Dimitri Zagano è un artista di Monza, italianissimo nonostante il nome, che dipinge con tempera su tavola di legno, e utilizzando tecniche medievali. Si tratta di procedimenti lenti e laboriosi che ricordano l’alchimia o comunque il recupero di una dimensione più meditativa della pittura. Il risultato finale è un distillato di alta qualità, eppure straniante nell’ambito di una società dove tutto deve essere fatto velocemente e, anzi, in multitasking.

Nell’ambito di questa intervista, le sue risposte confermano non solo il suo talento artistico e la padronanza della tecnica, evidente nelle sue opere, ma anche una grande sensibilità umana nella sua professione d’insegnante di Disegno e Storia dell’Arte.































1. Dimitri, cominciamo subito con una domanda impegnativa: che cosa rappresenta per te l’arte, al di là del fatto che è anche il tuo campo professionale?

Per me l’arte rappresenta una spinta interiore che devo per forza soddisfare, quasi come un dovere morale. Ci sono stati dei periodi della mia vita in cui ho prodotto poco, e sono stati piuttosto cupi e tristi. Di conseguenza ho sempre cercato, poi, di continuare fedelmente a produrre qualcosa in sintonia con il mio stato d’animo del periodo, anche attraversando cambiamenti ed evoluzioni nel linguaggio. L’arte è come ossigeno, un po’ come la preghiera. Se non preghi, ti senti arido e scarno, e l’arte è esattamente questo per me: è un’esigenza spirituale.

Una quindicina di anni fa rappresentavo i problemi della società moderna: quello che vivevo io, le critiche che avanzavo, le mie aspettative sul futuro, il rimando alla Storia e che cosa possiamo imparare. Tuttavia c’è sempre stata la vena di interesse per l’antico – il Medioevo, il Rinascimento, il Barocco – e quindi anche quando dipingevo quadri sociali c’era un collegamento e una nostalgia per un passato dove sono state prodotte cose importanti. Quando ho cominciato a realizzare quadri ispirati al Medioevo e al Rinascimento, ho cercato tuttavia di interpretarli: immettevo il mio stile nel modo di disegnare le figure, nel movimento delle persone e degli animali. In questo senso non sono delle copie degli originali, perché il Medioevo caratterizza meno.

2. Come si diceva, tu sei un insegnante di Disegno e Storia dell’Arte agli studenti della scuola media. Come fai a coinvolgere i ragazzi, che si trovano nell’età difficile della preadolescenza?

Il punto di contatto con loro è proprio quello della fantasia e della creatività. Magari manca la capacità tecnica per rappresentare le loro emozioni, ma a quell’età nessuno è sprovvisto di immaginazione. Inoltre, quando sono con loro è come se ritornassi un po’ bambino anch’io e si risvegliasse una parte nascosta della mia anima. Spesso mi trovo molto meglio con loro che non gli adulti, proprio per via di questa comunanza! Poi hanno moltissimo entusiasmo: se gli dai l’input giusto non li fermi più, a differenza degli adulti che avanzano subito obiezioni sul tempo e sul denaro da impiegare o altre difficoltà tecniche.

3. In quale occasione ti sei accostato alle tecniche medievali e hai pensato di riproporle?

Innanzitutto avevo conosciuto degli iconisti nel 1993, tra cui un amico che durante il servizio civile mi aveva parlato dell’icona in senso spirituale. Questo mi aveva invogliato nella ricerca di una tecnica che da noi è poco nota, a differenza del mondo ortodosso e orientale. Avevo anche lavorato come restauratore di legni policromi, mobili, cornici a foglia d’oro che avevo appreso sia tramite scuola di restauro, dopo aver fatto il Liceo Artistico e l’Università (Restauro architettonico), che in botteghe di restauro a Milano e Monza.

