In copertina, ritratto di Maximilien Robespierre
di Labille-Guiard, dettaglio (1786).

“Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso.” Così recita un passo del Salmo 63.  Nessuno sguardo umano può scrutare fino in fondo questo abisso senza esserne atterrito o per svelarne il mistero. Nella Storia, difatti, ci sono figure destinate a perpetuarsi nella memoria con un’aura sinistra e a lacerare le coscienze dei posteri e degli storici; e la conoscenza della loro vita quotidiana non dissipa le nebbie in cui sono avvolte, semmai le aumenta.

Una tra le più controverse è senza dubbio quella di Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre detto l’Incorruttibile, probabilmente il più noto tra i protagonisti della Rivoluzione Francese e del regime del Terrore. Difficile spiegare come accadde che, da oscuro avvocato della sonnolente e cattolica Arras, fu eletto rappresentante del Terzo Stato in occasione della convocazione degli Stati Generali da parte del re. E soprattutto come, in tempi vertiginosi e animato da una volontà d’acciaio, assurse ai più alti vertici della Repubblica francese in organismi legislativi e di controllo come la Convenzione e il Comitato di Salute Pubblica.

Per quanto redatte con una visuale chiaramente di parte, e viziata dallo sguardo di una consanguinea, le

Memorie sui miei fratelli 

di Charlotte Robespierre, sorella minore di Maximilien e dell’ancor più giovane Augustin, ci offrono un ritratto domestico di colui che conosciamo soltanto attraverso i libri di Storia. Inoltre, permettono uno spaccato sociale della vita che si conduceva in una tranquilla città di provincia agli albori della Rivoluzione, e in parte a Parigi. Charlotte scrive le sue memorie a distanza di trent’anni dagli avvenimenti drammatici che posero fine all’esistenza dei suoi fratelli. Vengono prese in carico da un giovane politico loro devoto ammiratore, Albert Laponneraye, che le riordina, le cura e le pubblica a Parigi nel 1834. Questa edizione di memorie è completata da un apparato critico molto interessante, che integra una testimonianza molto spesso lacunosa da parte dell’autrice.

Charlotte ci narra innanzitutto dell’infanzia dei fratelli Robespierre, funestata dalla morte della madre, che partorisce un quinto figlio morto. I quattro orfani, due maschi e due femmine, sono presi in carico dai nonni materni e dalle zie paterne. Il padre, avvocato al consiglio dell’Artois, sconvolto dal dolore o, forse, sopraffatto dalla depressione, scompare dalla circolazione e di lui si perdono le tracce fino alla morte, avvenuta dopo quattro anni. Sicuramente la duplice perdita dei genitori ha un’influenza molto profonda sul futuro Incorruttibile, che, a detta della sorella, da bambino sventato, vivace, incostante come tutti i ragazzini di sette anni, diviene posato, riflessivo, laborioso, seppure prodigo di carezze con i fratelli minori. Pare che il piccolo Maximilien sia già, in miniatura, quello che diventerà una volta adulto: un uomo cui, nella vita domestica, si fa fare quello che si vuole, mentre nella vita politica dimostra una tempra fuori dal comune e una purezza a tutta prova, almeno all’apparenza.

Ritratto di Charlotte Robespierre.

Charlotte si profonde in elogi per quelle qualità che, sin dall’inizio della vita di Maximilien, si traducono in amore per lo studio, cosa senz’altro vera, al punto da fargli ottenere una borsa per il prestigioso collegio Louis-le-Grand di Parigi. Terminati gli studi classici, egli si iscrive alla facoltà di diritto e, prima di lasciare il collegio, chiede che la borsa di studio sia destinata al fratello minore Augustin detto Bonbon. Tanto il maggiore è serio e tenace, per quanto non dotato di bellezza, tanto il minore è sventato, fatuo, incostante nello studio e gran donnaiolo in virtù dell’aspetto fisico assai più gradevole. Peraltro Charlotte sostiene a più riprese che Maximilien rideva fin da ragazzo, mentre i suoi contemporanei asseriscono l’esatto contrario. Stanislas Fréron, un suo compagno al collegio e uno dei protagonisti della congiura di Termidoro che alla fine rovescia Robespierre, sostiene che era acido come le arance di cui era ghiotto.

Alla fine dei loro studi giovanili i fratelli tornano a risiedere tutti insieme in un appartamento di Arras. Si vive in un mondo al femminile, con nonne, zie, cugine e una sorella. Un mondo di cui Charlotte è l’indiscussa regolatrice, che tutto vede e provvede, in quanto l’altra sorella, Henriette, è morta molto giovane. La sua volontà è quella di tenere unita la sua famiglia; proposito lodevole e comprensibile, ma che si traduce spesso nell’intromissione a gamba tesa nella vita privata dei fratelli. Secondo lei nessuna donna è abbastanza elevata e virtuosa per il fratello maggiore, l’Incorruttibile, oberato dai suoi incarichi politici e da mille preoccupazioni. Il suo corteggiare una cugina le fa storcere il naso, sicura che la simpatia che c’è tra loro mai potrebbe portare al matrimonio. Tutte le altre donne che sono pronte ad accalappiare il fratello minore, invece, sono delle civette senza pudore.

Ritratto di Augustin Robespierre
detto Bonbon.

