Non mi è mai piaciuto il film Mary Poppins. Se c’è un film di Walt Disney finto e zuccheroso, è proprio questo, al di là della bravura di Julie Christie e dei suoi colleghi. Non è semplicemente una storia fantastica, adatta a grandi e bambini, il che andrebbe benissimo. Coinvolge anche la rappresentazione di alcuni aspetti sociali di fine Ottocento dandone una rappresentazione sognante e falsata. La categoria degli spazzacamini, ad esempio, viene fatta danzare lietamente sui tetti di Londra e il loro viso affumicato è reso vezzoso quasi si trattasse di un belletto. Invece, il loro lavoro era durissimo e spesso coinvolgeva anche i bambini, che, essendo di piccola taglia, potevano infilarsi nelle cappe del camino dove a volte finivano incastrati.

Ma qui non si parlerà degli spazzacamini, anche se meriterebbero.

Nel film, la madre dei bambini Jane e Michael è una suffragetta, o meglio la caricatura di una suffragetta. All’epoca già m’infastidiva vedere questa placida madre di famiglia che si vestiva per partecipare alle manifestazioni in favore del voto alle donne come se si preparasse ad andare a una partita a carte o a un tè con le amiche; e sospettavo che le cose non stessero proprio in questi termini. Il sospetto è stato confermato dal mio lavoro di redazione sulle prime letterature anglosassoni e con la ricerca iconografica da cui scaturivano fotografie e poster caricaturali con suffragette picchiate e nutrite a forza con estrema violenza. In tempi recenti ho apprezzato anche la visione del film Suffragette di Sarah Gavron del 2015 con Meryl Streep, Helena Bonham Carter e Carey Mulligan.

Essendo molto interessata al movimento delle suffragette, ho chiesto alla mia amica e blogger Clementina Daniela Sanguanini di scrivere un post per me e il suo splendido articolo ha fugato ogni dubbio, se pure ce ne fossero stati ancora. L’articolo è prezioso in ogni sua riga, e quindi abbiamo deciso di comune accordo di suddividerlo in due parti per dare modo di leggerlo con maggiore agio.


Ora lascio la parola a Clementina!
Una vita per le donne


La donna di cui intendo parlarvi in questo post si chiama Emmeline Goulden Pankhurst, attivista politica e leader del movimento britannico che ha aiutato le donne a ottenere il diritto di voto. Una donna della metà dell’Ottocento che entra a gamba tesa nel Novecento, decisa a ottenere i diritti fino allora caparbiamente negati all’intero universo femminile. Potete vederla qui in una fotografia scattata nel 1913.

Emmeline nasce il 14 luglio 1858 da una famiglia appartenente all’alta borghesia di Manchester.

Come si evince dalla sua autobiografia, ultimata nell’estate del 1914 e intitolata “Emmeline Pankhurst. La mia storia” (Castelvecchi Editore), la sua infanzia coincide con il primo periodo di formazione della militanza che si struttura intorno a più fattori legati, in parte a elementi educativi, e in parte connessi alla nascita di sentimenti di empatia verso soggetti terzi, coinvolti in episodi di grave ingiustizia sociale.

Tra le vicende narrate nella prima parte del libro, quella inerente ai primi decenni di vita, almeno tre di esse spiccano per la loro capacità di attivare nella giovane Emmeline un profondo processo di presa di coscienza della condizione femminile. Tre passaggi che si dimostreranno fondamentali nel tracciare la formazione del suo carattere e la sua stessa condotta futura:

1) l’essere cresciuta all’interno di un ambiente culturalmente avanzato, liberale e palesemente schierato a difesa dell’abolizione della schiavitù americana, ma ugualmente pieno di contraddizioni;

2) l’aver elaborato, attraverso il racconto del fratello, un episodio di condanna a morte per un gruppo di feniani irlandesi, accaduto nella propria città e vissuto come un crimine

3) l’aver colto una frase devastante che ha aperto gli occhi sulla distorta percezione dell’immagine delle donne da parte degli uomini. Una visione tanto snaturata quanto radicata da resistere anche nei soggetti culturalmente e spiritualmente più evoluti, come suo padre. Nella fotografia qui accanto è ritratta nel 1870.

