Rieccomi a voi, più morta che viva, dopo questo tour davvero massacrante di esami universitari. Vi sono mancata? Chi di voi bazzica Facebook sa già che sono andati benissimo, come meglio non potevo sperare! 🙂

I risultati finali sono stati i seguenti:

– Civiltà e Lingua Inglese: 30 e lode (esame scritto, 5 giugno / esame orale 8 giugno)
– Geografia Urbana: 30 (orale, 12 giugno)
– Storia Medievale: 30 (orale, 20 giugno)

Devo dire che sono stati durissimi, anche perché, come non frequentante, dovevo portare più libri e naturalmente, non essendo presente ai vari corsi (a parte Civiltà e Lingua Inglese), ho sempre avuto l’orribile sensazione di essermi concentrata su cose di poco conto e averne tralasciato altre della massima importanza. Se non capisci dei concetti puoi chiedere inviando una mail al docente, o chiedere un colloquio, ma essere presente è tutta un’altra cosa. Peraltro ci sono anche docenti che non rispondono. Vorrei comunque raccontarvi qualche aneddoto divertente di questa tornata di esami, perché ne sono successe di tutti i colori!

L’unico esame su cui ero tranquilla era Civiltà e Lingua Inglese, anche se lo scritto si è rivelato piuttosto difficile e, anche lì, ci sono state delle sorprese. Avevamo studiato su tre libri più le fotocopie distribuite durante le lezioni. La prova scritta era una Reading Comprehension su un testo accademico relativo a un argomento affrontato. Nel nostro caso è stato un articolo sulla storia dell’immigrazione nel Regno Unito dalle origini con: 5 domande relative al testo, 5 domande di Vero/Falso, 5 con definizione di parole, 1 domanda con stesura di una quindicina di righe su un argomento extra, in questo caso era l’apporto dei primi popoli invasori alla lingua inglese che non potevi desumere dal testo, 5 con sinonimi, 5 di traduzione in italiano di parole. Avevamo quattro ore di tempo, sembrano tante ma vi assicuro che le ho usate quasi tutte.

Era un lavoro lunghissimo e impegnativo. Ho riempito due fogli di minuta e ancora non bastavano, e ho anche cercato di scrivere la versione definitiva senza usare la mia solita scrittura da gallina. Infatti in famiglia mi prendono in giro perché mi chiedono sempre: “Ma tu saresti quella che corregge le bozze?” A parte che non sono solo “quella che corregge le bozze”, ma in effetti devo dire che quando il grafico corregge “lunch” in “Punch”, interpretando la mia ‘l’ minuscola in una ‘P’ maiuscola, un esame di coscienza s’impone. A un certo punto avevo terminato quando mi sono accorta che, nella fretta, avevo completamente sbagliato a interpretare la famosa domanda sull’apporto dei primi popoli invasori alla lingua inglese. Ho chiesto un nuovo foglio e ho cominciato a copiare tutto daccapo. Per fortuna, dico io, dev’esserci stato nei paraggi Giuseppe da Copertino che mi ha detto all’orecchio: “Ma che diavolo stai combinando? E tu saresti “quella che sa l’inglese”?” Insomma, non proprio così ma quasi…

Per quanto riguarda l’esame orale, c’era da preparare un sacco di roba. Occorreva scegliere un testo in lingua inglese oppure sul mondo anglosassone, letterario, scientifico o storico. Io ho scelto il Capitolo 2 di Animal Farm di Orwell, di cui dovevo preparare il glossario dei termini tecnici, l’analisi critica del testo sulla base di linee guida indicate dalla docente e una contestualizzazione storica, preferibilmente in Power Point, il tutto da esporre in dieci minuti, orologio alla mano. Chi di voi ha letto quest’opera allegorico-politica sa benissimo che soltanto per la presentazione del gruppo dirigente dei maiali ci sarebbe da parlare per dieci minuti, in quanto sono la raffigurazione dei maggiori leader al tempo della Rivoluzione Russa, tra cui Stalin. Si è trattato di un lavoraccio che mi ha portato via parecchie ore. L’esposizione orale comunque è andata benissimo, e insieme con la prova scritta mi ha fruttato un bel 30 e lode. All’uscita, siccome era ora di pranzo, sono andata a festeggiare con una bella coppa di gelato e fragole vicino alla Pinacoteca Ambrosiana, alla faccia della dieta e della tiroide, oink oink.

