Qui però vorrei parlarvi proprio del nome di fantasia che alcuni scrittori usano per proporre le loro opere ai lettori, e lo faccio a ragion veduta avendo adottato io stessa uno pseudonimo per i miei romanzi storici. L’enciclopedia Treccani ci spiega che nella seconda accezione, quella che ci interessa, lo pseudonimo è: Nome diverso da quello reale usato da uno scrittore, un poeta, un giornalista, un artista e sim. che non voglia o non possa firmare le proprie opere con il vero nome: Giuseppe Baretti pubblicava la «Frusta letteraria» con lo p. (o sotto lo p.) di Aristarco Scannabue; Alberto Savinio è lo p. di Andrea De Chirico. Sotto l’aspetto giuridico, lo pseudonimo è tutelato dalla legge quando abbia acquistato la stessa importanza del nome, con le stesse modalità che difendono il diritto al nome.
Ci sono stati pseudonimi famosi e in letteratura e nel giornalismo. Infatti l’uso dello pseudonimo andava per la maggiore nei secoli XIX e XX. Oltre a quelli menzionati da Treccani vorrei ricordare tra gli italiani Alberto Moravia (Alberto Pincherle), Carlo Collodi (Carlo Lorenzini), Italo Svevo (Ettore Schmitz), Poliziano (Agnolo Ambrogini), Trilussa (Carlo Alberto Salustri). Tra gli stranieri troviamo Stendhal (Marie-Henri Beyle) o la più recente scrittrice inglese J.K. Rowling, che, dopo lo straordinario successo della serie di Harry Potter, ha pubblicato sotto pseudonimo maschile il suo romanzo poliziesco The Cuckoo’s Calling con lo pseudonimo di Robert Galbraith. Il campione nell’uso degli pseudonimi sembrerebbe essere il poeta Fernando António Nogueira Pessoa, che ha adottato nel tempo lo pseudonimo di Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares.
Già, ma quali sono i motivi per cui uno scrittore dovrebbe adottare uno pseudonimo invece del suo nome e cognome anagrafici? Le ragioni possono essere le più svariate. Provo ad elencarne alcune:
1 non è soddisfatto del suo nome e cognome, in quanto gli sembra che non abbia un impatto sufficiente (troppo comune), o che scopra troppo le sue origini o che sia addirittura ridicolo;
2 ha qualcosa di losco da nascondere. C’è un film molto interessante, Sotto falso nome per la regia di Roberto Andò del 2004, che vi consiglio di vedere perché, ancora una volta, tratta del contrasto tra apparenza e realtà, tra menzogna e verità. Nel film l’attore francese Daniel Auteuil impersona uno scrittore di successo – il classico scrittore di un solo libro – come al solito non simpatico, e ossessionato dalla riservatezza; e, in occasione di una presentazione, una signora insinua che egli abbia adottato uno pseudonimo per nascondere qualche magagna. Ovviamente la signora ci ha preso in pieno, ma non vi dico nulla perché, se non avete visto il film e vi incuriosisce, vi rovinerei la sorpresa.
Una scena del film “Sotto falso nome”. |
4 vuole immergersi fino in fondo nel mondo in cui scrive, e quindi per realizzare questa magica alchimia si serve anche di una pseudonimo. Questo accade spesso nel genere fantasy o del romanzo storico, ma anche nel poliziesco o giallo quando lo scrittore vuole essere tutt’uno con il suo protagonista o investigatore. Ellery Queen, ad esempio, è lo pseudonimo dei due cugini statunitensi Frederic Dannay, nato Daniel Nathan ma registrato all’anagrafe come David e Manfred Bennington Lee, nato Manford Lepofsky ma registrato all’anagrafe come Emmanuel (avete già il mal di testa, vero?). Il loro famoso investigatore Ellery Queen porta lo stesso nome del loro pseudonimo.
5 intende erigere delle difese tra sé e il mondo. In fondo, presentandosi con un nome finto, lo scrittore ha l’impressione che possa reggere meglio gli urti di un inevitabile confronto tra sé e i suoi lettori. Potrebbe persino arrivare a dire: “ma non l’ho scritto io, bensì il mio alter ego che pubblica a nome mio!” se ha qualche caratteristica del punto 3.
