Nel post dedicato al Leviatano 1. ho parlato della necessità di aderire in maniera fedele all’aspetto fisico che avevano i personaggi storici celebri, sulla base di testimonianze che siano il più possibile concordi. Se lo avete perso e desiderate leggerlo, lo trovate qua.
Dettaglio superiore dal frontespizio del Leviatano di Thomas Hobbes 1ª ed. originale1651 |
In questo post parlerò di un lato ancora più insidioso, e cioè su quella strana commistione che si viene a creare tra eventi concreti e lavoro dell’immaginazione, portando al:
di un personaggio celebre
La questione del giusto equilibrio tra la realtà e la fantasia è l’annosa questione di quanto possa uno scrittore, un drammaturgo o un regista far agire a suo modo persone realmente esistite, e trasformare fatti veramente accaduti, senza commettere un falso storico. Ecco alcuni esempi di modifiche importanti in tre campi particolarmente fertili, dove il tradimento del personaggio è stato pressoché completo, eppure non privo di fascino.
CINEMA
Ecco a voi un celebre “tradito” nella storia del cinema, cioè il compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart. Nel film Amadeus di Milos Forman, tratto un dramma teatrale di Peter Shaffer (lo vidi a teatro poi, ed era identico), l’ormai anziano compositore Antonio Salieri si trova chiuso in un manicomio in seguito a un tentato suicidio, perché convinto di essere l’assassino del suo rivale Mozart. Lo va a trovare un prete, animato dalle migliori intenzioni, cui Salieri racconta la storia del suo incontro-scontro con Mozart. In tutto il film Mozart viene presentato come un geniale mentecatto, e Salieri come la mediocrità personificata, e anche incarnazione dell’Invidia, quella con la “i” maiuscola che ti rode fin nel midollo delle ossa e ti porta alla dannazione eterna. Infatti l’ossessiva domanda che Salieri pone a se stesso è: “Ma io, che sono un timorato di Dio e mi sono sempre comportato bene, perché non possiedo nemmeno la centesima parte del genio di quest’individuo volgare e lussurioso?”
Tom Hulce interpreta Mozart in una scena del film |
Il film fu seguito da un’accesa polemica. Alcuni musicisti, compositori e musicologi protestarono che Mozart aveva problemi caratteriali molto forti, ma non era certo come veniva mostrato nel film. Altri aggiunsero che Salieri non poteva essere invidioso di Mozart, per il semplice fatto che era un Kapelmeister alla corte dell’imperatore austriaco e un compositore molto apprezzato, forse anche più del suo cosiddetto rivale; una storia del genere significava quindi falsare la realtà.
La visione del film mi portò a leggere una biografia arricchita dalle numerose lettere del compositore, Mozart di Hildesheimer Wolfgang. Il biografo ne tracciava un ritratto complesso, e soprattutto parlava del suo rapporto di amore-odio con il padre, da cui Mozart non riuscì mai veramente ad affrancarsi. Probabilmente a causa di questo padre-padrone che lo trascinava in giro a suonare alle corti di tutta Europa, sin da piccolissimo, la personalità di Mozart aveva conservato dei forti squilibri a livello caratteriale, come se vi fosse stata una parte di lui rimasta immatura. Per una beffa del destino lo stesso attore Tom Hulce non riuscì più a liberarsi del personaggio di Mozart, e gli furono offerte solamente parti minori.
Eppure il pezzo teatrale, e il film di conseguenza, contengono scene davvero immortali, di quelle che rimangono scolpite nella memoria. Una tra le molte, la scena in cui Mozart, appena arrivato alla corte dell’imperatore Giuseppe II, non solo ripete al clavicembalo la marcetta di benvenuto composta da Salieri, dopo averla ascoltata solo una volta, ma la corregge pesantemente tra una risatina e l’altra, mettendolo alla berlina davanti a tutti. E, soprattutto, quella in cui Mozart morente detta a Salieri la sua Messa da Requiem, e il povero Salieri riesce finalmente a gettare uno sguardo al di là del velo e a cogliere, pur arrancando, il fulgore, e anche il tormento, nella creazione di un’opera d’arte.
TEATRO
Maria Stuarda in un ritratto di François Clouet (1558) |
Di recente mi sto dedicando alla rilettura di alcuni drammi teatrali a carattere storico, per avere degli spunti nella scrittura del mio nuovo atto teatrale storico dopo Il Canarino che, nonostante il titolo, con l’ornitologia in genere ha ben poco a che fare. S’intitolerà Il diavolo nella torre e avrà come protagonista il famigerato Bernabò Visconti su cui, infatti, mi sto documentando con saggi, romanzi e biografie.