L’esame di Geografia Urbana è stato pesantissimo, anche perché nell’ambito di questa disciplina ci sono anche modelli dinamici da imparare, o comunque da saper spiegare. I mie testi erano: “Le città del mondo”, “Geografie dell’urbano” (difficilissimo), “Il trionfo della città”, “Green Metropolis”. Ho cercato più che altro di ripassare gli argomenti che avevano svolto in classe, traendo spunto anche dalle slide, ma erano una montagna.

Il giorno dell’esame ero così rincitrullita che ho sbagliato aula! Come sapete non ho una grande simpatia per i numeri, dunque ero convinta di dover recarmi nell’aula M201. Mi sono seduta insieme agli altri candidati in attesa della docente, nel frattempo speravo che avesse aderito allo sciopero in corso. Invece si è presentato un assistente molto simpatico che ha cominciato a fare l’appello. Non veniva mai fuori il mio nome, così mi sono insospettita. Nel frattempo sbirciavo gli appunti della persona più vicina a me e vedevo che c’erano degli schemi a diagramma con frecce incrociate, e anche i testi sembravano piuttosto diversi. A quel punto Giuseppe da Copertino ha di nuovo strillato di verificare il numero dell’aula dalla stampa d’iscrizione, che per fortuna mi porto sempre appresso, e ho scoperto con orrore che avevo sbagliato aula e che avrei dovuto recarmi nell’aula M204! Ho arraffato la mia roba e sono corsa fuori come se avessi il diavolo alle calcagna, sotto l’occhio sconcertato dell’assistente. Ho poi scoperto che lì si sarebbe tenuto l’esame di Elementi di Logica Matematica, ahahahahah, vero pane per i miei denti. Per fortuna l’aula giusta era due porte più in là, e gli esaminatori non erano ancora arrivati.

Speravo appunto che facessero sciopero, invece è arrivata la titolare di cattedra e un assistente. Io ero la sesta e facevo “ambarabà-cicì-cocò” sperando che mi interrogasse lui, che aveva l’aria leggermente più cordiale. Nel frattempo tiravo in cuor mio una massa di accidenti a mio figlio, che mi aveva convinto a scegliere Geografia Urbana anziché Geografia della Popolazione, esame scritto. Infatti negli esami orali – e nel mio percorso di studi sono quasi tutti orali – ogni volta mi sembra di essere davanti al plotone d’esecuzione. Comunque alla fine mi ha chiamato proprio lui! Speravo che mi chiedesse qualche argomento inerente la nascita delle città, invece mi ha chiesto i valori d’uso del suolo urbano, domanda che prevedeva l’uso di un diagramma, cui per fortuna sapevo rispondere. Insomma, tra una domanda e l’altra sulla tesi della densità urbana e la città post-industriale, sono riuscita a cavarmela e ho preso un bel 30. Sono uscita dall’aula a dir poco incredula, in considerazione di quanto poco mi sentissi preparata.

L’esame di Storia Medievale è stato terrificante. Contavo di darlo a febbraio, ma per vari motivi non mi sentivo mai pronta e quindi l’ho rimandato alla sessione estiva. Nonostante io ami moltissimo questo periodo, si trattava di un esame “MONSTRE”, un vero scoglio da superare: sono pur sempre mille anni dove si va dai barbari a Lorenzo il Magnifico, con grovigli istituzionali inestricabili, concili, diete, imperatori dai nomi tutti uguali (perché nella dinastia Pipinide si chiamavano tutti Carlo, Carlomanno e Pipino?!), date da imparare, riforme ecclesiastiche e imperiali, e chi più ne ha più ne metta. Nonché uso, di volta in volta, di termini di estrema precisione (feudo oblato, conte immunista, legami vassallatico-beneficiari, giurisdizionale e non giuridico, cesaropapismo, enunciazioni e non editto ecc.).

Siccome puntavo anche qui ai 9 crediti, ho scelto due altri testi tra cui “Poveri e povertà nel Medioevo” e “I paesaggi dell’Italia medievale”, dato che mi interessa molto il lato sociale della Storia. In totale saranno state un migliaio di pagine da leggere e studiare.

Stavolta non ho sbagliato aula, anzi, mi sono seduta davanti perché ero la quarta in ordine progressivo. Ho scoperto che all’inizio avremmo dovuto superare un breve test scritto, che comportava il collegamento tra personaggi, eventi e date, attribuire a un avvenimento o diploma ecc. una data oppure un secolo, scrivere la definizione di un termine (io avevo “arimanni”) e spiegare un’istituzione o altro (io avevo “il comune podestarile”). Come volevasi dimostrare ho sbagliato un paio di date, di quelle da scrivere, mentre ho fatto tutti giusti i collegamenti e ho risposto bene al resto.

