Come sapete, in tempi recenti mi sono iscritta all’università, facoltà di Storia, decisione di cui sono sempre più convinta e soddisfatta man mano che passa il tempo. Rimettersi a studiare significa non soltanto ricominciare a far andare i neuroni in maniera più o meno intensa, ma nel mio caso anche scovare delle curiosità molto utili per il mio romanzo sulla rivoluzione, e ogni volta è una vera sorpresa, proprio come ritrovare un vecchio amico. Tra l’altro ci sono delle gradite novità proprio sull’argomento del romanzo… ma di questo parlerò in un altro ambito.
Per riprendere il filo del discorso, uno dei miei libri universitari di Geografia Urbana, Il trionfo della città di Edward Glaeser, non soltanto smonta molti luoghi comuni relativi alla città e alla campagna, ma anche molte utopie ambientaliste che vanno di moda ai giorni nostri e con cui mettiamo a riposo la nostra coscienza di sciuponi.
Sì, ma che cosa c’entra questo con la rubrica sulla rivoluzione francese e l’antico regime? vi chiederete. Ebbene, ho scoperto qualcosa di molto interessante sulla nascita dei ristoranti! Nel paragrafo “La divisione del lavoro e il Lamb Vindaloo”, l’autore ci parla della città come una vertiginosa cornucopia di stili culinari, di varietà di prezzi e di atmosfere. Nelle aree extra urbane a bassa densità abitativa, dove i ristoranti sono posizionati lontano dalle abitazioni, le famiglie si preparano giocoforza il loro cibo, siano o no brave nella bisogna. Nella città, è facile per le persone uscire a mangiare e trarre soddisfazione dal lavoro di cuochi provetti. I commensali urbani possono approfittare del fatto che esistono infrastrutture specializzate, e ristoranti dove si fondono modi di cucinare geograficamente diversi, per la gioia di schiere diverse di consumatori con differenti possibilità di spesa. Lo possiamo vedere nella fotografia dell’elegante ristorante del Musée d’Orsay di Parigi.
E ora veniamo al clou del mio post.
Se le locande e le taverne sono naturalmente antichissime – da che mondo è mondo l’uomo ha sempre amato sedersi a mangiare, bere e chiacchierare con i suoi simili – i ristoranti veri e propri hanno visto la loro comparsa a Parigi nel tardo diciottesimo secolo. Ebbene sì, con il termine “ristorante” si intende precisamente un luogo che attrae le persone con la loro cucina. Secondo il testo di Glaeser si ritiene che un certo signor Mathurin Roze de Chantoiseau sia stato il primo ristoratore nel senso moderno del termine. Il termine restaurant nacque perché Roze vendeva delle salutari minestre che dovevano “ristorare”, cioè restaurer, i parigini che avevano bisogno di rinfrancarsi. La densità urbana creò un mercato per i prodotti specializzati, e le zuppe furono uno di questi prodotti. Nell’esercizio commerciale di Roze, si stava seduti separatamente, veniva offerta ai clienti una scelta di cibi, e loro pagavano in base alle pietanze che avevano ordinato, e non a un prezzo fisso. Furbescamente il signor Roze riuscì a evitare di mettersi contro la lobby dei fornitori di cibo consegnato a domicilio, quello che ogni si chiama catering, grazie a una sostanziosa somma da lui versata per diventare un fornitore ufficiale della corona.
Su Wikipedia leggo invece che il significato moderno del termine nacque attorno al 1765, quando un cuoco parigino di nome Boulanger, che in francese tra l’altro equivale a “panettiere”, aprì un’attività di ristorazione. Chiunque sia stato l’inventore di questa formula innovativa, questa ebbe un successo strepitoso in tutta Europa, come potete vedere nella stampa soprastante di un ristorante britannico. Nel 1782 venne senz’altro inaugurata a Parigi la Grande Taverne de Londres. Secondo Jean Anthelme Brillant-Savarin, il più famoso degli amanti della buona cucina, lo chef della Grande Taverne fu “il primo a combinare i quattro elementi essenziali: sala elegante, camerieri accorti, scelta di vini, e piatti di qualità superiore”.
