Rieccomi! Dopo l’adrenalina dello scorso fine settimana, è giunto il momento di darsi una calmata sia pure a malincuore… anche messer Bernabò Visconti non è molto d’accordo, e se fosse per lui sarei sempre lì a cantare le sue gesta. Per giunta non mi paga da mesi, ma non oso rivolgermi ai sindacati… Voi che ne pensate? Comunque oggi l’ho spedito a farsi un giro nei boschi a caccia, uno dei suoi svaghi preferiti, nella speranza che si distragga e non ritorni quando meno me lo aspetto, cioè di punto in bianco come fa di solito.

Oggi infatti è il turno del Caffè della Rivoluzione e, fedele al mio proposito di proporvi post abbastanza brevi ma ugualmente interessanti, come spero, vorrei parlarvi di un luogo speciale. A Parigi infatti c’è un museo che non manco mai di visitare: il Muséè Carnavalet, rue de Sévigné 23, III arrondissement. Attualmente è chiuso per restauri, e dovrebbe riaprire più bello che pria! Infatti è il Museo della città di Parigi, di estrema importanza perché Parigi è sempre stata “la Francia”, ovvero il suo cuore pulsante e il centro irradiante della Rivoluzione. Quindi, chi è appassionato del periodo storico non può farsi sfuggire una visita in questo luogo magico, anche per immergersi appieno nell’atmosfera dell’epoca.

È costituito da due palazzi collegati tra loro da una galleria situata al primo piano: l’hôtel Carnavalet e l’hôtel “Le Peletier de Saint-Fargeau”. Tra le numerose ricostruzioni, vi sono due pezzi di stile Luigi XV, con due complessi decorativi disegnati dall’architetto Claude Nicolas Ledoux, esempi di neoclassicismo; il caffè militare, esempio dello stile le grand goût; otto pezzi in stile Luigi XV e in stile Luigi XVI (stanza dorata, camera policroma, piccolo salotto, salone blu, salone grigio, salone turchese, salone giunchiglia – giallo chiaro) con i mobili di collezioni lasciati per testamento. Per gli appassionati di Marcel Proust, c’è la camera dove ha scritto La recherche.

Ma il vero tesoro è per me costituito dalle dodici sale dedicate alla Rivoluzione Francese, con i muri coperti di tessuti rigati secondo il gusto dell’epoca. Qui accanto potete vedere il salon bleu in stile Luigi XV con mobili dell’Hôtel Brulart de Genlis (1780 ca.). Potete ben capire che cosa provo quando cammino in questi luoghi silenziosi, su soffici tappeti, mentre ritratti di persone abbigliate secondo la moda dell’epoca mi osservano dalle pareti. Essendo un museo estraneo ai grandi circuiti turistici, non l’ho mai trovato sovraffollato di gruppi vocianti, guide esauste o persone poco interessate, e questo costituisce un motivo di ulteriore fascino. Sembra davvero di tornare indietro nel tempo.

Numerosi oggetti vi sono esposti, come scatole, medaglioni, ventagli, illustrazioni e maquette, mobili, emblemi rivoluzionari e pitture, e alcune chicche come il gioco del domino e i soldatini di piombo del piccolo Dauphin; le chiavi della Bastiglia; manette dell’epoca; modellini ridotti di ghigliottine; un anello in forma di bara contenente dei capelli del re Luigi XVI. Ci sono anche cimeli e oggetti appartenuti al gotha della Rivoluzione, che, negli anni passati, venivano esposti a rotazione probabilmente non essendoci spazio a sufficienza per esporre tutto in contemporanea. Mi ricordo di aver visto, ad esempio, la sedia a rotelle di Couthon, che poi era sparita in occasione di una successiva visita; e anche la cartella di cuoio di Robespierre.

Tra le testimonianze particolarmente drammatiche sull’esistenza di quest’ultimo, c’è l’appello alla sezione des Piques redatto dal Comité d’exécution de la Commune nella notte del 9 termidoro. Ricapitolando brevemente i fatti, Maximilien Robespierre, suo fratello, Saint-Just, Couthon, Lebas erano stati arrestati nel corso di una convulsa seduta alla Convenzione, e tratti in carcere. Liberati dai sostenitori, si erano recati all’Hôtel de Ville, cioè al municipio, dove avevano cominciato a redigere questo appello al popolo. Se ingrandite e osservate bene il documento, c’è la firma interrotta di Robespierre (Ro…) e macchie di sangue non solo in fondo alla pagina, ma anche schizzate di lato. Naturalmente sembrano inchiostro, ma è proprio sangue.

Il luogo per me più emozionante è una sala dove ci sono tre ritratti: su una parete ci sono i coniugi Desmoulins, Camille e Lucile, uno accanto all’altra. Lui è in uno dei suoi ritratti peggio riusciti, a mio avviso; ha la faccia oblunga e pochi capelli sulla fronte, e sembra che abbia il mal di gola tanto ha il collo avvolto nella sciarpa, mentre lei è graziosissima. Se riuscirò a concludere il mio romanzo, vorrei inserire questo ritratto di lei in copertina. 
E, sulla parete d’angolo, il bellissimo ritratto, quello che prediligo, del loro amico di famiglia, Maximilien Robespierre. Separato dai Desmoulins eppure vicino. Mi ha sempre commosso moltissimo vederli riuniti, come se in quel luogo silenzioso siano finalmente in pace e magari, chissà, di notte possono discorrere come facevano un tempo prima che le circostanze e l’inimicizia li dividessero. Vorrei che dopo la ristrutturazione del museo non fossero separati…

Loro sono i protagonisti del mio altro copione teatrale, dal titolo “Il Canarino“.

Bene, mi sono fatta venire la classica lacrimuccia, e quindi concludo il mio amarcord con il link al sito dove potete godere una visita virtuale in attesa di quella reale. Anche perché sento un certo scalpitare di cavalli, segno che messere sta tornando dalla caccia… !

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Avete un luogo del cuore (un museo, un sito, una chiesa, un’abitazione, una città…) che vi è particolarmente caro?

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Fonte informazioni sul museo: 
Wikipedia


Fonte immagini:

  • Corte interna dell’Hôtel de Carnavalet – da Wikipedia
  • Le musée Carnavalet à Paris, salle 53, salon bleu Louis XVI – da Wikipedia
  • Appel à la section des Piques rédigé à l’Hôtel de Ville dans la nuit du 9 thermidor (27 juillet), la signature de Robespierre est interrompue – Les Musées de la Ville de Paris, les collections
  • Ritratti di Camille Desmoulins, Lucile Desmoulins, Maximilien Robespierre al Musée Carnavalet – da Wikipedia