Da qualsiasi parte si voglia considerare la questione, quel che è certo è che lo pseudonimo è una maschera e una forma di camuffamento.
Per quanto mi riguarda, spesso mi chiedono come mai ho scelto uno pseudonimo per i miei romanzi storici, e uno pseudonimo che potrebbe risultare persino pomposo: cavaliere. I miei motivi sono stati molteplici, ma essenzialmente volevo avere qualcosa di maschile nel mio cognome, e anche di storico, in modo che risultasse visibile il mio legame appassionato con la Storia. Ho scelto questa figura perché, per me, il cavaliere è un esploratore. Come tale, viaggia, nello spazio e nel tempo, e non sempre fisicamente. Può viaggiare anche con la fantasia, e fare incontri altrettanto straordinari.
E voi, che cosa pensate della scelta di uno pseudonimo in letteratura o anche come semplice nickname sul web? Avete mai pensato di adottare uno pseudonimo per presentare le vostre opere e, se sì, quale?
Sei sempre profonda e interessante (non conoscevo tutti gli pseudonimi di Pessoa, che in effetti conosco poco anche a livello di opere). In generale il mio nome mi piace, mi piace molto anche il mio nickname Tenar (nella pagina "Chi è Tenar?" c'è il link al post esplicativo sul nome). All'inizio ho pubblicato un racconto in un'antologia a nome Tenar, poi ho pensato che, visto che è così difficile pubblicare e far accettare il fatto che "sì, scrivo e me la cavo, grazie" tanto valeva semplificare la vita e pubblicare a mio nome. Così papà è contento. In realtà mi sono chiesta più volte se, nel caso dovessi arrivare a pubblicazione con un romanzo davvero non adatto ai miei alunni o dalle tematiche molto forti se non mi convenisse pubblicare sotto pseudonimo. Il rischio però è minimo, l'unica opera che ho scritto e che abbia queste caratteristiche è il thriller storico. Alla fine nessuna casa editrice di livello ha voluto pubblicarlo e, per una volto, ho vigliaccamente pensato che questo mi togliesse un sacco di problema, compreso quello dello pseudonimo.
Grazie mille per il tuo commento, Tenar. Anch'io conosco poco Pessoa, ma ho scoperto la questione degli pseudonimi nel documentarmi per il post. Per quanto riguarda pubblicare con il tuo pseudonimo oppure con il nome vero… beh, se il papà è contento, c'è poco da dire! 🙂
Il tuo cognome tra l'altro rimane impresso, ha un suono forte. Hai per caso fatto ricerche sulla sua origine?
A me i cognomi affascinano. Il mio (Rossi), per quanto comune, dovrebbe avere un'origine celtica o normanna. Da una piccola ricerca fatta qualche tempo addietro risulta che è particolarmente diffuso in Scozia (clan Ross) e nello Yorkshire.L'origine celto-germanica del cognome Ross è identica anche per i cognomi italiani Rossi, De Rossi, Russo. Naturalmente è riferito al colore dei capelli rossi o rossicci. Nelle lingue germaniche Ross significa anche cavallo a causa del colore fulvo del mantello più diffuso (bàio). Da qualche altra parte invece avevo letto che i Rossi erano diventati una famiglia di mercenari molto attiva in Emilia Romagna.
Penso di mantenere lo pseudonimo solo per i romanzi storici, se dovessi scrivere un romanzo di altro genere, penso che ritornerei serenamente al mio cognome. Invece Cristina è proprio il mio nome e Maria il mio secondo.
Se chiedi lo spiegane… Lo spiegane arriva.
Tutti i Mecenero vengono da Contrada Mecenero, frazione di Crespadoro, in provincia di Vicenza. Pare che nel tardo '600 un ramo si sia staccato andando a formare i Meccenero (esiste anche contrada Meccenero, in un comune vicino). Secondo uno dei miei zii che ha fatto ricerche dovrebbe indicare una professione "campanari" praticata originariamente nella contrada.
Ehm… Spiegone.
Grazie dello spiegone! 🙂 Interessante la questione dei campanari, avevo visto una trasmissione dove c'è una coppia nel Nord Italia (ma non ricordo esattamente dove) che pratica il "tiraggio" delle campane ancora a mano, secondo tradizione, e spera di trasmettere la cosa ai figli.
