Nel 1794, o anno II della Repubblica, una carrozza procede lentamente arrivando alle porte di Parigi. La pioggia incessante immerge la scena in un’atmosfera umida e luttuosa, gravida di sventure. Su quella carrozza è il deputato della Convenzione Georges-Jacques Danton, che ritorna nella capitale con la giovanissima seconda moglie, dopo un periodo di esilio volontario nella sua casa di campagna ad Arcis-sur-Aube. Poco tempo dopo la stessa carrozza transita accanto al palco dove la ghigliottina, coperta da un velo nero fradicio di pioggia, fa intravedere la sua lama, come in un osceno, seduttivo ammiccamento. Danton si affaccia, lancia uno sguardo, la carrozza prosegue verso la sua destinazione. Il suo ritorno a Parigi ha lo scopo di fermare il Terrore che sta sommergendo di sangue la Francia rivoluzionaria; difatti la folla, una volta riconosciuto il deputato, lo acclama come un trionfatore.

Sono le primissime scene di Danton, film del 1983, diretto dal regista polacco Wajda e ispirato al dramma storico L’affare Danton (1929) di Przybyszewska, altra autrice polacca. Nonostante la precisione storica e un’ottima aderenza agli avvenimenti così come si conoscono – il dubitativo è d’obbligo quando si parla di Storia, sempre narrata dal punto di vista dei vincitori – l’intento del regista è anche di mostrare in filigrana un confronto tra la situazione della Francia in pieno Terrore robespierrista e la Polonia sotto la dittatura del generale Jaruzelski. Per farlo Wajda si avvale di attori di rango, tra cui un eccezionale Depardieu nel ruolo di Danton (solo lui poteva conferire fisicità, simpatia e vigore a questo personaggio storico, eccessivo in tutto), di Pszoniak, un attore polacco straordinario nell’interpretare un Robespierre consumato dalla febbre, combattuto interiormente e ormai ridotto ad essere più un simbolo che un uomo; e di Chéreau nel ruolo del giornalista Desmoulins, impulsivo, infantile e soggiogato di volta in volta dalla personalità dell’uno e dell’altro.

Maximilien Robespierre parla a favore di Danton
durante la riunione del Comitato di Salute Pubblica.
La Francia, difatti, si trova in piena bufera politica e bellica, con la coalizione degli stati quali l’Austria, la Prussia, l’Inghilterra che premono ai suoi confini per invadere la nazione, sconfiggere la Rivoluzione e i suoi esponenti, e mettere a tacere i nuovi ideali di libertà. Questa situazione di estrema tensione, la carestia, la miseria generano un clima di sospetto e denuncia, dove basta poco per essere tacciati di controrivoluzione, e quindi di tradimento. Lo strapotere dei Comitati, cioè dei due organismi incaricati di mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza, anche attraverso agenti e spie, ed emanare leggi speciali, è ormai assoluta e vira verso la dittatura. Presidente del Comitato di Salute Pubblica è proprio Maximilien Robespierre.

Non a caso una delle prime scene dopo l’arrivo di Danton è l’irruzione dei giacobini nella sede del giornale Le Vieux Cordelier diretto dal giornalista Desmoulins, la distruzione delle macchine da stampa, il sequestro delle copie pronte per uscire e l’arresto del tipografo, ovvero il bavaglio alla libertà di pensiero e opinione che era uno dei caposaldi nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. In una riunione del Comitato di Salute Pubblica, all’apparenza Robespierre difende Danton, che intende disarmare i Comitati per interrompere la spirale di morte instaurata dal Terrore, asserendo che il suo arresto sarebbe una barbarie senza senso. Danton è pur sempre uno dei protagonisti della Rivoluzione, così dice, e anche per motivi di opportunità decide di incontrarlo in privato nonostante l’opposizione dei suoi sostenitori nel Comitato, tra cui Saint-Just. Robespierre sa che il suo rivale è un oratore eccezionale e con la sua eloquenza potrebbe sollevare le folle, e si dispone a questo sacrificio e a un’eventuale umiliazione. 