In seguito avevo fatto un corso di affresco a Monza nel 1998 con un grande pittore che purtroppo è morto giovanissimo e che si chiamava Andrea Sala; sebbene io non fossi riuscito a concludere il corso per tempo. Oltre all’affresco, avevo riscoperto anche la tecnica della tempera all’uovo, in quanto eseguivamo il lavoro preparatorio dell’affresco proprio con questa tecnica. Da qui è nata la voglia di approfondire sia la parte teorica, con lo studio di libri, sia la parte pratica, soprattutto nella sperimentazione.

4. Qual è il primo passaggio necessario per realizzare le tue opere?

Innanzitutto occorre preparare la tavola. Come prima cosa scegli il legno, che si può utilizzare così com’è oppure ricoprirlo di una tela, che con la sua elasticità serve a impedire i movimenti del legno nel tempo, a causa degli sbalzi d’umidità e di temperatura. Usavano farlo gli antichi soprattutto quando realizzavano le icone, anche perché la tela ricorda il lenzuolo in cui venne avvolto Gesù, la Sindone. Aveva una molteplice valenza: simbolica, religiosa e tecnica. La tela si applica con una colla animale, che deriva da scarti di macellerie. Si tratta di colle di coniglio o di bovini che si usavano fin dai tempi dei Romani, ad esempio nei ritratti del Fayyum, e usata in tutto il Medioevo e Rinascimento. Con la pittura a olio si è persa quest’abitudine.

Sopra questa tela si passano degli strati di gesso e colla in diverse mani. Si può arrivare anche a dieci mani proprio per assicurarsi che duri. Io ne faccio quattro al massimo, proprio perché non eseguo mai opere che necessitano di durare nei secoli. Questi strati di gesso e colla, miscelati nelle giuste percentuali, vengono levigati ogni volta fino a ottenere una superficie molto molto liscia e assorbente. Di conseguenza l’ultimo strato non deve avere molta colla perché altrimenti il colore non penetra.

In questo tipo di pittura non ci sono cornici; per crearne una occorre scolpire il legno stesso dall’origine del lavoro. Quindi scavi e abbassi tutta la parte centrale e lasci in rilievo il perimetro esterno. Puoi lavorarlo a spigolo o farlo arrotondato come preferisci. Su questo poi metti la tela oppure il gesso.

5. Il secondo passaggio prevede la creazione di un bozzetto, immagino.

Sì, esattamente. Di solito lo eseguo direttamente sulla superficie gessata in quanto prima ho eseguito degli studi per chiarirmi le idee. Volendo si può fare prima su carta, trasferendolo con un metodo di puntinatura della carta, come si fa con l’affresco; oppure puoi colorare il retro della carta, passando uno stilo o uno strumento appuntito per lasciare il contorno. Però non lo fa quasi nessuno, e c’è da dire che sono tecniche prese a prestito da altre discipline. Quindi io eseguo una traccia direttamente sul gesso asciutto e liscio, decidendo bene l’ingombro delle figure, dove si trovano, i loro volumi, se c’è una geometria, se ci sono delle proporzioni da rispettare.

Di solito lo faccio con il carboncino o con una matita oppure con un pastello colorato, perché poi occorre spolverarlo e quindi non deve andare a interferire col colore. Infatti tendo a non usare il carboncino, proprio perché sporca molto. Poi riprendo subito i contorni con un pennello.

6. Usi dei pennelli fatti con pelo animale?

Quando partecipo a rievocazioni storiche, uso proprio questo tipo di pennelli fatti in casa. Sono in grado di costruirli io; ma sono molto scomodi da usare, specialmente quelli piccoli! Sono comunque più morbidi di quelli fatti con le setole sintetiche che si comprano nei negozi. Per costruirli si prende il crine e lo si lega con una cordicella fine, e il tutto si chiude attorno al bastoncino di legno applicando della colla animale.

7. Arriviamo alla stesura del colore. Puoi spiegarci quali passaggi comporta questo genere di pittura? È una tecnica difficile?