L'origine del cognome fa spesso risalire alle nostre migrazioni, interne o esterne all'Italia, o invasioni, Una mia collega che si chiama Airoldi mi diceva che il suo cognome sembrerebbe avere origini saracene.
Un altro autore che ha utilizzato parecchi pseudonimi è stato Georges Simenon, agli inizi della sua carriera.
Io non ho mai pensato di usarne uno: è già difficile scrivere, e gestire un'altra identità è solo un'ulteriore complicazione.
Ciao, Marco, grazie per il commento. Di Simenon ho letto molto: alcuni dei suoi romanzi e moltissimi gialli della serie Maigret, ma non sapevo dei suoi molti pseudonimi.
Per quanto riguarda la tua ulteriore riflessione, hai ragione. Sai quante persone sono convinte che io mi chiami proprio Cavaliere, e si confondono con i miei dati anagrafici, ad esempio quando devono inviarmi la notifica di un concorso per posta, oppure una tessera associativa? Corro il rischio di non ricevere niente!
Io ero convintissima che Cavaliere fosse il tuo vero cognome e mi sono anche scervellata parecchio sulla M. (Maria? Margherita?) Però il mondo è pieno di gente che crede che io mi chiami veramente Elena, quindi non posso esattamente permettermi di scagliare la prima pietra 😀
Io all'anagrafe mi chiamo solo Elisa, ma mi sono aggiunta un secondo me (anche se solo come "nome d'arte") per evitare casi di omonimia. Dalle mie parti, il mio cognome è diffusissimo, il nome Elisa è uno dei più usati in Italia… Insomma, in paesino di soli 6000 abitanti siamo in tre con lo stesso nome e questa situazione mi va un po' stretta! Sarò egocentrica, ma non mi va di condividere il nome con troppa gente 🙂
L'uso dello pseudonimo denota senz'altro voler spiccare, in qualche modo. Spiccare ma anche nascondersi, in un certo senso. Il discorso potrebbe risultare un po' schizofrenico, ma è così, almeno per quanto mi riguarda. 😉 Elisa è molto usato in Italia, forse se la gioca insieme a Giulia.
Nel mondo teatrale gli pseudonimi si usano, o è solo un vezzo del mondo letterario?
Nel mondo del teatro e soprattutto del cinema erano usatissimi fino a qualche decennio fa. Immagino saprete tutti che le varie Sophia Loren, Marilyn Monroe e Greta Garbo non si chiamavano veramente così. All'epoca, per avere successo, serviva un nome, per così dire, "telegenico". Un nome che si imprimesse nell'immaginario comune.
Adesso, a quanto ne so, soprattutto in ambiente teatrale si tende a presentarsi con il proprio vero nome.
Elisa è un nome molto diffuso, ma per fortuna le Giulia non le batte nessuno!
Vero, nel mondo televisivo si usavano molto i nomi d'arte.
Comunque Elisa e Giulia sono entrambi nomi bellissimi e di nobile discendenza. Giulia deriva proprio dal latino, dalle genti giulie.
Ho guardato ora anche per Elisa e riporto da wikipedia:
Inizio citazione
"L'origine del nome non è univoca: viene perlopiù indicato come una forma tronca di Elisabetta, nome di origine ebraica dal significato a sua volta incerto (forse "Dio è giuramento"). Vi sono però altre ipotesi sulla sua origine: una lo ricollega al nome latino Elissa, anch'esso di origine incerta, forse basato sul greco elìsso, "girare attorno"; Elissa comunque ha a sua volta doppia origine, essendo anche una forma inglese dello stesso nome Elisa. In altri casi viene ricondotto al nome Eliseo, che significa "Dio è salvezza", o ancora al nome Eloisa."