L’incontro si svolge nell’ambiente chiuso di un salotto inserito in una dimora a metà tra il bordello e la casa da gioco, dove il tavolo è stato accuratamente apparecchiato con ogni sorta di squisitezza gastronomica, e abbellito con un vaso di fiorellini azzurri (gli unici che, così asserisce Danton, sono 
Robespierre e Danton si incontrano in privato
in un impossibile tentativo di accordo.
graditi a Robespierre!). Dopo i primi convenevoli, i due cominciano a giocare a carte scoperte, ed emerge tutto il contrasto tra due uomini diversissimi tra loro, se non opposti; uomini che sono fatti per non capirsi. Tanto Danton è amante della buona cucina, delle donne e del denaro, e ingordo di vita, tanto Robespierre è sobrio nelle abitudini a tavola, severo nei rapporti con l’altro sesso e soprannominato l’Incorruttibile per il disprezzo che ostenta nei confronti del denaro. Essi incarnano, soprattutto, due opposte concezioni della politica: il disincantato Danton non crede che il popolo possa essere elevato ad altezze ideali, e asserisce che la gente “vuole solo mangiare e dormire in pace”; Robespierre sostiene di voler difendere il popolo dagli uomini che lo hanno usato e che non indietreggerà davanti a niente per dare al popolo la felicità che merita. La frase suscita la reazione violenta del suo avversario, e, dopo uno scontro verbale e quasi fisico, in cui Danton sostiene che Robespierre non conosce affatto il popolo perché non ha mai nemmeno “fottuto una donna”, si separano nella certezza che la rottura sia ormai insanabile.
La famiglia Desmoulins nel film:
Camille, Lucile e il piccolo Horace.
La partita politica, però, s’intreccia con l’affetto e si complica ulteriormente: il giornalista Camille Desmoulins è il migliore amico di Robespierre sin dai tempi del collegio, ed è sposato con Lucile, e padre di un bambino di due anni. Quello di Robespierre nei suoi riguardi è un affetto fraterno, amicale, paterno, contorto, protettivo, forse qualcosa di più di una semplice amicizia. In un ultimo tentativo di far ragionare Camille, e convincerlo a recedere dalle sue posizioni, Robespierre lo va a trovare a casa sua, ma tutto è inutile e Camille lo respinge con sdegno. Ormai lo scontro è totale, e il Terrore si prepara a colpire fino in fondo per spazzare via Danton e i suoi alleati politici in una lotta feroce, convulsa, dove ciascuno dei contendenti venderà cara la pelle.

La famiglia Desmoulins nel ritratto
di Jacques-Louis David (1792), Grand Palais

Tratto da un dramma teatrale, il film ne mantiene le caratteristiche su più fronti, a cominciare dall’unità di tempo, di luogo e d’azione. Il tempo storico è, di necessità, compresso a dismisura, perché tutto sembra accadere in pochi giorni dal momento del ritorno di Danton a Parigi fino alla tragedia finale, quando invece passarono alcuni mesi. Le scene ricordano spesso gli ambienti di un palcoscenico, chiusi ma comunicanti in qualche modo attraverso porte o strette aperture, dove lo spazio per circolarvi è angusto o delimitato da pareti incombenti e colonnati. Vi sono interni di abitazioni, bordelli, atrii e aule di dibattito pubblico, e gli esterni sono compressi come se vi fosse sopra un coperchio. Di rado si scorge il cielo, se non nella prima e nell’ultima scena e, quando lo si vede, è un cielo plumbeo e fosco oppure ridotto soltanto ad uno spicchio insignificante come a indicare una libertà assottigliata ai minimi termini. Gli assembramenti e la folla si trasformano, quasi, in quadri viventi, e contribuiscono a fagocitare lo spazio, a riempirlo in una sorta di “horror vacui” e accrescono così il senso di soffocamento del film. La gestualità di alcuni attori, come Desmoulins o altre figure minori, è spigolosa, enfatica in alcuni casi. A tratti la stessa figura di Robespierre sembra muoversi come un automa. Un deputato è pesantemente truccato e Saint-Just, il braccio destro di Robespierre, è un giovane dandy che indossa un orecchino rispettando la verosimiglianza storica. Tuttavia il regista ne approfitta per enfatizzare volti imbellettati come quelli delle prostitute, o dare l’impressione che siano in qualche modo mascherati e finti.

Nel film ci sono alcuni errori sulla famiglia Desmoulins: il bambino all’epoca aveva circa due anni, mentre nel film è presentato come un neonato di qualche mese. La moglie di Desmoulins viene accusata di cospirazione e arrestata, e quindi non poteva essere presente in aula al momento del verdetto che condanna a morte il marito, e cadere svenuta, come invece si vede nel film; tantomeno poteva assistere all’esecuzione di Camille perché già in carcere. L’aspetto fisico della famiglia è tratto probabilmente dal quadro che Jacques-Louis David eseguì un paio d’anni prima, e a cui il regista pare ispirarsi. Il quadro è però del 1792, mentre la morte della coppia avviene nel 1794.

Danton si difende nel processo-farsa fino quasi
a perdere la voce. Qui parte dell’arringa dal film in francese.
Si tratta comunque di peccati veniali nell’economia di un film potente e drammatico che, a tutt’oggi, rimane il migliore su questo periodo storico, in quanto riesce a trasmettere non solamente il clima feroce di sospetto e intransigenza, ma anche quello di vera e propria macelleria. Grazie a questo film si comprendono ancora meglio i meccanismi di repressione messi in atto dal potere: la privazione della parola, del diritto negato a una difesa efficace e a chiamare testimoni, e ad avere un giudizio imparziale. Ai giornalisti è impedito di prendere appunti nel corso del processo, gli imputati sono mescolati a delinquenti comuni per intorbidare le acque.

Nello stesso modo, si comprende la frase pronunciata da Danton, nel corso della sua appassionata difesa in aula durante il processo-farsa cui gli imputati vengono sottoposti, e in cui il verdetto è stato già deciso: “Come Saturno, la Rivoluzione divora spietatamente i suoi figli.” Oserei modificare la frase: come Saturno, spesso la Storia divora spietatamente i suoi protagonisti, nel passato come nel presente, in un eterno, immutabile, sanguinoso ciclo.