Di recente molti blogger si sono occupati dell’argomento “acqua” nei loro spazi, forse ispirati dalle temperature perduranti, alleviate di quando in quando da brevi sprazzi di pioggia. Solo per menzionarne un paio, Clementina Daniela Sanguanini, che ci aveva già proposto una serie in cui l’ultimo post “Viaggio nell’acqua a…” riguarda la storia dei Navigli milanesi (qui il link relativo) e Glò con l’articolo “Glò thinking – Condizioni naturali avverse” (qui il link relativo) dove ci propone stralci da opere letterarie, molti dei quali dedicati all’acqua come elemento scatenante di climi estremi.
Ho pensato quindi anch’io, nell’ambito della rubrica del mercoledì, di proporvi un post su questo argomento oltremolto affascinante; di recente, esso è tornato alla ribalta delle cronache per la siccità imperante, desertificazione e le guerre dell’acqua che potrebbero scoppiare in un futuro non tanto lontano. Per farlo, mi servirò ancora una volta del testo Le tableau de Paris del nostro Louis-Sébastien Mercier, un battagliero e intraprendente cronista che ci ha offerto preziosi spaccati di vita parigina negli anni appena precedenti lo scoppio della rivoluzione.
All’epoca non c’erano le cosiddette “ferie” estive in quanto ci si sollazzava tutto l’anno come le classi nobiliari, o si continuava a lavorare duramente nei campi come i contadini. Possiamo dire però che i borghesi sfuggivano alla calura cittadina rifugiandosi nelle loro seconde case in campagna, solitamente poste a poche miglia da Parigi. I coniugi Duplessis, genitori di Lucile e Adèle, avevano una dimora a Bourg-la-Reine nell’Île-de-France, la regione che fa capo a Parigi, dove trascorrevano l’estate e i fine settimana primaverili ed estivi. Là accorrevano a frotte le carrozze con a bordo gli ammiratori di Lucile, che pare fosse bellissima e molto intelligente. In quella casa si ricevevano politici, giornalisti, deputati e intellettuali, si faceva musica, si giocavano partite a carte o altri giochi in voga all’epoca, si facevano spuntini e soprattutto si corteggiavano le due ragazze. Per i più distratti ricordo che Lucile sposò poi il giornalista Camille Desmoulins, uno che, tra tutti, era partito assai svantaggiato nella conquista della bella fanciulla, la quale condivise con lui gli ultimi anni della loro breve esistenza.
Già, ma come vivevano le persone costrette a rimanere a Parigi? Al capitolo “Abbeveratoi” scopriamo con interesse, e anche un pizzico di sorpresa, uno scorcio di vita lungo la Senna, che sembra suggerirci qualche collegamento con le abitudini dei giorni nostri. La Senna è un fiume talmente legato alla città in cui scorre da essere parte della sua fisionomia, come l’Arno ci ricorda Firenze o il Tevere suggerisce Roma. Malgrado il fiume fosse molto sporco, infatti, in quanto in alcuni punti si riversavano le condutture fognarie, lungo le banchine erano situati abbeveratoi per gli animali, e persino – udite, udite – rozze cabine dove poter fare il bagno.
Scrive infatti il nostro cronista, sempre attento a descrivere l’ambiente, ma anche a sottolineare polemicamente il problema sociale:
Le banchine che costeggiano la Senna sono aperte, in certi punti, da abbeveratoi che servono ai cavalli e ai buoi; ma capitano talvolta negli incidenti, soprattutto in casi di piena. Un cavallo, attaccato ad altri, avanza troppo, e la corrente lo trascina via. I cavalli, maldestramente attaccati, si dibattono e molti periscono. Un battello che chiuderebbe il bacino, o una balaustra avrebbero prevenuto questi pericoli. (…) Si può dire altrettanto di queste assi sul fiume, da dove i portatori d’acqua riempiono i loro secchi quando le fontane sono gelate. Ne periscono ogni anno. (…) I portatori d’acqua osservano regolarmente il loro giro, quando vanno ad attingere sia alla fontana, sia al fiume; e sono più gentili e più giudiziosi di certi autori che cercano di usurpare il posto dei loro colleghi facendo passare le loro opere prima che sia giunto il loro turno.