All’inizio può sembrare difficile perché è meno immediata della pittura a olio. Se non si seguono alcuni passaggi importanti si rischia di eseguire dei lavori poco duraturi. La pittura a tempera si basa infatti su diversi strati di colore; quindi se si sbaglia l’impasto tra pigmento in polvere, uovo e acqua, si prepara qualcosa che scivola via. Il segreto è quello di partire da qualcosa di “poco grasso”, che penetra molto perché acquoso, per andare avanti con un impasto sempre più grasso e aggrappante. Si chiama “grasso su magro”. Se, viceversa, fai subito un impasto grasso e vuoi fare una tempera poi più diluita, scivola via; e quindi devi portar via, cancellare e riprendere. Il rischio è quello che, nel tempo, si rovina: si vedono delle crettature e il colore salta via.

Un altro problema è la verniciatura. Quando fai un lavoro a tempera, non puoi verniciarlo subito perché ha dei tempi di asciugatura e di ossidazione molto lenti: bisognerebbe aspettare mesi e mesi. Sarebbe meglio aspettare anche un anno. Poi si può sigillare con una vernice che rende l’opera anche impermeabile. Se si precorrono i tempi si rischia di soffocare la pittura: le reazioni continuano a innescarsi anche sotto questa pellicola, comprimono e fanno saltare la vernice.

Dipingere comporta una reazione chimica, persino quando usi colori naturali: c’è del ferro, c’è del carbonio, ci sono dei minerali… Lo stesso uovo contiene proteine, l’acqua deve evaporare e, se rimane dentro, può creare delle muffe che premono contro la vernice e la fanno scoppiare. Difficilmente oggi i pittori moderni studiano questo tipo di reazioni, come invece facevano gli antichi che erano espertissimi.

La Terra nel sistema tolemaico 
– legno intagliato

8. Quali sono i colori più “impegnativi”? So che spesso usi anche l’oro zecchino per il sole, ad esempio nella tavola di San Giorgio e il drago.

L’oro non è un colore in senso stretto, in quanto è una foglia di oro vero: una lamina sottilissima misurabile in micron. Ogni colore ha comunque un suo modo di miscelarsi e di ricevere l’acqua e l’uovo, perché ha caratteristiche e provenienze diverse. C’è magari quello ferroso, ce n’è un altro con minerali differenti al suo interno; ci sono le terre; c’è quello più trasparente e quello più coprente. Però i colori non comportano difficoltà maggiori o minori: sta a te valutare come usarli. In genere le terre sono più opache. Invece i blu e i colori più metallici sono più brillanti.

9. Come fai a scegliere i soggetti dei tuoi lavori? Sono tratti da immagini su pergamena o da affreschi oppure sono interamente frutto della tua immaginazione?

Alcuni sono immaginari, ad esempio avevo dipinto l’assalto a un castello da parte del Barbarossa nei pressi di Milano. Altri sono rintracciabili all’interno di miniature, come i suonatori medievali dove io ho introdotto l’organo antico; oppure sono stati ripresi da opere famose, che poi ho rielaborato. Ad esempio il cavaliere al torneo è un’immagine abbastanza ricorrente, come pure San Giorgio e il drago.

Dio e l’universo
– legno intagliato



10. Alcuni soggetti sono veri e propri cavalli di battaglia, in quanto li riproponi con delle piccole varianti. Uno di questi è il cavaliere dell’Apocalisse. Come mai il Libro dell’Apocalisse e i suoi terrificanti cavalieri?


Mi piaceva unire l’aspetto religioso del Libro dell’Apocalisse con il soggetto tipicamente medievale del cavallo e del cavaliere. Inoltre si tratta di un Libro ricchissimo di immagini e simboli che si prestano molto bene alla rappresentazione artistica. Nel Medioevo era molto conosciuto, non solo tra il clero ma anche tra il popolo; non per niente l’argomento fa paura anche ai nostri giorni, in quanto ritorna sempre nella storia del genere umano.