Poi è cominciata la vera tortura, cioè l’esame orale. Prima di me c’erano tre persone, che venivano interrogate o dalla docente o dall’assistente. Il primo era bravissimo, tra l’altro non aveva nemmeno dovuto fare il test, segno che era più avanti. Una ragazza si è ritirata perché non ha risposto bene al test scritto. Un altro ragazzo al suo terzo tentativo è andato completamente nel pallone, e non riusciva a rispondere a niente, né alle rivolte sociali del Trecento né ai Normanni d’Italia né alla dinastia carolingia. Io ascoltavo e soffrivo per lui, la professoressa cercava di aiutarlo incoraggiandolo.

Alla fine mi ha chiamato l’assistente, mi sono seduta davanti a lui con i miei libri. Avevo un’ampia schiera di cavalli di battaglia, tra cui anche l’impero islamico oppure i Longobardi, o gli ordini monastici attorno al 1000, il monachesimo orientale, o anche i Comuni e il Barbarossa che avevo ripassato a puntino, o le Signorie o le compagnie di ventura. Sarebbero andati benissimo anche i popoli germanici, Carlo Magno, Guglielmo il Conquistatore, i Plantageneti, la lotta per le investiture ecc. Invece mi guarda e mi chiede la riforma ecclesiastica imperiale del X secolo. Là ho avuto un vuoto di memoria pauroso, come un abisso senza fondo attraversato dal vento ululante. Fissavo la sua faccia impassibile e non riusciva a venirmi in mente assolutamente niente. Sono stati momenti di puro terrore. Ancora una volta è intervenuto il buon Giuseppe da Copertino e, sospirando, mi ha fatto visualizzare la miniatura dell’imperatore tedesco Enrico III. Mi sono ripresa a stento e ho cominciato a parlare, scoprendo, da un’osservazione dell’esaminatore, che ero andata troppo avanti e che avrei dovuto iniziare con la dinastia della casa di Sassonia, dunque con Ottone I. Però non riusciva a venirmi in mente alcun collegamento tra Ottone I e qualsivoglia riforma in merito a papa, vescovi, abati e chierici. Comunque parlavo e, lentamente e faticosamente, e con la gola secca, mi sono ripresa. Lui un po’ annuiva e un po’ faceva mmm… come a dire che non era proprio esatto… comunque sono riusciva a costruire qualcosa di abbastanza convincente, per poi riuscire a passare finalmente a Enrico III e a papa Leone IX, alla corte pontificia e al movimento dei riformatori che sapevo bene. Da lì in poi è stato tutto in discesa, lunghissimo, interminabile, ma liscio. Mi ha torchiato ben bene per mezz’ora, concludendo con delle domande sugli altri testi (i “paesaggi della paura”, i maggiori protagonisti delle opere di disboscamento dell’Alto Medioevo, e poi chi erano i pauperes verecundi e gli enti assistenziali in loro favore). Alla fine mi ha dato 30, stringendomi la mano. Sono uscita dall’aula distrutta e con la mente ridotta in poltiglia.

Ebbene, che ne pensate? 


In quanto a me, dopo questo tour infernale trascorrerò il fine settimana in uno stato di totale rilassamento, e con la borsa del ghiaccio sulla testa per far svaporare i fumi del cervello.

L’aggettivo “infernale” peraltro non è usato a casaccio, in quanto, poco dopo aver concluso l’ultima fatica, ho cominciato ad avvertire un intenso odore di bruciato. “Avrò lasciato la pentola sul fuoco,” mi sono detta. Quando però l’odore ha assunto un sentore di zolfo, ho compreso che, oh… stava per ricomparire “lui”, il potentissimo, amatissimo, temutissimo signore di Milano


Bernabò Visconti
ovvero
il protagonista de

Il Diavolo nella Torre

E dunque sì, tra tuoni e fulmini ritorna anche il Diavolo al castello di Trezzo nelle date del 7 luglio e dell’8 settembre come da locandina con gli attori di Teatrok! Vi aspettiamo e… per rinfrescarvi la memoria ecco il mio theatre trailer. 


Un abbraccio a tutti quanti, ci si rivede in giro!

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Fonte della prima immagine:
Il cavaliere, la morte e il diavolo di Albrecht Dürer (1513) – Wikipedia