Per ritornare sul pezzo, ho riletto drammi teatrali celebri, come Riccardo III di Shakespeare, I Cenci di Artaud e Maria Stuarda di Schiller. Proprio di quest’ultimo dramma vorrei parlarvi, in quanto il grande drammaturgo tedesco, esponente dello Sturm und Drang romantico, si prende parecchie libertà con il personaggio di Maria Stuarda. Egli piega la Storia addirittura a livello anagrafico per dimostrare le sue tesi e, ovviamente, per conferire maggior impatto al dramma della protagonista.
Le vicende di Maria Stuarda sono ben note a tutti, dato che si tratta del cosiddetto personaggio storico che sembra fatto apposta per accendere la fantasia di letterati e romanzieri. Giovanissima, Maria Stuarda (o Mary Stuart) andò in sposa a Francesco II di Francia e trascorse la giovinezza alla corte francese in un clima di grande spensieratezza, protetta dal potente zio cardinale del partito cattolico dei Guisa. Rimasta precocemente vedova, ritornò in Scozia per salire al trono, e per qualche tempo riuscì a destreggiarsi bene tra le fazioni dei protestanti e dei cattolici anche grazie ad una politica di tolleranza religiosa. Sposò in seconde nozze Lord Darnley, dal quale ebbe Giacomo, il futuro re d’Inghilterra. Ebbe una vita sentimentale molto movimentata, al punto che il suo segretario e musicista Davide Rizzio, forse amante, fu assassinato sotto i suoi occhi da alcuni sgherri inviati dal marito, e Maria stessa a stento riuscì a salvarsi. Dopo altre vicissitudini, rimase vedova una seconda volta, pare a opera del losco Bothwell, con cui si sposò in terze nozze. La sua popolarità decrebbe rapidamente, e dopo una serie di eventi pensò di riparare in Inghilterra e chiedere protezione alla cugina Elisabetta, che la fece invece arrestare e rinchiudere per vent’anni nel castello di Fotheringhay. A seguito di una congiura per attentare alla vita della regina e liberare Maria, quest’ultima fu accusata di tradimento e messa a morte. Morte che affrontò con grande dignità, stando alle testimonianze dei contemporanei.
NARRATIVA
La copertina di uno dei romanzi della serie, edito da Mondadori |
Nella serie di romanzi di Valerio Evangelisti sull’inquisitore Eymerich, l’esperimento si fa estremo perché a complicare il tutto non c’è solo la presenza di un uomo che esistette realmente, ma anche inserti di fantascienza. Nicolas Eymerich, in catalano Nicolau Aymerich (Girona, 1320 – Girona, 4 gennaio 1399), fu infatti un teologo e religioso spagnolo. Appartenente all’ordine dei Domenicani, fu Inquisitore Generale della Corona d’Aragona nella seconda metà del XIV secolo. È ricordato principalmente per avere scritto il Directorium Inquisitorum (completato nel 1376).
Nella serie di romanzi Nicolas Eymerich è spietato e crudele, freddo nelle sue riflessioni e argomentazioni, e provvisto di una solidissima cultura. Non solo perseguita gli eretici ed è pronto a tutto pur di affermare la sua fede, ma, come domenicano, contrasta attivamente l’Ordine Mendicante, ovvero dei frati francescani, considerandolo in odore di eresia. Ci sono dei romanzi in cui un po’ di luce sembra illuminare tanta tenebra, grazie a una presenza femminile, sebbene le atmosfere siano in generale cupe e terrificanti dentro e fuori, e a volte anche disgustose.
“Eymerich indaga su fenomeni misteriosi nell’Europa medioevale, ma la soluzione del mistero sta in storie parallele a quella principale, che si proiettano nel nostro presente e nel nostro futuro. Alla base dell’intersecazione dei diversi piani narrativi e paranormali starebbe la teoria ideata da un fisico del XX secolo, Marcus Frullifer, secondo cui esiste un particolare tipo di particelle subatomiche, dette psitroni, che permetterebbero la trasmissione del pensiero sia di un individuo che di più persone nel tempo e nello spazio e talvolta a secoli di distanza. Gli psitroni in pratica lascerebbero traccia di sé nel tessuto del continuum spaziotemporale anche dopo la morte di chi li ha attivati con la creazione di una determinata immagine mentale, un po’ come accade quando si piega un foglio e per quanti sforzi si facciano non si riesce comunque mai a farlo tornare perfettamente liscio.”