Charlotte si dimostra particolarmente gelosa della famiglia Duplay che ospita Maximilien, una volta che egli abita a Parigi in pianta stabile. Le donne Duplay – madre e alcune figlie da marito – lo circondano di affettuose premure, proprio come aveva fatto lei ad Arras. Charlotte e Augustin raggiungono il fratello a Parigi, forse per compiere il grande salto di qualità dalla vita di provincia a quella della capitale, e prendono alloggio anche loro presso i Duplay. Ma la signora Duplay e Charlotte sono fatte per non andare d’accordo, e quest’ultima si trasferisce in un altro appartamento, in cui d’imperio fa traslocare i due fratelli. Dalla sua asfissiante tutela Maximilien riesce a fuggire approfittando di un suo momento di assenza e ritornando presso i Duplay, con grave smacco di Charlotte. Un’evasione in piena regola.

L’Incorruttibile supplica Augustin, ormai anche lui deputato alla Convenzione, di portarsi dietro la sorella in una missione a Nizza, in territori che sono in piena rivolta controrivoluzionaria. Peccato che anche in quest’occasione Charlotte riesca a litigare con Augustin, criticando aspramente la sua relazione con la disinvolta madame Ricord, una donna sposata che li sta accompagnando con il marito. Un’altra totale mancanza di spirito critico viene dimostrata dall’autrice delle memorie nel raccontare il corteggiamento di Fouché, deputato alla Convenzione che, pur essendo sposato, aspira alla sua mano. Fouché, il principe dei voltagabbana, avrebbe intenzione di divorziare per sposare lei e diventare il cognato dell’Incorruttibile, all’apice della sua carriera politica, e dunque assicurarsi un posto al sole. Peccato che la manovra non vada in porto e, anzi, tra i due uomini nascano dissapori per la spietatezza con cui Fouché ha represso le rivolte controrivoluzionarie a Lione. Come insegnano i fatti, in seguito egli fa parte del terzetto che rovescia Robespierre nel mese di Termidoro e, sotto il regno di Napoleone, diviene il suo ministro della Polizia. E, tanto per non smentirsi, contribuisce anche alla rovinosa caduta dell’Imperatore.

Camille Desmoulins arringa la folla
ai giardini del Palais Royal.
La sua arringa condurrà alla presa della Bastiglia.

Di politica Charlotte parla assai poco nelle sue memorie, che mancano peraltro di un paio di capitoli. Tutto ruota attorno al suo “piccolo mondo antico” fatto di marmellate e conserve, battibecchi e sgarbi con gesti e parole, uscite in carrozza, passeggiate e piccole infrazioni alla regola e alla rispettabilità borghese vissute come audaci trasgressioni, e un senso di acuto compiacimento per se stessa. Le accuse più gravi attribuite dai detrattori a Robespierre, come la morte di Danton e, soprattutto, di Camille Desmoulins, suo amico d’infanzia, compagno di collegio e padre del piccolo Horace, figlioccio di Maximilien, vengono liquidate in due paginette come se fossero eventi di poco conto. Lucile Desmoulins, ghigliottinata a distanza di una decina di giorni dal marito, non viene nemmeno nominata.

Charlotte sembra difendere l’indifendibile anche davanti all’evidenza dei fatti. Spesso volte, leggendo le memorie, non si capisce fino a che punto finga un’apparente ingenuità e incorra in provvidenziali amnesie, oppure se alcune considerazioni siano frutto di un’autentica miopia.  Comunque stiano le cose, giustifica i suoi fratelli e se stessa, fino all’ultimo istante.

Alla caduta dei due Robespierre e dei loro sostenitori, e alla loro esecuzione il 9 Termidoro, Charlotte si nasconde per qualche tempo sotto falso nome; ma, alla fine, viene scovata, arrestata e incarcerata. Dopo una quindicina di giorni, firma un foglio di cui non ricorda il contenuto e in cui potrebbe esserci scritto qualsiasi cosa, pur di aver salva la vita e riottenere la libertà.

Ritratto presunto di
Charlotte Robespierre

La Rivoluzione passa come la coda di un ciclone, la memoria dei Robespierre viene universalmente aborrita, e lei non si sposerà mai; tuttavia otterrà una pensione da Napoleone per mezzo di Giuseppina Beauharnais, moglie dell’Imperatore e sua conoscente. Si tratta di un piccolo vitalizio che sarà mantenuto anche dopo la caduta dell’Imperatore e le permetterà di condurre una vita povera ma dignitosa. Non bisogna dimenticare che parliamo di un’epoca dove le donne della borghesia non lavoravano e, se non erano sposate  o non prendevano i voti come suore, finivano per diventare le parenti umiliate e mal tollerate di famiglie più ricche. A questo proposito mi è venuto in mente il romanzo La cugina Bette di Honoré de Balzac come buona pietra di paragone.

Tra le altre cose Charlotte arriva fino alla rispettabile età di settantaquattro anni, in un’epoca in cui si moriva molto presto per malattia o morte violenta. Alla sua morte lascerà un inventario di poche cose (tra cui tre posate d’argento con le cifre di famiglia), che mette addosso una grande malinconia.

Fino alla fine della sua vita questa donna vivrà di ricordi, ultima incarnazione di un’epoca tumultuosa, e sorella di un uomo che, molto probabilmente, fu un mistero vivente per i suoi stessi consanguinei.