“Solo sei desideri impossibili?” mi sono chiesta nel leggere il me-me dal titolo Alice in Wonderland o delle sei cose impossibili. Io ne avrei moltissimi! Però bisogna sapersi accontentare, e quindi partecipo volentieri all’iniziativa avviata dal blog Cuore rotante, e proseguendo sulla scia di Ivano Landi.

Nel frattempo molti altri blogger hanno aderito, tra cui Clementina Daniela Sanguanini, Ariano Geta e Giulia Mancini, solo per nominare alcuni che seguo con maggior attenzione.

Ecco le regole:
– inserire il logo di Alice ‘s in Wonderland, che potete vedere qui sopra
– descrivere sei cose impossibili
– nominare tutti i follower che volete.

Di seguito trovate il mio contributo al me-me con i miei sei desideri impossibili!
1. Avere una macchina del tempo. 

L’ho detto più di una volta e quindi mi ripeto, ma uno dei miei desideri più ardenti, da brava appassionata di storia, è avere una macchina del tempo con cui viaggiare in lungo e in largo e senza limite alcuno. Naturalmente potrei avere delle cocenti delusioni in merito a personaggi o periodi storici a me cari, ma almeno mi leverei lo sfizio di sapere alcune cose, ad esempio:
– vedere con i miei occhi la Parigi del 1789, entrare in un caffè, salire su una diligenza, indossare un abito dell’epoca, conoscere le più illustri personalità…

– entrare nel castello di Trezzo sull’Adda così com’era un tempo e visitarlo a fondo. Tra le altre cose, vorrei scoprire finalmente, quando messere è in loco, se Bernabò Visconti aveva capelli e occhi neri, come il vero diavolo che era, oppure occhi verdi e capelli biondicci come in alcuni affreschi (dove probabilmente era idealizzato)

– ficcare il naso in una certa stamperia di Magonza dove un certo Guteberg diede l’avvio a una delle più grandi rivoluzioni culturali che la storia ricordi. L’invenzione della stampa fu definita “una rivoluzione inavvertita”, ma fu certamente una delle grandi svolte dell’umanità

– ecc.

Naturalmente vorrei essere al riparo da eventuali incidenti di percorso, cioè non vorrei accadesse come nel film Timeline – Ai confini del tempo dove i i protagonisti si trovano catapultati nei boschi della Dordogna nel 1357 in piena guerra: niente si svolge come previsto e rischiano di venire infilzati più di una volta. O come nel celeberrimo film Ritorno al futuro di Zemeckis con Marty e Doc e la loro macchina del tempo, di cui potete vedere una scena.



2. Possedere dei cloni di me stessa.

Siccome viaggiare nel tempo porta via… tempo, mi piacerebbe avere almeno dieci cloni di me stessa che nel frattempo possano dedicarsi a tempo pieno alla lettura, e altri dieci alla scrittura. Lascerei a ognuno delle consegne precise, perché poi vorrei vedere anche dei risultati al mio ritorno. Non sia mai che battano la fiacca, come nel proverbio “Via il gatto e i topi ballano”! Forse ce ne vorrebbero altri dieci per i miei studi universitari, ora che ci penso, mmm… quindi diciamo che ci vorrebbe un moltiplicatore di cloni.

Comunque i cloni andrebbero bene anche senza attivare la macchina del tempo, visto che, rispetto ad esempio alle mie letture, mi sembra di svuotare il mare con il classico cucchiaino da caffè. Non tocchiamo poi il dolente tasto della scrittura dei romanzi…

3. Attuare un’involuzione tecnologica.

Questo desiderio invece va nella direzione opposta ai precedenti, e quindi attua un’involuzione tecnologica. Di recente mi è capitato di maneggiare uno di quei cellulari di qualche anno fa, che svolgevano esattamente la funzione per cui erano preposti, cioè telefonare, e di aver provato una fitta acuta di nostalgia.

