Scommetto che dopo il post tematico sul topo vi aspettavate quello sul gatto, come suo naturale complemento. E invece no! Sono o non sono imprevedibile? So che molti di voi aspettano con ansia la carrellata su Sua Maestà il Gatto. Abbiate pazienza, e vi prometto che farò del mio meglio per non deludere le attese.

La mia nuova carrellata riguarda l’animale più bistrattato di tutti i tempi: il maiale. Mentre alcuni animali sono temuti ma rispettati, il destino del maiale è quello di essere allevato, fatto ingrassare, ucciso, macellato, mangiato, usato sotto innumerevoli forme, ma profondamente disprezzato. Sin dall’antichità, e in particolare nell’immaginario medievale cristiano, il maiale (che fosse porco dall’allevamento o cinghiale selvatico) era considerato come immondo in tutti i sensi, e il suo grufolare alla ricerca di ghiande personificava l’agire disordinato e peccaminoso dell’uomo. Anche nelle religioni musulmana ed ebraica, del resto, è vietato consumare carne di maiale. “Mangiare come un maiale” oppure “Quello lì è proprio un porco,” sono insulti noti alla stragrande maggioranza, e non hanno bisogno di troppe spiegazioni.

Eppure il maiale è una creatura intelligente e ingegnosa, dagli occhi espressivi e dall’aspetto simpatico con la sua coda a cavaturacciolo. La scrofa si dimostra una madre amorevole, sempre che le si lasciano accanto i maialini; negli allevamenti essi le sono tolti tolti subito dopo averli svezzati per chiuderli in recinti dove non riescono nemmeno a girarsi. È stato dimostrato che il maiale non ama vivere nella sporcizia, ma è proprio l’uomo che lo costringe a stare in luoghi fetidi per il tempo limitato della sua esistenza. Ed è stato dimostrato che quando nelle nostre campagne il maiale veniva preso per essere sgozzato, emetteva delle grida quasi umane, di paura e disperazione. Vorrei quindi spezzare una lancia in suo favore e non solo proporvi esempi letterari celebri e negativi, come La fattoria degli animali di George Orwell, ma anche casi dove il porcello gode di un ruolo di tutto rispetto. In uno di questi, è addirittura il compagno devoto di un santo eremita.

In letteraturaLa fattoria degli animali di George Orwell

La copertina di questa edizione
riproduce un’opera di George Grosz: Circe, 1927

Questo celeberrimo romanzo fu opera dello scrittore inglese George Orwell e pubblicato nel 1945. Il romanzo è una satira feroce del totalitarismo di stampo sovietico all’epoca staliniana, e dei meccanismi di controllo del pensiero e della libertà che portano all’ascesa delle dittature.

È ambientato in una fattoria dove gli animali, stanchi di essere sfruttati dal signor Jones, il padrone, si fanno ispirare dal sogno di un verro, il Vecchio Maggiore. In questo sogno si afferma il principio di sostanziale uguaglianza e libertà, sintetizzato dalla massima: «Tutto ciò che ha quattro gambe o ali è buono, tutto ciò che ha due gambe è cattivo». In occasione dell’ennesima ubriacatura dell’uomo,gli animali sfondano i recinti alla ricerca di cibo e, dopo un duro combattimento, riescono a impossessarsi della fattoria e a dare attuazione ai loro ideali di democrazia.

Gradatamente, però, i maiali, che sono i più intelligenti tra gli animali, prendono il controllo della fattoria e sottomettono in modo tirannico le altre specie. Gli ideali di uguaglianza e fraternità proclamati al tempo della rivoluzione sono traditi da un unico comandamento: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri». Alla fine del romanzo, la trasformazione è ormai completa: i maiali  hanno assunto l’aspetto degli uomini e sono del tutto indistinguibili da loro:

Dodici voci si alzarono furiose, e tutte erano simili. Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.

Nella fiaba: I tre porcellini

Un mio amarcord sulle Fiabe Sonore,
protagoniste della mia infanzia con numerosi 45 giri.
Qui, ovviamente, sono I tre porcellini.

Questa fiaba è di origine incerta. Pubblicata per la prima volta da James Orchard Halliwell-Phillipps intorno al 1843 nella raccolta Nursery Rhymes and Nursery Tales, riprende certamente un racconto della tradizione orale molto antico.