Non bisogna dimenticare, infatti, che Parigi all’epoca, oltre a essere più piccola nella sua estensione, aveva ancora molte caratteristiche medievali, con le tipiche case ammassate, sporche e sovraffollate come nell’immagine che vedete qua sopra.
***
Ebbene, non trovate che sembra di leggere le cronache dei nostri giorni, con le persone che vanno a bagnarsi in alcuni fiumi e laghi, perché privi della possibilità di fare la cosiddetta vacanza al mare, e degli incidenti che avvengono per mancanza di prudenza?
***
Immagini dal web:
- Ragazze sulle rive della senna di Gustave Courbet (1857) – Museo del Petit Palais
- La Pointe est de la Cité di Nicolas-Jean-Baptiste Raguenet (1757), musée Carnavalet, Paris
- 1675-1685 French Fashion plate “Recueil des modes de la cour de France, ‘Argent de Mes Petits Oiseaux'” at the Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles
- Le Petit-Pont et le Petit-Châtelet prima dell’incendio del 1718
Il tema dell’accessibilità a fiumi, laghi e mari si è sempre presentato controverso e tale è rimasto ancora oggi. Bello e molto interessante questo excursus sulla Senna in una Parigi ai tempi della Rivoluzione!
Inevitabilmente penso che l’occupazione e l’uso di tali spazi, facenti parte del demanio pubblico, implichino una serie di responsabilità che si traducono in ingente esborso di risorse amministrative: non basta dichiarare libero l’accesso a un fiume, bisogna investire risorse mirate alla gestione di quelle specifiche aree mirate a garantirne la sicurezza, con relativa manutenzione e personale idoneo atto a sorvegliare che i bagnanti non rischino l’annegamento. Come minimo. Il più delle volte i Comuni, le Regioni, lo Stato tendono a risolvere il problema assegnando concessioni demaniali dietro la corresponsione di un canone. A quel punto ci si trova davanti al privato di turno che gestisce lo stabilimento balneare, al quale spesso annette esercizi di ristorazione, noleggio di imbarcazioni e conduce strutture di accoglienza, dietro compenso, spesso molto salato. In particolare, quando si tratta di fiumi o laghi che si affacciano, o attraversano una città “importante”, le responsabilità di quel Comune vengono poste sotto la lente di ingrandimento mediatica. Anche la concessione degli spazi demaniali ai privati, però, affinché gestiscano gli stabilimenti balneari non è priva di aspetti macchinosi e contorti. Perlomeno in Italia (di cui sono certa). La questione è davvero problematica, anche dal punto di vista giuridico. Tuttavia, è anche vero che l’acqua, intesa come corsi, laghi e mari, agisca da fortissimo richiamo non solo sulla popolazione locale, ma anche su migliaia di turisti che, potendo, la prenderebbero letteralmente d’assalto. La parte più amara arriva qui: paradossalmente (e come hai ben messo in evidenza anche tu è sempre stato così) è più facile che l’autorità di riferimento applichi una sanzione ai bagnanti non autorizzati, o che chiuda gli occhi di fronte alle defezioni, che in moltissimi casi costano la vita di molta povera gente, anziché porvi seriamente rimedio.
Sarò stordita? Ti ho ringraziato sul mio blog e mi accorgo di non averlo fatto qui! 😀 Grazie mille, Cri di aver menzionato il mio post offrendone anche il link. Gli auguri di buone ferie, invece, te li faccio a voce. Un bacione! Ciao 🙂
Grazie mille del lungo e articolato commento, un vero pezzo giornalistico! Mercier ti affiderebbe subito dei settori cittadini con relative inchieste da svolgere, e passerebbe persino sopra il fatto di avere una collega donna (era un po' misogino, da quanto ho letto…).
Ritornando al problema del demanio pubblico, è vero quello che dici, cioè che è un problema complesso e di non facile gestione. Mi sono sempre chiesta, infatti, perché le nostre spiagge siano occupate per chilometri e chilometri da stabilimenti balneari, ristoranti, bar e chioschi, lasciando un fazzolettino di terra come spiaggia pubblica dove le persone si ammassano. Mi ricordo anni fa il carnaio di Diano Marina, ma è lo stesso anche a Sanremo. A Ventimiglia la situazione è decisamente migliore, con molta spiaggia pubblica. Poi basta passare la frontiera e in Francia le spiagge sono quasi completamente libere. C'è qualcosa che non funziona!