I risultati sono davvero originali, anche dal punto di vista stilistico, tuttavia è sicuro che con il vero Eymerich questo personaggio ha ben poco a che vedere.
Detto ciò, io penso che in qualsiasi romanzo storico ci sia una forma di inevitabile alterazione o altrimenti si avrebbe un saggio, che è un’altra cosa. Sono sempre stata convinta che per sua natura il romanzo storico sia un assurdo, in quanto mischia fatti realmente accaduti e persone realmente esistite con trama e personaggi di pura invenzione.
È anche piuttosto difficile tracciare una discriminante tra i vari generi (storico, fantastico, fantascientifico…) e senza le varie contaminazioni perderemmo molte opere interessanti, come ad esempio Cloud Atlas, e talvolta rivoluzionarie. Tuttavia credo che non ci si possa fregiare del titolo di “romanzo storico” quando la Storia viene troppo pesantemente alterata, o quando ci sono inserimenti di fantascienza o di carattere fantasy. Piuttosto, si dovrebbe dire “storico- fantastico.”
In conclusione, non so voi, ma io non sono ancora riuscita a darmi una risposta su quanto sia lecito tradire un personaggio e quando non lo è!
La domanda resta aperta anche per me. So solo che scrivere di una persona realmente esistita modificandola ai miei fini (anche se non loschi) mi metterebbe fortemente a disagio. Sento molto il bisogno che le cose non vengano alterate: foto ritoccate, facce truccate o mascherate e storie raccontate "sbagliate" non credo facciano per me. Se scrivessi storico, dovrei rispettare gli eventi e i personaggi, quasi per forza. 🙂
Ciao Grazia! In effetti è difficile decidere il da farsi, e non resistere alla tentazione di non "usare" un determinato personaggio per farlo diventare quasi un simbolo di qualche altra cosa. Nel film e nel pezzo teatrale "Amadeus" i due protagonisti hanno proprio la funzione di incarnare vizi e virtù della loro categoria.
Un altro personaggio celebre di cui sento sempre parlare, e che non ho mai studiato a fondo, è Federico II di Svevia: uomo bellissimo, pare, di cultura pressoché sterminata, munifico mecenate, e alla cui corte andavano filosofi, poeti, musici, letterati cristiani e musulmani. Eppure con scatti d'ira e crudeltà inimmaginabili. Una figura che suscita sentimenti molto intensi!
Mi sono occupato anch'io più volte della questione nel mio blog perché è un tema che mi affascina molto.
E' molto difficile, o forse addirittura impossibile, scrivere un romanzo storico completamente fedele alla realtà dei fatti. Ho letto, per esempio, "I Borgia" di Alexandre Dumas, credendo all'inizio che avrei letto un romanzo storico. Ma in realtà si tratta di un saggio a tutti gli effetti.
Grazie, Ivano! Mi linkeresti qui i post dal tuo blog, così faccio prima? Ovviamente per me la cosa riveste il massimo interesse e sono curiosa di leggere il tuo punto di vista. Sì, non si può essere totalmente obiettivi quando si scrive un romanzo storico. Del resto nemmeno gli storici professionisti sono d'accordo sui medesimi argomenti!
Uno dei post in cui affronto la questione è abbastanza recente ed è dedicato alla famosa serie televisiva Vikings, dove attraverso l'analisi di quattro episodi separo i fatti storici dalle variazioni fantastiche dei creatori. Il link è questo: http://ivanolandi.blogspot.it/2015/08/vikings-s03-e07-10-la-presa-di-parigi.html
Poi affronto il tema in una serie di post (dei quali non ho ancora scritto l'ultimo) dedicati al film "Bathory" di Juraj Jakubisko. Il film in questione affronta la vita della celebre e famigerata contessa ungherese mescolando a piene mani realtà storica e fantasia. Anche in questo caso ho cercato di fare un po' di ordine, senza nulla togliere al valore artistico del film. Puoi trovare tutti i post della serie cliccando sull'etichetta "Erszébet Bathory" nella colonna destra del mio blog.
Grazie mille, Ivano. Appena ho un attimo di tempo li leggo, probabilmente nel fine settimana dove sono più connessa – in tutti i sensi.
Mi fai venire in mente anche una serie tv recente "Da Vinci's Demons". Non l'ho vista, ma leggevo che la giovinezza di Leonardo viene interpretata in modo troppo fantasioso, facendone una specie di rockettaro!