La giovane Emmeline, pur crescendo a stretto contatto con i tanti liberali, frequentati dal padre e con i tanti comitati a favore del suffragio femminile, seguiti attivamente dalla madre, fin da ragazzina comprende che il popolo inglese, persino negli ambienti più effervescenti, soffre una sorta di ottundimento, di ingenuità, tanto profonda quanto pericolosa che lo porterà, riponendo piena fiducia nelle ingannevoli promesse dei politici, a commettere errori clamorosi.

Ecco cosa viene messo in luce…

Le militanti dei gruppi a sostegno del voto alle donne, conosciute in tenera età, si illudono che, stringendo un’alleanza con gli uomini dei partiti politici, troveranno chi porterà avanti le loro istanze: cosa che non accadrà mai. Agendo in questo modo interrompono il compito di lavorare per loro stesse per mettersi, invece, al servizio degli uomini che non solo non rispetteranno il patto, ma che faranno di tutto per metterle in condizione di retrocedere rispetto al cammino svolto.

Gli abitanti di Manchester, tendenzialmente inclini a difendere i principi di libertà, di pensiero e di espressione, si rivelano incapaci di effettuare una lettura obiettiva delle dinamiche legate a un avvenimento che si svolge alla fine del 1870, commettendo l’errore di condannare ingiustamente a morte alcuni partigiani legati alla causa irlandese.

Il padre, Robert Goulden, nonostante lo spirito liberale e abolizionista che lo ha sempre distinto, e nonostante il sostegno offerto alla causa del pari diritto di voto, forte dei suoi pregiudizi, non prevede affatto di concedere alla piccola Emmeline e alle sorelle gli stessi vantaggi educativi goduti dai loro fratelli. Una sera, passando con la moglie accanto al letto della bambina, creduta addormentata, si lascia sfuggire la frase: “Che peccato che non sia un ragazzo”.

Da quella frase, pronunciata con tono rammaricato, Emmeline deduce che “gli uomini consideravano loro stessi superiori alle donne” e che “le donne apparentemente si adeguavano a quella convinzione”. (cit: “Emmeline Pankhurst, la mia storia”, p. 12)

Il tempo scorre e la giovane viene mandata a Parigi a frequentare l’École normale supérieure di Neuilly-sur-Seine, per conseguire il diploma in chimica, contabilità e le cosiddette arti femminili, tradizionalmente accolte come parte fondamentale del programma scolastico per una ragazza e destinate a istruirla sul suo ruolo principale, cioè intrattenere al meglio il pubblico maschile: disegno, canto, ricamo, …

Qui diventa amica di Noémie Rochefort, figlia del repubblicano Henri Rochefort, imprigionato in Nuova Caledonia per aver avuto un ruolo importante all’epoca delle vicende legate alla Comune di Parigi. Sempre in Francia, Emmeline incontra anche un corteggiatore che si dilegua quando suo padre, Robert Goulden, dice chiaro e tondo che non è disposto a pagare una dote.

Tornata in Inghilterra, conosce e sposa, all’età di ventuno anni, Richard Pankhurst (nella fotografia), avvocato, sostenitore del diritto di istruzione, del diritto di parola e del movimento delle donne per i diritti delle donne: un romantico idealista.

Dal loro felice matrimonio, durato diciannove anni, nascono due figlie, Christabel e Sylvia, e un figlio, Henry, soprannominato Frank.