Prima di questa novità, la cucina di lusso, così come il teatro secolare, era un passatempo dei nobili, i soli consumatori sufficientemente ricchi per pagare i propri chef e le proprie troupe di attori. In questo modo, i buoni ristoranti servirono ad addestrare altri chef e a ispirare i loro clienti a migliorare il loro modo di cucinare a casa.
Per concludere con un ultimo aggancio alla rivoluzione francese, nella stampa qui accanto potete vedere l’assassinio del convenzionale Lepeletier de Saint-Fargeau presso Février, ristoratore al Palais-Royal. No, non pensate male, non aveva protestato perché il conto del ristorante era troppo salato, ma aveva votato la morte del re e si era attirato odi feroci. Sicuramente in questo caso il pranzo gli sarà stato, ehm, indigesto…
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Ebbene, si è fatta quasi ora di pranzo e sento un certo languorino… 🙂 Non mi resta che augurarvi bon appétit! e chiedervi se vi piace mangiar fuori e dove, e quali sono i piatti che preferite.
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Fonte testo:
Il trionfo della città di Edward Glaeser – Bompiani
Fonte immagini:
- ristorante del Musèe d’Orsay – Wikipedia
- stampa britannica dal sito http://www1.folha.uol.com.br/folha/sinapse/ult1063u119.shtml
- L’assassinio del convenzionale Lepeletier de Saint-Fargeau presso Février, ristoratore al Palais-Royal – Wikipedia
- fotografia di giovane donna a tavola – Pixabay
Amo molto mangiar fuori, di solito per me e il mio compagno diventa un rito per concederci una giornata gratificante gustando buon cibo, abbiniamo di solito una gita fuori porta in una giornata di sole, possibilmente, alla tappa in un ristorante particolare (che conosciamo già oppure consigliato da amici buongustai). Lo facciamo un paio di volte al mese se riusciamo. Non ho piatti preferiti perché dipende dal posto, per esempio c'è una trattoria in collina dove fanno dei tortelli di patate fenomenali, mentre c'è un altro posto dove la fiorentina è sublime, oppure se andiamo al mare andiamo in ristoranti dove mangiare il pesce già collaudati, insomma scegliamo in base alle abilità del cuoco. Per me il cibo è un'occasione conviviale per gustare la vita…direi che l'invenzione dei ristoranti è stata una bellissima cosa. Se pensiamo al cibo Made in Italy poi non possiamo che ringraziare l'inventore, c'è un grande mercato intorno al cibo buono, quello DOP, doc ecc. Il successo di Eataly e Slow Food e iniziative analoghe ne è la prova.
Tralasciando il cibo e parlando di università credo sia molto bello per te tornare a studiare, forse adesso ti è addirittura più utile, perché è uno studio rivolto alla tua esigenza interiore di conoscenza che apprezzi più di quanto avresti potuto fare a vent'anni. Pensa che anch'io sono stata sfiorata dall'idea di prendere una seconda laurea…per esempio Filosofia, poi però penso che non troverei più il tempo di scrivere, già adesso faccio fatica. Ma chissà magari più avanti, mai dire mai…
Che bell'affresco hai tracciato con la tua descrizione delle gite fuori porta con il tuo compagno, mi immaginavo proprio le vostre occasioni per stare insieme, rilassarsi, gustare buon cibo e dare gioia anche agli occhi sia con i piatti che non l'ambiente che vi circonda. L'Italia è fenomenale sulla cucina, siamo molto fortunati: a ogni passo ci sono continue variazioni. La trattoria in collina con i tortelli di patate mi attirerebbe moltissimo! I posti fuori città sono molto spesso i migliori, si mangia bene senza spendere una fortuna.
Per quanto riguarda l'università, i più motivati in assoluto sono quelli della nostra età, o anche coloro che sono andati in pensione e si sono iscritti. Sono tutti attenti e partecipi, prendono appunti come se ne andasse della vita. Poi è bello l'entusiasmo che traspare dai loro sguardi quando parlando delle materie e dei professori. C'è un'altra consapevolezza e un diverso grado di apprezzamento. Per quanto riguarda la seconda laurea, hai ragione, magari più avanti… io mi sono iscritta perché, lavorando in proprio, posso organizzarmi diversamente, e comunque come ti raccontavo il tempo per scrivere è ridotto al lumicino. Però è stata una delle decisioni migliori della mia vita.