La storia narra di tre giovani porcellini che devono uscire dalla casa materna. A un certo punto del loro percorso, si costruiscono una dimora. Avendo idee differenti, si separano. Il primo usa la paglia per erigere la sua abitazione in poco tempo e senza fare troppa fatica. Il secondo utilizza il legno, materiale appena più resistente. Il terzo preferisce adoperare i mattoni e la edifica a regola d’arte. Com’è ovvio, poco dopo arriva un lupo affamato. Abbatte con un potente soffio la fragile casa di paglia e mangia il primo porcellino. Fa la stessa cosa con la seconda casa di legno e il suo abitante. Quando arriva al terzo, però, niente può contro la solida struttura in mattoni. Decide allora di calarsi dal camino, ma precipita nel pentolone preparato dal terzo maialino, e muore. Questa fiaba rappresenta il percorso esistenziale del’individuo, che si allontana dalla casa d’origine per compiere delle scelte e affrontare pericoli e difficoltà con un minimo di sale in zucca. I porcellini sono presentati nel significativo numero di tre, come tre sono le loro tappe e, com’è ovvio, le case che costruiscono e gli incontri con il lupo.

Nella versione delle Fiabe Sonore che trovate qui, i primi due fratellini riuscivano a fuggire dalle grinfie del lupo, e si rifugiavano nella terza casa. Là rimanevano, nonostante le lusinghe del lupo che insisteva per farsi aprire e che decideva infine, come nella versione originale, di calarsi dal camino. Non moriva, ma si scottava terribilmente col fuoco e fuggiva nel bosco per non più ritornare. I tre porcellini festeggiavano lo scampato pericolo, e costruivano una nuova casa ancora più resistente dove avrebbero abitato insieme. Anche Walt Disney ne ha ricavato alcuni cortometraggi animati, di cui il primo è del 1933. Se volete, qui potete trovare la versione con il doppiaggio originale, che dura circa 8 minuti e 20.

Nei film: Babe maialino coraggioso

La locandina del film.

Si tratta di un film di Chris Noonan del 1995, ed è l’adattamento cinematografico del libro omonimo di Dick King-Smith. Vinse un Oscar (su 7 nomination) per i migliori effetti speciali.

Anche qui, la storia inizia adombrando il destino comune a tutti i maiali. Un maialino viene preso dall’allevamento in cui è nato per essere usato come premio in un luna park. Un contadino lo vince indovinandone il peso e sua moglie decide di ingrassarlo per il pranzo di Natale. Nella fattoria il maialino, ribattezzato Babe, fa amicizia con gli altri animali: i due cani da pastore del padrone (Fly e Rex), l’anatra Ferdinand, la pecora anziana Maa. Dopo le prime difficoltà Babe si  fa benvolere e viene adottato da Fly. Inizia così a sostituire i cani nella guida del gregge. Il maialino conquista la fiducia del padrone, che lo risparmia ed anzi lo iscrive ad un concorso riservato ai cani da pastore, al posto di Fly e Rex che sono entrambi malandati. …  

Il film ebbe vari premi e riconoscimenti, al punto da avere un seguito, intitolato Babe va in città nel 1998. Può essere letto come una favola moderna, e tocca il cuore di bambini e adulti nella consapevolezza che, qualunque sia il nostro pensiero sul consumo di carne, ogni creatura è un essere vivente e come tale merita un minimo di rispetto. Babe dimostra che anche in un maialino albergano dei sentimenti, e che possa provare gioia e dolori come chiunque altro.


Nei cartoni animati: Peppa Pig e la sua famiglia

Peppa Pig è un cartone animato per bambini, diretto e prodotto da Astley Baker Davies. In questi anni ha avuto un successo davvero planetario. Ogni cartone dura circa 5 minuti e propone un episodio molto semplice nella vita di Peppa e della sua famiglia di simpatici maiali: Mamma Pig, Papà Pig e il fratellino George. Ogni tanto compaiono nonni e zii, e anche gli amichetti di Peppa, che sono altri animali antropomorfi. Tutti comunque emettono il loro caratteristico verso. Ogni episodio prevede che si salti nelle pozzanghere di fango, genitori compresi, e termina in mezzo alle risate della famiglia, che grugnisce allegramente per festeggiare la lieta conclusione della faccenda.