Poco dopo la morte del marito, avvenuta nel 1898, la Pankhurst riceve la proposta di candidarsi per il consiglio didattico di Manchester. È il 1900, un anno di forte recessione per il Regno Unito e, in particolare per Manchester. In questa circostanza, oltre a scontrarsi con un sistema scolastico dominato da leggi antiquate e insensibile alle proposte di riforma avanzate dai fronti più liberali, ella prende coscienza della forte misoginia insita in quell’ambiente.

In pratica, oltre all’ingiustizia del gap dei salari tra insegnanti donne e insegnanti uomini, a favore di questi ultimi, quell’anno viene pure varata una legge del Parlamento inglese che sottrae completamente il compito educativo alle donne, per assegnarlo unicamente alla componente maschile.

Contestualmente, apprende che l’istituto professionale di Manchester, a quei tempi reputato il secondo migliore d’Europa e da sempre avvezzo a spendere migliaia di sterline all’anno per la formazione tecnica, dichiara di non avere fondi per la formazione femminile.

Analoghe condizioni si registrano ovunque in Inghilterra: gli istituti professionali rifiutano l’iscrizione delle ragazze sotto la pressione delle associazioni maschili di categoria (associazione dei pasticceri, associazione dei panettieri, e così via). In pratica, scuole e associazioni di categoria intendono assicurare la formazione e il successivo inserimento nel mondo del lavoro – ahimè – solo ai ragazzi.

A tal proposito, in “Emmeline Pankhurst, la mia storia” (p. 31) l’autrice trae delle deduzioni molto precise, dipingendo con estrema nitidezza la sua percezione dell’universo maschile e femminile. Il passaggio relativo è il seguente:

Mi fu presto chiaro che gli uomini considerano le donne come una categoria di serve della comunità, e che le donne erano destinate a rimanere in questo rango servile finché non se ne fossero liberate da sole

Arrivata a questo punto, dopo essersi confrontata con le figlie, ormai cresciute e da sempre interessate al suffragio femminile, decide di formare e guidare un gruppo appassionato di donne militanti: l’Unione sociale e politica delle donne (WSPU). Era il 1902.

Assemblea del WSPU.
Pankhurst Centre, Manchester, ex sede della WSPU.

Dall’autobiografia si evince con chiarezza che la scelta di costituire la WSPU poggia sull’esigenza, fortissima, di svoltare pagina e concretizzare l’obiettivo del voto alle donne, abbandonando i metodi acquiescenti, sin troppo remissivi, al limite della pecoraggine, perseguiti per decenni dai comitati suffragisti che si sono succeduti l’uno dopo l’altro.

Nello specifico l’autrice condanna aspramente il (mal)costume, adottato da tutte le leader dei movimenti che l’hanno preceduta, di “mendicare” il voto per le donne presso i partiti politici (costituiti da soli uomini), sostenendo incondizionatamente questi ultimi nell’utopica speranza che, così facendo, essi avrebbero tenuto fede alla promessa fatta. Ecco come descrive quelle riunioni (Emmeline Pankhurst, la mia storia; p. 33):

Ogni anno, nei giorni di attività del Parlamento, l’associazione inviava una delegazione di donne alla Camera dei Comuni per incontrare i cosiddetti parlamentari amici e valutare la situazione della causa del suffragio femminile. La cerimonia era delle più convenzionali, per non dire farsesca. Le signore facevano i loro discorsi e i parlamentari facevano i loro. Le signore ringraziavano e i parlamentari rinnovavano il loro sostegno al suffragio femminile e assicuravano che avrebbero votato in suo favore non appena ne avessero avuto l’occasione. Dopodiché la delegazione, un po’ mesta ma del tutto tranquilla, se ne andava, e i parlamentari tornavano ai loro veri affari, che consistevano nell’appoggiare la politica del loro partito.”