Alle volte mi fa impressione prendere la metropolitana, o qualsiasi altro mezzo pubblico, e vedere le persone curve sopra il cellulare con lo sguardo dilatato, a file e file interminabili; e alcune di loro hanno anche gli auricolari nelle orecchie. Per non parlare poi di quelli che scendono dal mezzo, e continuano a camminare con l’occhio allo smartphone, salendo o scendendo le scale e rischiando di ruzzolare e rompersi l’osso del collo. Per strada ti vengono addosso, in casa ti chiedono “eh?” perché non hanno capito che cosa hai detto nemmeno dopo la quarta volta (vedi mio figlio). Beninteso, non ne faccio una questione generazionale perché siamo tutti sulla stessa barca. Barca come quella su cui era a bordo il tizio, talmente concentrato sul suo aggeggino da non vedere nemmeno la maestosa balena che gli passava accanto.

Sembra un’epidemia.


Un’epidemia i cui effetti sono paragonabili a una ludopatia: dipendenza, mancanza di concentrazione, superficialità, incomunicabilità, scarsa attenzione per il prossimo ecc.

Posto che sarebbe assurdo rinunciare alla comodità della tecnologia, gli unici rimedi mi sembrano due:
– che al posto dello smartphone di ultima generazione l’oggetto si trasformi in un modello basic;
– come alternativa, che lo smartphone si trasformi magicamente in un libro cartaceo o un e-reader. Sono esenti soltanto coloro che leggono i libri sul cellulare.



4. Vedere i miei personaggi in carne e ossa.

Chi scrive sa benissimo ciò di cui sto parlando, e cioè che molto spesso i nostri personaggi sembrano prendere vita propria. Ebbene, mi piacerebbe che ciò accadesse veramente e non soltanto grazie alla mia immaginazione o alla “tridimensionalità” del personaggio. Magari potrei farci anche delle belle litigate, chissà. Sicuramente Ghassan sarebbe un osso duro con cui confrontarmi, ma dialogare con il buon medico sufi Mandhur sarebbe impagabile. E poi vuoi mettere l’emozione di incrociare l’algido sguardo del fiammingo Geoffroy de Saint-Omer?

Tutto questo mi fa ricordare ancora una volta un film molto divertente, Alla ricerca dell’isola di Nim con Jodie Foster nei panni di una scrittrice nevrotica e paurosa. Lei è autrice di una serie di romanzi che hanno come protagonista l’intrepido esploratore Alex Rover, un avventuriero molto simile a Indiana Jones. Li potete vedere qui insieme.

Tra le scene più esilaranti del film ci sono proprio quelle in cui la scrittrice discute con il personaggio, o meglio ci litiga, specialmente quando, dopo essere approdati sull’isola, lui la pianta in asso invitandola a cavarsela da sola. Alex Rover è la personificazione delle paure della protagonista, ma è anche un esempio perfetto di come a volte i personaggi sembrano assumere un peso tutto loro al punto da mettersi in contrasto con le tue intenzioni, e a dare svolte inaspettate alla storia.

5. Volare come gli uccelli.

Ebbene sì, ho in comune con Leonardo da Vinci il desiderio di emulare il volo degli uccelli (qui accanto, schizzi dell’ornitottero di Leonardo, datati 1488), e quindi con il corpo fisico oppure con un’esperienza extracorporea. Penso che vedere il mondo da una certa altezza sia una delle esperienze più forti ed emozionanti che si possano avere, e ricordo ancora la brevissima salita in mongolfiera nel campetto dietro casa mia. Oltretutto non soffro di vertigini…

Nel punto 4. ho parlato di personaggi, qui riporto un passaggio del “volo” del medico sufi Mandhur tratto da Le strade dei pellegrini. Il sufismo è una corrente mistica dell’Islam, che nei secoli è stata spesso considerata con sospetto dall’ortodossia. Durante le meditazioni a questo anziano medico accade di uscire dal corpo, e dunque nello stralcio il protagonista sorvola il Mediterraneo, partendo dal Maghreb per arrivare fino alle terre dei Franchi. Tutto il brano è in prima persona e quindi è dal punto di vista di chi vive l’esperienza.