Leggendo il commento di Ivano mi sono resa conto di aver perso il suo post su Viking, devo assolutamente rimediare, perché quella serie mi piace moltissimo… 🙂
Anche a me attizzava questa serie, ma per un motivo o per l'altro non l'ho mai guardata. Immagino che contenga una bella dose di brutalità (i Vichinghi non erano proprio dei fiorellini…). Però tutta la mitologia nordica mi affascina terribilmente.
Sì, la brutalità non manca, però onestamente non è poi così fastidiosa. Ho trovato di peggio in altre serie. Per esempio "I Borgia" nella versione franco-tedesca, che ho dovuto interrompere perché proprio non ce la facevo più a sopportare l'eccesso di violenza.
Io invece ho amato anche "I Borgia" di Tom Fontana. Arrivato alla fine della terza stagione, avrei voluto continuasse, anche se ormai era rimasto ben poco da dire. E anche lì ci sarebbe di che divertirsi a separare la storia dalla fantasia ^-^
Io avevo visto in televisione la prima stagione dei "Borgia", quella con Jeremy Irons, che forse è la meno violenta.
Poi la famiglia Borgia, su cui tutti si sono accaniti, non era poi così diversa dalla media nazionale… Ad esempio oggi tutti si stupiscono come mai Caravaggio girasse armato e avesse ammazzato un uomo in una rissa; ma la violenza era normale, all'epoca. La vita non valeva nulla.
Non ho visto la serie che citi tu, "The borgias" di Neil Jordan, ma la versione di Tom Fontana rende se non altro piena giustizia a Lucrezia Borgia, adorata dal suo popolo e morta con gli onori di una regina.
Infatti mi è venuto voglia di rileggere "Lucrezia Borgia" di Maria Bellonci, che comincia finalmente a tracciarne un ritratto più veritiero. La povera Lucrezia fu molto calunniata, invece era una vittima della sua famiglia.
Ho apprezzato molto questo post. L'equilibrio tra finzione e realtà non credo sia una faccenda di facile soluzione, ma è interessante rifletterci su. Forse per presentare un personaggio o anche una vicenda in forma narrativa (come racconto o film) è per forza necessario "romanzarli" un minimo. Quindi non ci vedo niente di mano se per far conoscere una figura storica un autore abbia calcato un po' la mano su alcuni aspetti, per renderli più spettacolari. Però questo deve avere un limite, perché stravolgere troppo la realtà non mi sembrerebbe corretto.
In questi giorni sto guardando la miniserie "Houdini" e sono sicura che sono stati aggiunti dei particolari per rendere la trama più vivce, però l'impressione generale è che sia ben fatta ed è piacevole da guardare. Una volta finita, per curiosità sicuramente andrò a verificare quanto c'era di vero e quanto di falso…
Ciao Maria Teresa, grazie per il commento!
Persino Manzoni aveva parecchi dubbi sul suo romanzo, e finì per sconfessare in toto proprio questo genere di narrazione che mischia finzione e realtà. Però penso che saremmo tutti più poveri senza alcune pagine del romanzo di Manzoni, come ad esempio la notte della conversione dell'Innominato. Lessi, tra l'altro, che, storicamente, il cardinale Federigo Borromeo non era la figura edificante presentata nel romanzo.
Quindi è inevitabile prendersi delle libertà, come dici. Io penso che bisognerebbe rimanere più aderenti possibile alle fonti anche per conferire credibilità o, se tradimento deve esserci, perché magari l'idea è bella e non si vuole rinunciarvi, allora cambierei completamente i nomi e i luoghi.
Per quanto riguarda la tua miniserie, senz'altro ti ha dato lo spunto per approfondire, oltre che per passare delle ore piacevoli!
Secondo me invece è più che lecito: purché sia specificato che si tratta di un'opera di fantasia o comunque di una rivisitazione romanzata.
Grazie del commento, Andrea. Mi sembra che i pareri dei commentatori, incluso il mio, siano piuttosto discordi: interessante!
Hai forse visto il film "Essere John Malkovich"? Permette di vedere la questione da un altro punto di vista 🙂
Sì, l'avevo visto! Davvero un film curioso e poco catalogabile… 🙂
Il più delle volte però non viene specificato…
Per quello rimango del parere che sarebbe meglio cambiare nomi e luoghi quando li si altera troppo. I più "sgamati" potrebbero capire chi è il personaggio in questione, però tu ti salvi in zona Cesarini, come dicono a Milano.