Fine citazione
A pubblicare sotto pseudonimo non ho mai pensato. Quando ho iniziato a scrivere e mi sono tuffata nella rete, usavo il nickname "Tar-Alima", che era il titolo del mio primo romanzo e anche il nome di una città che vi compariva, ma mi è venuta voglia abbastanza presto di usare il mio nome. Con tutto quello che maschera, o semplicemente altera in qualche modo la persona (trucco, abbigliamento, ipocrisia, maschere vere e proprie) tendo ad avere un pessimo rapporto. 🙂
Alle volte l'uso dello pseudonimo, o anche del nickname in rete, può essere un modo per giocare. Nel mio caso, il gioco si fa… storico, avendo scelto un personaggio medievale classico. Un po' come ci si traveste a Carnevale, cosa che mi è sempre piaciuta tantissimo da bambina, in quanto potevo finalmente interpretare un'altra parte. Non era un caso che mi piacesse in modo particolare il costume da regina Maria Antonietta, dismesso da un'amica ricca e che avevo prontamente fatto mio! 🙂
Io ci avevo pensato seriamente, per motivi troppo lunghi da spiegare ma che si possono riassumere dicendo che volevo mantenere separate le mie velleità scrittorie dal resto della mia vita lavorativa. Poi ho lasciato perdere.
Mi viene comunque da domandarti, visto che hai adottato uno pseudonimo, se non avverti disagio ad avere una specie di controparte scrittrice che non coincide con la Cristina della vita privata. Non so se mi sono spiegata in modo chiaro… 🙂
Ti sei spiegata benissimo! All'inizio quando mi interpellavano come "Cavaliere" non mi giravo neanche, tu pensa! Per me Cavaliere era un'altra persona, così andavo leggermente fuori registro.
Proprio di recente, quando ho fatto il firma-copie organizzato dall'editore a Ponte Chiasso c'è stato un siparietto con il finanziere italiano. Come ti avevo detto, occorre scendere con il treno a Chiasso (Svizzera) e poi attraversare a piedi la frontiera per rientrare in Italia e arrivare a Ponte Chiasso, un quartiere di Como. Dopo il firma-copie ho riattraversato la frontiera per prendere il treno, e sono stata fermata da un finanziere. che mi ha chiesto dove abitavo e quali erano i motivi che mi avevano portato in Svizzera, se per lavoro o turismo. All'inizio ho detto Sesto san Giovanni, perché avevo in mente il treno per Sesto, poi mi sono subito corretta dicendo: "Ah, no! Cinisello!" Alla domanda sui motivi l'ho guardato con occhio vitreo, perché non ero andata in Svizzera, bensì in Italia, e non era né lavoro né turismo. Così la risposta non rientrava nel mio casellario mentale. Poi ho detto che ero andata a fare questa presentazione. Se mi avesse chiesto il cognome, probabilmente avrei detto: "Cavaliere", correggendomi in "Rossi" al che avrebbe dedotto che ero un caso disperato, visto che non sapevo dove abitavo, cosa andavo a fare e quale fosse il mio cognome. Meno male che ha capito il tipo, e mi ha rilasciata senza fare altre domande!
ahahaha 😀 Mi sono immaginata la scena. Poverino lo svizzero (conoscendo i tipi) sarà rimasto sconvolto!
Verissimo, poi è come se avessi un display luminoso in fronte, scorrono tutti i pensieri… A proposito, hai mai fatto ricerche sull'origine del tuo cognome? 🙂
In realtà no, però mio nonno ne fece molte e venne fuori che era di origine francese. Non ricordo altro, magari prima o poi approfondirò anche io!
Mais oui! 🙂
Cavaliere è un cognome diffusissimo dalle mie parti, anche il mio vicino di casa si chiama così! 🙂
Quanto alla Rowling, pare che abbia scelto lo pseudonimo per segnare una scissione fra la saga di Harry Potter e la nuova serie, di tutt'altro genere, dedicata all'ispettore Cormoran Strike. Oltre a "Il richiamo del cuculo", che tu hai citato con il suo titolo originale, c'è anche "Il baco da seta", sempre piacevole seppur di tono minore rispetto al primo volume. 🙂
Ciao Chiara, grazie per il commento! … che poi, banalmente, Cavaliere è "uno che va a cavallo", attività molto diffusa una volta. 😉 Quindi niente di che.
La tua osservazione sulla Rowling mi ha fatto venire in mente anche l'utilizzo delle collane nelle case editrici. Parlando del settore in cui lavoro, la scolastica per le lingue straniere, a volte decidono di aprire una nuova collana con un marchio differente, proprio per marcare meglio che si tratta di prodotti di livello più basso rispetto allo standard.
Chiara, e tu hai mai fatto ricerche sull'origine del tuo cognome? Dovrebbe essere molto mediterraneo.