Tenebra assoluta. Ancora tenebra.

Poi le immagini arrivarono di lontano, come le onde di un mare via via più possente, nella forza e nel suono, e io mi trovai a volare in alto, al di sopra del palazzo, come un uccello. Avevo becco, zampe e, soprattutto, penne, piume e ali. Mi lasciai alle spalle la città rosseggiante, volai verso le montagne. Battevo le ali quando volevo solcare l’aria con forza, in altri momenti lasciavo che le correnti mi trasportassero su strade invisibili. A un certo punto, presi a volare con lievità sopra un mare azzurro. Vedevo quel mare farsi piccolo, poiché mi trovavo tra le nuvole, là dove l’aria si faceva rarefatta, e scorgevo le terre come fossero state tracciate su una pergamena. M’accorgevo con sorpresa di come i bordi di quelle terre fossero infinitamente più frastagliati delle mappe vedute fino a quel momento, e come ogni tratto di mare e di terraferma fosse ricchissimo di sfumature. Il mare possedeva cromie non solo azzurre, ma verdi e bianche, le montagne s’ammantavano di boschi con addensamenti così verdi da sembrare neri, o erano scabre dove la roccia si ergeva nella sua nudità, con toni che variavano dal marrone al grigio. Non erano solamente i colori a sorprendermi, ma anche gli avvallamenti e le cavità, i picchi frastagliati, gli specchi azzurri dei laghi, le venature dei fiumi e dei torrenti, le nuvole che transitavano e si riflettevano nelle acque oppure sembravano impigliarsi nelle cime delle montagne. Stavo guardando ogni cosa dall’alto, non osavo pensare all’Occhio Divino, che andava oltre le terre degli uomini e l’infinito, e tuttavia era qualcosa che molto gli s’avvicinava. Forse, era come vedeva il mondo la mia Guida angelica…

Il sole stava tramontando a ovest, e gli ultimi riflessi della luce si spandevano nel cielo. Volando, giunsi sopra una zona montagnosa oltre il confine tra l’impero almoravide andaluso e le contee, i ducati e i marchesati franchi, coperta da fitte foreste, fino a individuare una costruzione posta alla sommità di uno sperone di roccia. Pareva un castello abbandonato, vuoto come un vaso rotto. Mi abbassai dolcemente, sfiorai la sommità delle torri, cercai un’apertura; trovai una finestra ancora intatta, ritornai a poggiare i miei piedi sul terreno e scopersi di aver ritrovato il mio corpo d’uomo.




6. Essere teletrasportata.


Ancora una volta sono stata ispirata dal mio sesto e ultimo desiderio impossibile da un film, o meglio una serie che ormai è entrata nell’immaginario televisivo collettivo, e cioè Star Trek, e al modo con cui i suoi protagonisti si fanno trasportare dalla loro astronave al luogo dove vogliono atterrare, e usano lo stesso mezzo nei loro viaggi di ritorno. Sto parlando del celeberrimo teletrasporto.

Non mi dispiace essere una pendolare anche perché la cosa mi permette di fare grasse letture, ma è indubbio che il fatto di dovermi spostare dal paese dell’hinterland milanese dove vivo fino a Milano, dove solitamente accadono gli eventi più appetibili o ci sono i luoghi più interessanti, mi ruba parecchio tempo. E quante volte ho pensato che dover rimettermi in pista sui mezzi pubblici nel fine settimana fosse superiore alle mie forze o presentasse oggettive difficoltà organizzative.

Dunque vorrei attivare il teletrasporto cinque minuti prima ed essere teletrasportata sul luogo dell’evento, al comando “energia”!

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Bene, questi sono i miei desideri impossibili! Dato che molti hanno già partecipato, non nomino nessuno ma mi farebbe piacere avere comunque qualche vostro commento. 🙂