Eccomi qua per la seconda volta a partecipare all’iniziativa Insieme raccontiamo arrivata all’edizione n. 14. L’iniziativa è promossa dal blog di Patricia Moll, Myrtilla’s House, dal nome della sua splendida gatta. Ormai ci sto prendendo gusto ed è anche un ottimo esercizio che ti obbliga a rimanere nei ranghi!

Le regole sono le seguenti:

  • Patricia propone un incipit.
  • I partecipanti scrivono un finale di 200/300 battute o 200/300 parole.
  • Si può postare lo scritto direttamente nei commenti del blog di Patricia mettendo il link al proprio blog se postiamo il finale lì oppure indicando il link.
  • Si possono aggiungere foto, video, musiche.
  • La scadenza per questa edizione n. 14 è per il 30 di ottobre.
Ecco l’incipit con la foto iniziale:

Seduta ai margini del bosco sotto alla vecchia quercia spoglia rimuginava. Un peso le gravava sulla coscienza. Forse era giunta l’ora di liberarsene ma con chi parlarne? A chi rivolgersi? Chi avrebbe capito?
D’un tratto il tappeto di foglie ingiallite dall’autunno scricchiolò vicino a lei. Si voltò.

https://pixabay.com/en/gnarled-old-oak-fog-twilight-1166907/
Ed ecco il mio racconto completo, come al solito sono stata chiacchierona e ho scelto la versione da 300 parole tonde. La musica di accompagnamento è di Pachelbel, Canon in D Major.
Seduta ai margini del bosco sotto alla vecchia quercia spoglia rimuginava. Un peso le gravava sulla coscienza. Forse era giunta l’ora di liberarsene ma con chi parlarne? A chi rivolgersi? Chi avrebbe capito? 

D’un tratto il tappeto di foglie ingiallite dall’autunno scricchiolò vicino a lei. Si voltò.

Sotto la spinta del vento, le foglie rotolavano nella sua direzione. La fanciulla si rannicchiò sull’enorme radice che fungeva da sedile, avendo cura di non toccare il suolo con i piedi. Eccole! Erano moltissime, e parevano sorgere da quel tappeto come evocate dal raggio di sole. Ognuna era abbigliata splendidamente di un vestito di raso giallo, ricamato di rame allo scollo e alle maniche, e irrorato da sfumature rosso sangue. Ciascun abito era diverso, pur possedendo tutti i colori del sole.

Lei però voleva continuare a indossare l’abito verde smeraldo. Aveva schernito le compagne per il loro decadimento: era giovane, lei, e piena di vigore. Poi, terrorizzata dai primi segni dell’inesorabile irraggiamento nell’abito, si era staccata di sua volontà e, aggrappandosi alle ali del vento, era giunta fino alla vecchia quercia. Ma anche il possente albero era spoglio. Era rimasta lì, da sola, afflitta dal senso di colpa per aver offeso le compagne, e spaventata dall’idea della morte.

“Il tuo abito diverrà giallo come il nostro. È inevitabile,” disse una voce. “Dobbiamo mescolarci alla terra,” aggiunse un’altra. “Ritorneremo dopo l’inverno,” la consolò una terza. E tutte presero a frusciare le vesti sotto la carezza del vento, come per invitarla a raggiungerle. Ma la fanciulla disse ancora no più volte, fino a quando le donne svanirono e il tappeto di foglie giacque, inerte. Venne l’inverno, e la giovane foglia verde perse i suoi colori, divenne gialla e avvizzita come le sorelle. Si distese sopra la radice, cadde, scivolò nel sonno e, immemore, ritornò nel grembo della terra.

Si risvegliò sul ramo dell’albero, senza sapere come vi fosse finita. Il sole squillava nel cielo. Guardò verso il basso, stupefatta: aveva di nuovo l’abito verde smeraldo. Accanto a lei, anche le sue sorelle frusciavano nel vento del bosco, nella loro eterna, rinnovata giovinezza.

Serenità (o Il bosco sacro) 
di Henri Martin (1899)