Oggi ospito con molto piacere il guest post di una cara amica, nonché autrice di romanzi e titolare del blog L’angolo di Cle. Si tratta di Clementina Sanguanini: una persona intelligente e molto versatile, e ferrata specialmente in campo artistico. A lei ho chiesto di scrivere un guest post, suddiviso in due parti, sulle figure antitetiche dei pittori Tiziano Vecellio e Lorenzo Lotto. Non solo essi svilupparono una visione differente dell’arte, ma si confrontarono con il potere in modo opposto.

Il pregio di questo articolo, oltre alla sua indubbia qualità, è dunque quello di riproporre il dilemma sull’atteggiamento da tenere di fronte al potere, da parte di artisti e intellettuali. Un dilemma che fece vittime illustri, come lo scrittore russo Michail Bulgakov.

Ecco che cosa ci racconta Clementina.


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Venuti al mondo a pochi anni di distanza e a un centinaio di chilometri l’uno dall’altro, Lorenzo Lotto e Tiziano Vecellio rappresentano due tra le figure più eminenti della pittura veneta del Cinquecento.

Lorenzo nascerà nel 1480, a Venezia, mentre Tiziano vedrà la luce a Pieve di Cadore, non si sa bene se nel 1480 o nel 1488 (vi sono più ipotesi).

Il contesto storico nel quale si muovono i due pittori, che si mostrerà eccezionale dal punto di vista dei cambiamenti, li porterà a diventare protagonisti di una cultura visiva del tutto nuova. Ma che situazione viveva Venezia in quel periodo?

Da qualche decennio era caduta Costantinopoli (1453), la Serenissima era da poco uscita, piuttosto acciaccata, dal primo conflitto con il nuovo Impero Ottomano (1463-79), Cristoforo Colombo è in procinto di scoprire l’America (1492). Venezia, dunque, sta iniziando a guardare verso le ricchezze della terra, non più (solo) quelle del mare, per affermarsi come potenza commerciale europea.

Guardando oltre, è possibile anche tracciare un rapido riassunto di ciò che avviene in quel periodo in Europa e, di conseguenza, nel nostro Paese, che inevitabilmente influenzerà il pensiero degli intellettuali, quindi anche degli artisti, vissuti in quell’epoca. Del resto, grazie anche alla diffusione della stampa, strumento inventato da Gutenberg tra il 1436 e il 1440, la circolazione delle idee a livello europeo fu enormemente favorita. A questo proposito, ricordo che a Venezia fu stampata non solo la prima traduzione italiana del Corano, ma anche la prima Bibbia in volgare e pare sia stata illustrata da Lorenzo Lotto.

Ci troviamo, infatti nel pieno del Rinascimento, periodo di grande creatività e di fortissima innovazione che darà luogo alla comparsa di un nuovo modello di intellettuale. Sul piano artistico assistiamo ad una grande celebrazione del potere e delle istituzioni politiche che stavano dando luogo alla formazione dello Stato moderno e delle sue classi dirigenti. Ma anche a livello scientifico e filosofico assistiamo a grandi stravolgimenti, legati essenzialmente ad alcune figure che nascono e operano in quegli anni: Machiavelli (1469 – 1543) che per primo teorizzò la necessità di separare l’ambito della politica dalla morale e dalla religione; Erasmo da Rotterdam (1466 – 1536), filosofo e letterato che mise alla berlina le superstizioni e i pregiudizi alimentati dalla teologia scolastica, così come le follie dei grandi della Terra; Copernico (1473 – 1543), che elaborò la «rivoluzione copernicana», condannata come blasfema, in quanto contraria agli insegnamenti della Bibbia, con cui afferma che il Sole occupa il centro dell’universo e la Terra gli ruota intorno; Tommaso Moro (1478 – 1535), che si oppose all’assetto sociale dell’Inghilterra basato sulla proprietà privata e allo scisma anglicano; Martin Lutero (1483 – 1546), monaco tedesco che diede vita al grande processo religioso e culturale chiamato Riforma protestante.

Questa favorevolissima congiuntura politica, economica, culturale, farà sì che a Venezia, e nei territori da essa dominati (tra cui Bergamo), l’arte pittorica troverà un eccezionale sviluppo e un linguaggio figurativo originale fondato su premesse differenti rispetto quelle del Rinascimento del Centro Italia.

