiciderà impiccandosi quattro anni dopo la sua morte. Anche la fotografa Dora Maar fu amica e amante di Picasso. I due si frequentarono spesso tra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta.
  • Dopo la liberazione di Parigi nel 1944, Picasso divenne il compagno di una giovane studentessa d’arte, Françoise Gilot. Insieme ebbero due figli, Claude e Paloma. Fu lei, unica tra le tante, a lasciare l’artista, stanca delle sue infedeltà. 
  • Qualche anno dopo conobbe Jacqueline Roque nella fabbrica di ceramiche Madoura a Vallauris, mentre lavorava alla produzione di ceramiche da lui decorate. I due si sposarono nel 1961 e rimasero insieme fino alla morte dell’artista.

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E a voi quanto interessano le notizie sulla vita di uno scrittore, un poeta, un artista, un attore, un regista, o anche un musicista? Vi sentite sufficientemente obiettivi nel valutare le loro opere, oppure vi fate influenzare da personali simpatie o antipatie?