La serie è molto indicata per bambini in età prescolare. In un articolo avevo letto che il disegno è volutamente rudimentale per rispecchiare il mondo dei piccoli, e i colori sono pieni e privi di sfumature. I personaggi sono subito riconoscibili grazie ad alcune caratteristiche sempre ripetute. Gli eventi ruotano attorno alla quotidianità in cui ciascun bambino si può facilmente rispecchiare (il gioco, la scuola, gli amichetti, la gita in macchina…) e, se accadono eventi che procurano dispiaceri, non sono mai fatti drammatici. Anche in questo caso, le lacrime sgorgano in lunghe, buffe linee orizzontali tratteggiate. Entrambi gli occhi dei personaggi sono rivolti verso lo spettatore, perché è stato appurato che un bambino molto piccolo vede l’altra persona proprio in questo modo. Del resto, basta osservare i quadri dei cubisti… Picasso docet!

Nella tradizione: Il devoto compagno di S. Antonio Abate

Questa immagine si ritrovava spesso
appesa alle porte delle nostre stalle.
Sant’Antonio Abate è un santo orientale importantissimo nella tradizione cristiana, in quanto viene considerato il fondatore del monachesimo. Visse tra il 251 e il 357, concludendo i suoi giorni nel deserto nella Tebaide come eremita. L’iconografia del santo prevede che egli sia attorniato da numerosi animali, e accompagnato da un maiale. Il santo viene festeggiato il 17 gennaio e, in quell’occasione, si brucia un grande falò e si portano i propri animali, piccoli e grandi, per la tradizionale benedizione. 

Già, ma perché Sant’Antonio viene sempre raffigurato con un maialino al suo fianco? Nel periodo medievale, culto e iconografia di Sant’Antonio furono resi popolari soprattutto dall’ordine degli Ospedalieri Antoniani: grazie a loro il santo viene raffigurato molto anziano, mentre incede con un bastone provvisto di un campanello, e in compagnia di un maiale. Da questo animale gli Antoniani ricavavano difatti il grasso per preparare emollienti da spalmare sulle piaghe e curare il terribile “fuoco di sant’Antonio”, che non ha niente a che vedere con la malattia cui ci si riferisce ai giorni nostri. Questo spaventoso morbo era anche detto ignis sacer (fuoco sacro), e aveva sintomi dolorosissimi e convulsivi che – letteralmente – ardevano la persona dall’interno. Dopo la peste, tanto per dire, il secondo flagello nel Medioevo era considerato proprio l’ergotismo. Molto più tardi si scoprì che la malattia era originata dall’intossicazione dovuta al consumo di un fungo presente sulla segale cornuta, e che portava anche ad avere allucinazioni. I maiali allevati dagli Antoniani, come del resto molti animali all’epoca, scorrazzavano liberamente per le strade cittadine. Era vietato catturarli per cibarsene, proprio perché dovevano servire per la produzione di grasso usato per la cura dell’ignis sacer. Così, per distinguerli, al collo di questi maiali veniva appesa una campanella, proprio come quella che aveva S. Antonio al suo bastone!


E concludiamo con le:

Citazioni pro maiale… (*amici di penna, occhio all’ultima!)

Effetti del Buongoverno in campagna
di Ambrogio Lorenzetti (dettaglio). 1338-1339. 
Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena.

L’affresco mostra il maiale medievale, di solito
più piccolo e scuro rispetto al roseo maiale americano.

Mi piacciono i maiali. I cani ci guardano dal basso. I gatti ci guardano dall’alto. I maiali ci trattano da loro pari.” (Winston Churchill)

Il maiale è diventato sporco solo in seguito alle sue frequentazioni con l’uomo. Allo stato selvatico è un animale molto pulito.” (Pierre Loti)

Chi vive con i maiali spesso li descrive come fossero cani: sono intelligenti, leali e, soprattutto, affettuosi. Chi li conosce sottolinea sempre che ognuno di loro è un individuo unico e particolare.” (Jeffrey Moussaieff Masson)

Pensare che non si sa il nome del primo maiale che scoprì un tartufo.” (Edmond e Jules de Goncourt)

Tanto io che il povero maiale non saremo apprezzati che dopo la nostra morte.” (Jules Renard)

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E voi, che cosa ne pensate della mia galleria? Magari vi vengono in mente altri esempi letterari importanti. Siete d’accordo con l’opinione pubblica che disprezza il povero maiale?