Protagonista di questo rinnovamento sarà Giorgione, che facendosi interprete di un nuovo stile pittorico basato sulla pittura tonale, cioè “senza disegno”, darà una nuova resa dello spazio.

In quegli anni, anche un altro grande maestro si sta dedicando alle stesse ricerche. È Giovanni Bellini, colui presso il quale (secondo il Vasari) lo stesso Giorgione avrebbe compiuto l’apprendistato.

Vi starete chiedendo come mai stia parlando di Giorgione e di Bellini? Ve lo spiego subito: questi due maestri fungono da cerniera tra i protagonisti del nostro post. Vi illustro subito in quali termini, seguitemi.

Tiziano giunge a Venezia giovanissimo, dove ha inizio la sua educazione artistica nell’ambito di Giovanni Bellini. Poi, però, verso i diciotto anni, si avvicina alla scuola di Giorgione, di cui diventerà il successore, oltre che collaboratore in diverse imprese. La sua vita sarà contrassegnata da diverse fasi stilistiche.

Più o meno nello stesso periodo Lorenzo, che a Venezia ci è nato, frequenta verosimilmente l’atelier del Bellini, ma risente anche degli influssi di Giorgione (secondo il Vasari ne è stato, a sua volta, allievo).

Insomma, la Venezia del Cinquecento è una potenza, ma non certo una grande metropoli e viene da pensare che i nostri due artisti si siano incontrati, almeno nel periodo della formazione, anche più di una volta.

In seguito, ciascuno di loro prenderà strade diverse, che si intrecceranno di nuovo, molti anni dopo, intorno al 1540, per poi dividersi definitivamente.

Tiziano, sotto l’ala di Giorgione, riuscirà a mettersi in mostra fin da giovanissimo e negli anni successivi si affermerà come il pittore ufficiale della Repubblica veneziana (carica che conserverà per una dozzina di lustri). Con queste credenziali inizierà presto a lavorare per alcune corti italiane (Ferrara, Mantova, Urbino, Roma e per l’imperatore Carlo V).

Lorenzo, si formerà inizialmente a Venezia e si dimostrerà particolarmente talentuoso, fin da giovanissimo, ma a causa del suo carattere introverso, della sua determinazione a evitare di scendere a compromessi con il potere, di un intenso sentimento religioso e dell’esuberanza di Tiziano, prenderà presto le distanze da questa città per frequentare zone più decentrate, come Treviso, le Marche e Bergamo. La sua spiccata sensibilità lo indurrà spesso in crisi e lo spingerà più volte a voltare le spalle alla fortuna, soprattutto quando questa gli tenderà nuovamente una mano, in età adulta (1509), invitandolo a collaborare con un selezionato gruppo di artisti, richiesti direttamente da Giulio II, alla decorazione di una delle stanze della Santa Sede (decorazioni che verranno distrutte pochi mesi dopo per affidare l’intero progetto a Raffaello Sanzio).

Pertanto, con queste premesse, prende vita il percorso artistico dei due pittori ai quali, come vedremo, verrà riservato un destino diametralmente opposto.

Tiziano conoscerà fin dagli arbori uno straordinario successo, intessuto di fama, riconoscimenti, agiatezza, che conserverà per tutta la lunga esistenza (morirà quasi novantenne, e forse più), durante la quale darà anche vita ad una bottega, una vera e propria azienda in cui impiegherà un nutrito numero di artisti e grazie a questo laboratorio diventerà uno dei più ricchi artisti della storia.

Lorenzo condurrà una vita segnata da amari sconforti, da tante incomprensioni, da tante difficoltà economiche, da frequentazioni poco ortodosse (fu particolarmente attratto dal luteranismo e pare che frequentasse personaggi processati per eresia, come Bartolomeo Carpan) che gli resero ancor più difficile la permanenza a Venezia per timore di ripercussioni inquisitoriali nei suoi confronti. Nel 1554, ormai ridotto in miseria chiederà asilo al santuario di Loreto, dove rimarrà fino alla morte, nel 1556. Verrà rivalutato come artista solo nell’Ottocento.

– continua nella parte 2