Per quanto riguarda l'altro tuo commento, ti ho ri-ringraziato sul tuo blog. Comunque questo dovrebbe essere il penultimo articolo, se tutto è ok l'ultimo prima della chiusura "ufficiale" sarà sabato. 🙂 Sì, gli auguri di buone vacanze ce li facciamo a voce.
si può suggerire lo spettacolo-lezione sul Duomo di Modena fatto da Dario Fo alcuni anni fa: l'argomento iniziale era proprio questo, il governo delle acque (Fo è stato davvero molto bravo a spiegare tutto). Le città erano spesso allagate, e non c'erano le fognature… E' il lavoro fatto a Milano da Leonardo, con i navigli. Oggi diamo tutto per scontato, ma così non è affatto: il risultato sono le frane, le città allagate (Milano zona Niguarda…). Per rimediare a questo malgoverno delle acque, si cementifica e si disbosca più a nord (cioè dove vivo io), con vasche di laminazione che poi si rivelano insufficienti (è appena successo) al primo temporale serio.
Comunque sia, buone vacanze: posti vivibili ce ne sono ancora, per fortuna 🙂
Ciao, Giuliano, grazie del commento. C'è anche il problema che i fiumi non vengono puliti per decenni, quindi tutte le ramaglie, le masserizie che i cittadini (quelli incivili) buttano nei canali o nei fiumi, bottiglie e immondizie varie non transitano e si forma uno sbarramento, che all'innalzamento anche lieve fa esondare il corso d'acqua. Mi pare che proprio in occasione dell'ultima pulizia dei Navigli sia stato trovato un motorino!
Buone vacanze anche te, come dicevo a Clementina, la chiusura ufficiale del blog avverrà sabato se non sopravvengono imprevisti a scombinarmi la scaletta ancora una volta. 🙂
Interessante questo spaccato di vita parigina. Ascoltando il nostro cronista, ma anche pensando alla vita lungo il Gange, per esempio, mi domando che razza di anticorpi servano per sopravvivere in certi contesti. La civiltà deve averci indeboliti parecchio, se adesso si sentono articoli allarmistici sulla quantità di batteri presente sulle lenzuola dopo 3-4 giorni di uso… 😉 Buone vacanze, Cristina!
Ciao, Grazia, passavo di qua per caso e ho visto il tuo commento… 😉 Sicuramente all'epoca la scarsità dell'igiene era talmente alta che sviluppavi anticorpi come leoni oppure schiattavi. Non dico che fosse meglio, anzi, ma nemmeno assistere a certe pubblicità odierne che ti bombardano con l'uso del Napisan a ogni lavaggio. Dico: come facevamo prima?
P.S. Mi rendo conto che la conclusione del post è ambigua, in realtà la chiusura ufficiale dovrebbe avvenire sabato se tutto va bene. Mo' correggo! E quindi a presto…
Molto interessante lo scorcio storico delle calde estati parigine. Sembra proprio che nel tempo certe situazioni restino invariate, chi non può permettersi di andare al mare si arrangia come può bagnandosi nei fiumi e rischiando la vita.
A me è venuto in mente anche il tratto del lungosenna che ogni anno viene trasformato in spiaggia per i parigini che rimangono in città. A quanto pare dopo tanto tempo, l'amministrazione ha accolto le istanze dei cittadini. 😉
Da noi in Lombardia molte persone vanno sulle sponde del Ticino per fare i picnic e poi il bagno, ma i fiumi sono davvero insidiosi per via dei mulinelli… purtroppo con tutte le conseguenze che si leggono sui giornali.
Per cominciare grazie mille *_* una bellissima sorpresa la citazione del mio post!
Il tuo approfondimento col brano a seguire è assai interessante: quello che manca generalmente è un'idea di come potessero essere realmente le città dei tempi, e queste testimonianze "dirette" ce ne forniscono un quadro piuttosto realistico e desolante.
