L’argomento di questo post sarebbe stato perfetto per il 2 novembre, e non per questi giorni di canicola estiva, ma tant’è… anch’io spesso recito a soggetto. Infatti, quando pensiamo ai maggiori protagonisti della Rivoluzione Francese, non ci sfiora nemmeno il dubbio dell’età in cui morirono: siamo convinti che dovessero avere come minimo cinquant’anni. Questo accade in modo particolare per alcuni di loro, come Robespierre che appare il più rigido e “antiquato”, o come il massiccio e corrotto Danton, rovinato da un’esistenza di piaceri terreni. La presenza di alcune malattie devastanti, come il vaiolo che sfigurava i lineamenti, contribuiva a togliere al volto la freschezza tipica dell’età giovanile e a invecchiare, almeno in apparenza.

Calcolatrice alla mano, si scopre invece che quasi tutti morirono giovani. Giovani persino per l’epoca. Robespierre aveva trentasei anni, e dunque era un uomo nella sua piena maturità; Danton era minore di un anno. Camille Desmoulins aveva trentaquattro anni, e in una delle lettere alla moglie, scritte dalla prigione del Luxembourg, lamenta proprio il terribile destino di “morire giovane”. Lucile Desmoulins, la moglie, che lo seguì al patibolo dopo una decina di giorni, ne aveva ventiquattro. Antoine de Saint-Just salì alla ghigliottina senza aver compiuto ventisette anni.

I loro corpi finirono nelle fosse comuni dei grandi cimiteri di Parigi, già strapieni, e quindi molto spesso non esistono tombe con cui ricordarli. Ho dunque pensato di prendere spunto dall’Antologia di Spoon River, una raccolta a metà tra la poesia e la prosa dello scrittore americano Edgar Lee Masters per comporre la mia personale Spoon River rivoluzionaria. In ogni poesia di Lee Masters, infatti, si racconta un’esistenza sotto forma di epitaffio. È lo stesso defunto a parlare di sé in maniera sincera, sintetizzando la sua vita e molto spesso rivelando una terribile verità nascosta.

A differenza di Masters, io non ho scritto un’epigrafe, ma appongo alcune frasi scritte di loro pugno o dichiarazioni certe, confermate da più testimonianze di contemporanei, quindi senza tema che siano state loro attribuite a posteriori per motivi politici o ideologici. Anche se estrarre una frase dal suo contesto è pur sempre una forzatura, trovo che in  qualche modo rispecchino la loro esistenza, il loro carattere, le loro speranze e le loro ambizioni. Come vedrete, i personaggi che ho scelto sono tutti giovani tranne l’ultimo.

Entriamo dunque in questo mio cimitero virtuale, con rispetto e anche un po’ di timore e circospezione. La prima persona che incontriamo è celeberrima e non ha bisogno di molte presentazioni. A voi scoprire gli altri.

Maximilien Robespierre (1758-1794)

Pretenderebbero forse di farmi scendere
nella tomba con ignominia?
Non avrei lasciato sulla terra 
che la memoria di un tiranno?

(dal discorso dell’8 termidoro 1794,
vigilia del suo arresto e della sua esecuzione)

Louis Antoine de Saint-Just (1767-1794)


Eppure, malgrado tutto, resto sempre me stesso:
avulso dal tenebroso destino.
Ero un dio e sempre lo sarò. Per l’eternità.

(da Organt, poema del 1789, 
riferendosi a Lucifero caduto)


Camille Desmoulins (1760-1794)

Avevo sognato una Repubblica adorata da tutti.
Non potevo credere che gli uomini 
fossero così ingiusti e feroci.

(da una lettera alla moglie, scritta il 2 germinale
dalla prigione del Luxembourg)



Lucile Desmoulins (1770-1794)

Essere degli esseri, essere indefinito e indefinibile!
Tu che tutta la terra adora. 
Tu mia sola consolazione.


(dalla “Preghiera a Dio”, scritta sui suoi diari il  6 giugno 1789
all’età di diciannove anni)


Georges-Jacques Danton (1759-1794)

Un uomo che difende la propria vita
se ne infischia di un campanello e urla.

(rivolto a Herman, presidente del Tribunale rivoluzionario,
che lo richiamava all’ordine chiedendo
“Non senti il campanello?” il giorno 14 germinale 1704)

Jean-Paul Marat (1743-1793)

Quale mezzo ci resta ormai 
per far finire i mali che ci opprimono?
Ripeto non esservene alcun altro 
che le esecuzioni popolari.

(da una dichiarazione dell’8 luglio 1791)



Olympe de Gouges (1748-1793)

Uomo, sei tu capace di essere giusto? 
Chi ti pone questa domanda è una donna: 
questo diritto, almeno, non glielo toglierai. Dimmi. 
Chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso?

(dalla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, 1791)

Emmanuel Joseph Sieyès (1748-1836)


Ho vissuto.
(citato in Mignet, Notices historiques, I, 81)





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Non tutti gli epitaffi sono drammatici o tristi, beninteso. Esistono epitaffi ironici come quello di Walter Chiari, “Amici, non piangete, è soltanto sonno arretrato”, o alcuni sulle tombe degli antichi Romani sulla via Appia, modernissime per senso dell’umorismo. 


Conoscete altri epitaffi celebri? Toccando ferro, avete mai pensato di scrivere il vostro?


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Fonti immagini:

  • Maximilien Robespierre – collezioni presso lo Château de Versailles
  • Louis de Saint-Just di Pierre Paul Prud’hon
  • Camille Desmoulins realizzato da Jean-Sébastien Rouillard
  • Lucile Desmoulins di Louis-Léopold Boilly
  • Georges Jacques Danton realizzato da Constance-Marie Charpentier, Museo Carnavalet, 1792.
  • Jean-Paul Marat di Joseph Boze
  • Olympe de Gouges di Alexandre Kucharsky
  • Emmanuel Joseph Sieyès di Jacques-Louis David