Mangiare fuori mi piace, ma solo nelle giornate festive. In genere sono un casalingo 😉
Adoro i ristorantini rustici con specialità tipiche: quelli di Capalbio dove servono il ragù di cinghiale, o in Abruzzo dove si può gustare rustell (arrosticini), o anche nel paesino a un tiro di schioppo da casa mia di cui ho pure parlato sul blog, Tolfa, con le tipiche carni alla cacciatora.
Gnam, mi sta già venendo fame anche se è mattina e ho appena fatto colazione… Di Tolfa mi ricordo che ne avevi parlato sul blog. Belli questi piccoli paesi che costellano il nostro territorio.
Evviva, Cristina! Complimenti per i tuoi studi universitari. Anch'io qualche volta sono stata sfiorata da questa idea, non tanto per prendermi una seconda laurea, non so che farmene neanche della prima, ma piuttosto per ricominciare a studiare metodicamente e con delle scadenze. Chissà, magari quando le ragazze avranno terminato i loro studi…
Ma veniamo alla tua domanda: sempre felice di mangiare al ristorante, soprattutto a cena e all'aperto. Non tanto per il cibo, come sai non mangio carne e ho anche una serie di intolleranze alimentari, quanto per il senso di convivialità che si sprigiona davanti al più semplice dei piatti se gustato in bella compagnia, in un bel posto, e certamente annaffiato da un buon vino.
Buon appetito e un abbraccio!
Cara Stella, grazie mille e bentornata da queste parti. 🙂 La seconda laurea, come scrivevo a Giulia nel commento, è un'idea bellissima. Un paio dei miei compagni in pensione sono appunto alla seconda laurea, poi naturalmente l'obiettivo non è prendere il cosiddetto "pezzo di carta", ma imparare cose nuove che appassionano. Se si ha la fortuna di frequentare – attualmente sto frequentando il corso d'inglese – si esce ancora più contenti e stimolati in quanto l'ambiente giovanile è bello e vivace.
Mangiare insieme è sempre pacificante per gli animi, le peggiori liti si smussano davanti a buon cibo e buon vino. Ci si rilassa, si ha tempo di parlare e chiarirsi. Alcuni grandi successi diplomatici sono transitati per una tavola riccamente imbandita.
Un abbraccio anche a te e buona festa della mamma per oggi!
Geniale il comportamento di De Chantoiseau!
Da appassionato di cucina e di cibo non posso che plaudire davanti al tuo post.
Ciao!
Ciao, Nick, grazie di essere passato a leggere! Evviva la buona cucina e a presto. 🙂
Piccole chicche sulla ristorazione che non conoscevo affatto. Buon proseguimento di studi. 😉
Grazie, Tiziana! A presto e buona festa della mamma anche a te. ^_^
Mangiare fuori è una delle mie attività preferite, e lo sarebbe di più se non fossi costretta a macinare chilometri per trovare una cucina meno tradizionale di quella che si trova qui. Comunque mi piace molto chiacchierare a tavola, in particolare all'esterno, quando è stagione, e rilassarmi mentre gli altri lavorano! 😉
Ti sei espressa benissimo, mangiar fuori con i camerieri che ti servono è un bel modo per coccolarsi un po'. Poi non c'è come il cibo e la giusta compagnia per tirarti su il morale! 🙂
Mi piace molto la cucina italiana ma ho un debole per quella francese. Se dovessi capitare a Lione, cerca le brasserie di Paul Bocuse, sono 5 e quattro di queste hanno il nome dei punti cardinali. Sono alla portata di tutti e offrono piatti indimenticabili:-)
Ti lascio qui il link perchè tu possa farti un'idea
Ma tu pensa che idea originale! Ho dato una scorsa ai menu e mi è venuta l'acquolina in bocca… se poi mi dici che sono "indimenticabili"! 🙂 Grazie mille per la dritta, lo terrò senz'altro presente se dovesse capitarmi.
È sempre bello leggerti. Mi ha ricordato il film "Il pranzo di Babette" in cui la cuoca arriva in Olanda (credo) proprio fuggendo dalla rivoluzione francese.
Grazie, Tenar. "Il pranzo di Babette" è un bellissimo film. Mi pare che il luogo dove si rifugiava lei fosse la Danimarca, dove era nata Karen Blixen. Comunque sì, scappava da quel tritacarne che era diventata la Francia rivoluzionaria, sempre per rimanere in ambito culinario.