Poco dopo la nascita della WSPU, nel 1904, Emmeline, partecipando a una riunione indetta da un altro gruppo di donne votate alla causa per il voto femminile, si avvede immediatamente della fondatezza dei propri sospetti: parlamentari e lobbisti fanno a gara, tanto sfacciatamente da ricorrere allo sfottò, a tirare per le lunghe dibattiti insulsi, conditi da risate e battutine ironiche, per ostacolare il progetto di legge destinato al suffragio femminile.

Decisa a non indugiare e non accettare di farsi calpestare ulteriormente dai politici, istintivamente prende la parola, attaccando bruscamente il parlamentare “amico” e incalzando un’infilata di domande, precise e puntuali che gelano la sala. Dopodiché invita tutte le donne presenti a seguirla all’esterno per un’adunata di protesta contro il governo. Le suffragiste invadono lo spazio antistante il palazzo e, tra gli spintoni dei poliziotti che ordinano loro di disperdersi, adottano una risoluzione di condanna del governo per aver permesso a una piccola minoranza di ostacolare il progetto di legge.

Quest’evento rappresenta il primo atto militante della WSPU, movimento che nell’arco di pochi mesi si farà conoscere ovunque anche grazie al brillante uso di slogan di forte impatto, come “Votes for Women”, voto alle donne, e “Deeds, not words”, fatti, non parole. Nella fotografia subito sopra, potete vedere una suffragetta arrestata dalla polizia inglese, mentre nella fotografia immediatamente successiva sono ritratte Annie Kenniye e Christabel Pankhurst nel 1908. 


Da qui in avanti le attiviste della WSPU danno vita a una campagna politica unica nel suo genere, caratterizzata da una nutritissima serie di manifestazioni che ogni volta le sottopone a pestaggi, arresti e violenze da parte della polizia impegnata a respingerle con tutti i mezzi.
Armate di cartelli su cui campeggia la scritta “Voto alle donne” presiedono innumerevoli assemblee cui partecipano i più importanti rappresentanti politici inglesi. Di volta in volta pianificano di concentrarsi su uno di essi, generalmente il più illustre, quello che più di ogni altro catalizza i riflettori delle svariate testate giornalistiche. Per esempio Winston Churchill.

Inevitabilmente scoppia lo scandalo, ma esso non coglie di sorpresa la Pankhurst che, invece, dimostra di padroneggiare perfettamente la situazione, con mente lucida e sguardo lungimirante.

C’è metodo nell’azione di questo gruppo femminista, c’è strategia, c’è consapevolezza dell’importanza di porsi alla ribalta delle luci dei media per destare l’opinione pubblica. Leggete come l’autrice descrive il caso nella sua autobiografia (Emmeline Pankhurst, la mia storia; p. 41):

Partecipammo a tutte le assemblee che prevedevano un discorso di Churchill. Lo incalzammo senza pietà; gli rovinammo tutti i passaggi migliori replicandogli a tono con delle ovvietà tali che la gente scoppiava a ridere. Alzavamo i piccoli cartelli bianchi (n.d.r. con la scritta Voto alle donne) dai più impensati angoli della sala… Non riuscimmo a sconfiggere Churchill, ma fu eletto (n.d.r. nella circoscrizione di Manchester) con una maggioranza assai ridotta, la più piccola tra tutte quelle dei candidati liberali di Manchester… A cosa serviva tutto questo?… Innanzitutto la nostra campagna di disturbo contribuì a rendere il suffragio femminile una notizia, prima non era mai stato così. I giornali erano pieni di notizie su di noi. In più risvegliammo le vecchie associazioni in favore del suffragio… Quanto lavorammo, distribuendo volantini, scrivendo con il gesso sui marciapiedi l’annuncio dell’incontro, chiamando una per una tutte le persone che conoscevamo e anche tutte quelle che conoscevamo solo di nome, andando a bussare porta per porta”.

Come previsto, l’opinione pubblica viene magnetizzata e, al di là della naturale segmentazione, giacché si acuiscono sia le voci a favore sia quelle contro il neonato movimento, tutti parlano della WSPU che, nel frattempo, registra una crescita formidabile.

