Eccoci di nuovo insieme a prendere un buon caffè, stavolta il sabato mattina in tutta tranquillità nel  Caffè che spalanca i suoi battenti per noi. Oggi vorrei introdurre l’argomento di questo post con un aneddoto. Quando mio marito s’imbatte in uno sconosciuto (commessi nei negozi, per la maggior parte), che gli si rivolgono con un “Ciao” e dandogli subito del “tu”, borbotta sempre in separata sede: “Ma abbiamo mangiato gli gnocchi insieme?” L’altra variante milanese prevede l’uso del risotto, però il concetto è il medesimo: il fastidio per una persona che gli si rivolge con eccessiva familiarità, cosa che lui non farebbe mai specialmente nei confronti di una persona che ha, magari, i capelli bianchi.

Questo esempio mi serve appunto per presentare l’argomento del post, e cioè, il fatto che dopo almeno un secolo di eccessive smancerie, inchini e salamelecchi vari, la rivoluzione propone, o meglio impone, l’uso del “tu” politico. Basta anche con “monsieur”, “madame”, “très haut et très puissant seigneur” e altri titoli altisonanti! Il vero appellativo è “cittadino” che sostituisce il termine “suddito”, e che livella tutti in una società che sia davvero democratica. Nel mese di dicembre 1792 un oratore fa osservare, inoltre, che la parola “voi” è contro il diritto e l’eguaglianza; questa parola è stata usata solo per sostenere i diritti dell’aristocrazia e marcare la differenza tra l’inferiore e il superiore. Com’è ovvio, il contadino si rivolge infatti al suo signore dandogli del “voi”, mentre il feudatario dà del “tu” al suo sottoposto, spesso accompagnato da un calcio nel posteriore.

Sul giornale Rèpublicain del 15 brumaio dell’anno II (5 novembre 1793), così si giustifica l’uso del tu:

Senza ripetere il luogo comune che uno è uno solo e non richiede il plurale quando gli si rivolge la parola, chiedo alle persone che tengono a mostrare rispetto per i loro simili se dicendo “io ti onoro, Bruto” il mio rispetto per Bruto non è energico più che se gli parlassi al plurale, perché dicendo voi associo l’immaginazione a qualcun altro. E chi associare a Bruto? Bisogna dunque dare del tu ai propri simili proprio per rispetto. Nei secoli dell’errore che abbiamo appena lasciato esisteva solo l’amicizia repubblicana perché l’amicizia è libera e l’amicizia usava il tu. Un’amicizia è una grande società di amici e in essa bisogna darsi del tu.

Retorica a parte, c’è della verità nel passaggio che vi ho riportato. In lingua latina, e quindi nella cultura classica cui i rivoluzionari s’ispirano di continuo, il “voi” (o il “lei”) non esiste, ad esempio. Il saggio La vita quotidiana in Francia ai tempi della Rivoluzione  di Jean-Paul Bertaud c’informa che il “tu” doveva essere usato, almeno nella vita pubblica, fino al 1795 e scompare dopo il moto di pratile quando si affievolisce  la spinta egualitaria.

I tre ordini sociali prima della rivoluzione:
 Alto Clero, Nobiltà e Terzo Stato (1789).

Nello stesso modo, la livella democratica bandisce espressioni come “ho l’onore” o “mi farà l’onore” o “sono, signore, il suo umilissimo e obbedientissimo servitore”. Ci si saluta in pubblico e si firmano le lettere con “il tuo concittadino”, “il tuo amico”, “il tuo compagno”. Non bisogna nemmeno togliersi il cappello davanti a un concittadino, perché in questo modo si rinnova l’antico gesto del dominato di fronte al dominatore. E alcuni vogliono bandire anche l’abitudine alle riverenze, e addirittura far partire il computo del nuovo anno dal 14 luglio, data della presa della Bastiglia e festa nazionale.

Come sempre, quello che nasce con un intento lodevole finisce con l’essere un’ulteriore imposizione, perché ci vuole molta memoria non solo nel rammentare i nuovi mesi e la scansione dei giorni nel calendario rivoluzionario (ne ho parlato qui, nel post “Un calendario da mal di testa”), ma anche per assuefarsi a questi nuovi dogmi di comportamento.

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Anche a voi dà fastidio l’eccessiva disinvoltura, specialmente nei confronti di una persona più anziana, o magari di un immigrato,  oppure considerate certe espressioni un inutile formalismo?

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Fonte testo:

  • La vita quotidiana in Francia ai tempi della Rivoluzione di Jean-Paul Bertaud 



Fonti immagini:



  • Il costume da sanculotto di Louis-Léopold Boilly, XVIII sec. – dipinto a olio
  • I tre ordini sociali prima della rivoluzione: Alto Clero, Nobiltà e Terzo Stato (1789) – stampa.