Quante cose scopro! Io non amo mangiare fuori, meno che meno amo andare al ristorante. Infatti credo di essere sempre stata molto apprezzata dai fidanzati per essere quella che preferiva cucinare a casa. Ancora oggi per me è una sorta di impegno accettare inviti a mangiar fuori. Il cibo troppo elaborato non mi piace, e quei piatti mezzo vuoti a cari come il fuoco mi mettono tristezza. Credo di essere più da osteria, senza veganità, o altre bizzarrie. Poi è da dire che io sono una da primi (ravioli, cannelloni, pasta al forno) non da dolci e a fare i primi nessuno batte la mia mamma, quindi fino a che c'è mi godo la sua cucina.
Buona la pasta al forno! 🙂 Penso che anche una persona con scarse capacità riesca a preparare dei maccheroni con besciamelle e una spolverata di formaggio, a gratinarli e a fare bella figura. Mia mamma invece è un asso con le lasagne, chiunque le abbia assaggiate ha visto il paradiso… Anch'io mi godo la sua cucina, e anche mio figlio lo fa, peraltro, e la sua presenza.
Ci sono sempre da scoprire cose interessanti in questa tua rubrica, Cristina. Si può dire che questo primo ristoratore abbia avuto un'idea geniale e abbia saputo anche metterla a frutto nella specifica situazione dell'epoca.
In un certo senso l'idea di "ristorarsi" andando al ristorante è valida anche per me, mi piace andar fuori proprio per rilassarmi, non cucinare e non lavare i piatti dopo! 😀 Ma anche per mangiare tutte quelle cose che difficilmente riuscirei a fare io stessa.
Alle volte le idee semplici sono le più geniali, al punto che tutti si chiedono: "Ma come mai non ci abbiamo pensato prima?" Come ad esempio l'invenzione della valigia con le rotelle, per non parlare della santa e benedetta lavatrice!
E' vero, uscire a mangiare significa anche poter scegliere e gustare piatti con ingredienti particolari o di difficile esecuzione.
Che meraviglia di post: evviva gli studi, evviva il buon cibo e evviva i ristoranti! 🙂
Sì, anch’io apprezzo molto mangiar fuori, rilassarmi, coccolarmi, stare in buona compagnia. Non c’è nulla come trovarsi di fronte a una tavola ben imbandita per veder anche gli animi più impetuosi rasserenarsi. Il buon cibo, in un bell’ambiente, è una magica combinazione.
Sì, pensa che ora sto leggendo avidamente un saggio sui libri proibiti nel Settecento francese – dai libri dei philosophe a quelli pornografici, dai libelli politici e di pettegolezzo agli opuscoli – è interessantissimo a dir poco! Ci farò sicuramente un post, o più di uno. Sicuramente evviva i ristoranti, i migliori pacieri che esistano. 🙂
Sono certa che questo tuo percorso universitario ti arricchirà esponenzialmente, e lo sta già facendo!
Intanto mi sono sempre chiesta perché si chiamasse "ristorante" e adesso finalmente ne conosco la ragione.
Mi colpisce il fatto che gran parte della grande cucina abbia avuto origine in Francia. Se ci pensiamo, sia la grande pasticceria che altro. Eppure si dice spesso che i loro prodotti non siano all'altezza dei nostri. Come in molte circostanze, gli italiani non hanno saputo valorizzare abbastanza le varie prerogative.
Grazie del tuo commento, cara Luz. In effetti sto imparando un sacco di cose, ma è come camminare in un luogo meraviglioso dove una cosa si aggancia a un'altra di ordine diverso… per cui il processo è davvero esponenziale. In fondo, la cultura è proprio questo.
Come dici, molte innovazioni culinarie hanno avuto origine in Francia. Vattel, il famoso cuoco impersonato da Depardieu nel film, è un buon esempio. Alla fine del Settecento, inoltre, e prima della rivoluzione, tra Francia e Inghilterra c'era un notevole travaso di idee, dalla moda maschile inglese ai cavalli per arrivare appunto alla cucina francese.
I post sulla cucina devono essere contagiosi… la settimana scorsa io ne ho pubblicato uno sul fritto misto alla piemontese… 🙂
Mi è sfuggito! Vado subito a degustare. 😉