11. So che realizzi anche dei lavori in legno intagliati. Come fai a eseguirli?

Il procedimento è lo stesso di quello descritto per le tavole, quindi il legno è intagliato come si vuole, e poi preparato nello stesso modo della tavola, con il gesso e la colla nei vari strati; dipingi poi con la tempera all’uovo. Tra l’altro puoi fare anche delle sculture a tutto tondo. Si chiamano legni policromi, e si trovano esempi molto realistici nella statuaria di sacre rappresentazioni.




12. Il periodo medievale suscita molto interesse, che si traduce nella costituzione di associazioni, nelle compagnie di rievocatori, nei mercati tipici e nei banchetti che propongono piatti cucinati secondo le ricette dell’epoca. Come spieghi questa vivacità attorno a un periodo storico che solo da poco gode di una meritata rivalutazione?

A mio parere il periodo ha avuto una spinta grazie ai film fantasy, come Il Signore degli Anelli. Ritorna in modo ricorrente, ma lo vedo molto legato al fantasy e, di conseguenza, a serie televisive e romanzi. Infatti quando si osservano i film medievali, i costumi spesso non sono aderenti all’epoca, ma più frutto di fantasia.

Contribuiscono molto anche le rievocazioni storiche. Ce ne sono parecchie anche sul periodo rinascimentale, anche se, più vai avanti a livello storico, meno ce ne sono. Del ’600 e ’700 ce ne sono poche. In Liguria e in Piemonte si fanno rievocazioni sul periodo napoleonico e risorgimentale.



13. So che partecipi a fiere medievali e rievocazioni storiche da solo o come membro di un’associazione. Che cosa attira maggiormente nelle tue opere, anche da parte di chi non ti conosce?

Più che dalle opere sono attratti dalla manualità e dalla stranezza della cosa. Questo può essere una reazione all’eccessiva digitalizzazione della nostra società. Noi abbiamo anche chi crea le cotte di maglia, e le persone rimangono esterrefatte perché pensano che nessuno riesca più a fare una cosa così complicata a livello manuale. Anche il fatto di vederci vestiti con abiti antichi, cuciti da noi, incuriosisce, in quanto tutti noi siamo abituati a comprare vestiti e oggetti bell’e pronti e in serie, e quindi senza nessuna originalità. Invece noi li personalizziamo, lavorandoci magari per dei mesi: diventano una parte di noi.

All’inizio delle rievocazioni, infatti, quando arrivi sul posto con abiti normali e sai che devi indossare abiti medievali, ti senti quasi un alieno. Poi quando sei nel contesto e calato nel tuo ruolo, dimentichi che sei in un’epoca differente e non ti senti più spaesato. Dall’esterno possiamo apparire come degli autentici buffoni, invece a queste rievocazioni partecipano spesso persone che hanno studiato e si sono preparate; tra gruppi e individui possiamo confrontare le nostre esperienze e trovare soluzioni a imprevisti e problemi.

14. Per concludere, ci sono dei soggetti che non hai ancora affrontato, magari per una sorta di timore reverenziale, e che ti piacerebbe riprodurre?

Vorrei riprendere il discorso delle icone religiose, ma reinterpretandole. Oppure anche riprodurre altre scene della Bibbia con i Profeti che non si trovano nell’iconografia tradizionale. O, nell’ambito della Storia medievale, il Papa e Attila che si incontrano: fatti che si trovano in piccole miniature all’interno dei manoscritti o in tele a olio molto posteriori, e provare a farne delle opere.

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Ci congediamo da Dimitri attraverso il breve filmato altamente evocativo intitolato “Un cavaliere dell’Apocalisse”, che potete visionare al seguente link e che riassume visivamente tutto quello che ci ha raccontato nel corso dell’intervista; e che ebbi modo di vedere nell’ambito del ciclo Medioevo in Libreria a cura dell’Associazione Italia Medievale.

Il suo blog è inoltre visitabile a questo link.

Buon Medioevo a tutti!




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Le fotografie sono state fornite da Dimitri Zagano, oppure sono scatti dell’autrice di questo articolo.