Giustamente si accenna ai condotti fognari che finivano direttamente nella Senna, ma basta pensare che qualche secolo prima la situazione era penosissima anche nei centri abitati 😛 Alla faccia degli anticorpi!
E riguardo alla questione "vacanze" dei ceti abbienti, mi son ricordata della Trilogia della villeggiatura di Goldoni, uno spaccato ironico condotto con arguzia 😉
Mi rendo conto che l'attenzione all'ambiente è in verità una problematica che ha radici molto lontane, tu qui ne racconti a proposito della Parigi sul finire del Settecento se non sbaglio. Nel bellissimo La baia di Michener (sì, sempre quel libro che ti sto proponendo in tutte le salse XD) si affronta la questione per quello che riguarda il riversamento industriale e fognario in seguito a urbanizzazione, disastri ambientali vari, sviluppo industriale. Un "aneddoto" riguarda la colonia di ostriche presenti in quell'area. Persone che continuavano a cibarsene, morivano di colera… Siccome la narrazione procede fino al Watergate, come periodo temporale, si dà spazio anche ad altri tipi di danno ambientale: dal disboscamento e cacciata di persone umili (ma potremmo anche partire dai nativi eh…), all'utilizzazione di aree naturali riconvertite per farne luoghi paradisiaci per ricchi, all'abbandono di rifiuti nelle strade (probabilmente ancora polverose) con l'avvento degli inscatolati. Nell'insieme, la progressione colpisce moltissimo, non in positivo va da sé.
Guardando all'oggi, nonostante siano state risolte alcune situazioni, mi sembra che se ne siano piuttosto aggiunte e ben peggiori. Il commento di Clementina è assolutamente esaustivo.
Grazie ancora e bellissimo questo post, di grande interesse e valore! *_*
Grazie a te dello splendido commento, Glò! Il testo di Mercier è imperdibile perché quando racconta sembra davvero di essere sul posto; si ha quasi la sensazione di vedere un cronista dei nostri giorni con il microfono in mano che trasmette in diretta con i curiosi che si assembrano vicino a lui e fanno "ciao" alla telecamera. La cosa encomiabile è che non si limitava a riferire, ma sperimentava di persona; il caso delle cabine è uno dei molti esempi, ma entrava anche in luoghi pericolosi e bettole malfamate. Di questo vi parlerò senz'altro in un altro articolo. Parigi, all'epoca, era lercia, una delle città più sporche d'Europa e certi quartieri erano off-limits.
Ma sai che avrei sempre voluto vedere la Trilogia della villeggiatura di Goldoni e non sono ancora riuscita? A Milano l'avevano data con Servillo, che secondo me ha la giusta fisionomia per rendere quel misto di indolenza e affettazione delle classi aristocratiche dell'epoca, ormai svuotate di ogni significato.
Ahahah, per quanto riguarda La baia, pensa che proprio ieri sera ho ordinato da Amazon un tomone che mi serve quest'estate, ed ero quasi tentata di acquistarlo. Quindi è messo molto bene nella classifica dei miei desiderata. Il panorama che descrivi nel romanzo è endemico a tutte le civiltà industrializzate, purtroppo, dove il profitto ha la meglio sul benessere degli abitanti, e dove si rimarca ancora di più la differenza tra ceti ricchi e poveri, speculando sulla salute degli esseri umani.
Concordo, il commento di Clementina è puntuale e preciso come sempre.
A presto! ^_^
Sì, indubbiamente il parallelo c'è tutto. D'altronde il problema è sempre il solito, ovvero che la gente povera resta in qualche modo esclusa e deve arrangiarsi con queste soluzioni più economiche ma anche più "all'arrembaggio". Mi viene in mente una scena di "Point break" in cui si vede un cartello su una spiaggia con una fabbrica sullo sfondo che dice "Spiaggia inquinata – Divieto di balneazione" e poi la telecamera scorre e si vedono centinaia di persone che prendono il sole e fanno il bagno…
Anche in quello il periodo rivoluzionario era "moderno", purtroppo. E hai ragione, dal tenore dei divertimenti e dalla sicurezza coinvolta si poteva comprendere la suddivisione delle classi sociali, cosa valida anche adesso. Mi ricordo il film che menzioni, quello dei rapinatori con le maschere di gomma dei presidenti statunitensi.