Un cronista della stampa britannica ribattezza le dimostranti della WSPU, da semplici suffragiste, a “suffragette”. Emmeline, accoglie con favore il nuovo nome che avrà il potere di enfatizzare le azioni delle sue attiviste, distinguendole da tutte le altre. La foto di lato mostra Christabel e Emmeline Pankhurst.

Nonostante le proteste che proseguono di anno in anno, la Camera dei Comuni continua a prefiggersi l’espediente di promettere il voto favorevole al progetto della legge sul suffragio senza mantenere la parola data. Per contrastare questo perverso procedimento, le suffragette decidono di stampare opuscoli che divulgheranno nelle occasioni e nei luoghi più disparati e organizzano raduni improvvisati per le strade, anticipati solo da un breve suono di una campanella. Al suono della campanella i passanti rispondono richiamando e attirando intorno agli assembramenti centinaia e centinaia di persone: il metodo funziona a meraviglia.

Uno dei tanti arresti della Pankhurst

Proporzionalmente all’azione magnetica sulla popolazione, le reazioni della polizia alle loro manifestazioni, però diventano sempre più violente. Nel 1906, durante un raduno fuori dal Parlamento, per presentare una risoluzione di protesta al Primo Ministro Herbert Henry Asquith, durante la quale Emmeline chiede al parlamentare per quale motivo si ostini a dichiarare che i genitori abbiano diritto di essere consultati per quanto riguarda l’educazione dei figli, se poi non intende assegnare alle madri il diritto di voto, gli addetti al servizio d’ordine strappano dalle mani delle manifestanti i cartelli e con essi iniziano a colpirle con foga, insultandole pesantemente. Le suffragette vengono poi arrestate e tradotte in carcere.

Siamo giunti alla fine della prima parte della biografia di Emmeline Pankhurst, ma ho ancora molto da raccontarvi. Se vi fa piacere continuarne la lettura, vi do appuntamento tra un paio settimane, con la seconda parte!

D’accordo?


Quali sono le vostre impressioni in merito agli argomenti finora trattati?

***

Biografia autrice:


Mi chiamo Clementina Daniela Sanguanini e sono nata a Milano il 23 dicembre del 1963.

Oltre a occuparmi di inchieste sociali e ricerche di mercato, dedico buona parte del mio tempo all’attività teatrale e a quella della lettura scenica, ossia la lettura ad alta voce abbinata all’azione teatrale.

Mi piace scrivere e coltivo diverse passioni tra cui spiccano sicuramente la Storia (e immancabilmente la Storia delle Donne), l’Arte (in tutte le sue forme), la Letteratura, il Teatro, la Filosofia (in particolare quella orientale), i Tarocchi.

Mi potete trovare presso il mio blog, L’angolo di Cle.

Vi aspetto! 🙂

BIBLIOGRAFIA:

Emmeline Pankhurst: Emmeline Pankhurst, la mia Storia – Castelvecchi Editore – 2015


Andrew Rosen: Rise Up, Women! The Militant Campaign of the Women’s Social and Political Union, 1903-1914 – Routledge Library Editions – 2014


Emmeline Pankhurst, su: Wikipedia, Enciclopedia Treccani


Black Friday, su Wikipedia

ICONOGRAFIA:

Tutte le immagini del post sono state tratte da Wikicommons


Figura 1 Emmeline Pankhurst nel 1913


Figura 2 Emmeline Goulden Pankhurst nel 1870


Figura 3 Richard Pankhurst


Figura 4 Assemblea del WSPU


Figura 5 Pankhurst Centre, Manchester, ex sede della WSPU


Figura 6 Suffragetta arrestata dalla polizia inglese


Figura 7 1908, Annie Kennye e Christabel Pankhurst


Figura 8 Christabel e Emmeline Pankhurst


Figura 9 Uno dei tanti arresti della Pankhurst