Come molti di voi già sanno, la mia prima settimana di settembre è stata al calor bianco: c’è stata il ritorno al mio posto di combattimento lavorativo, con tutte le questioni da riprendere in mano, la replica del mio spettacolo “Il Diavolo nella Torre” che è stato un successone da tutto esaurito, insieme alla gradita presenza dell’edizione Meravigli a fare da sponsor, e soprattutto il mio esame di Storia della Stampa e dell’Editoria.
Vorrei raccontarvi nel dettaglio come si è svolta questa prova sostenuta il giorno 10 settembre, nella mia solita maniera semiseria. Anche stavolta ci sono stati dei “fuori programma”: devo dire che ogni esame è unico nel suo genere e che l’università “è una scatola di cioccolatini e non sai mai cosa ti capita”, come dice Forrest Gump nell’omonimo film. Come di consueto avevo una pesante badilata di libri da portare, in qualità di non frequentante e aspirante alla conquista di altri 9 crediti, cioè:
- Stampa e cultura in Europa tra XV e XVI secolo di Lodovica Braida
- Libri di lettere – Le raccolte epistolari del Cinquecento tra inquietudini religiose e “buon volgare” di Lodovica Braida
- Dalle carte ai muri – storia e società nella Spagna della prima età moderna di Antonio Castillo Gómez
- Il libro. Editoria e pratiche di lettura del Settecento di AA.VV.
- Libri proibiti. Pornografia, satira e utopia all’origine della Rivoluzione francese di Robert Darnton
per un totale di circa milletrecento pagine, che avevo studiato in lungo e in largo nei mesi precedenti, e in special modo a luglio e agosto.
Munita del mio bagaglio, ho preso i mezzi di trasporto e sono andata a far colazione in un bar di corso di Porta Romana, dove posso sedermi e rimanere quanto voglio, leggendo e ripassando, senza essere bersagliata da occhiate critiche.
Da lì sono recata in via S. Sofia con anticipo, data la necessità di avere la solita mezz’ora per girovagare come un’anima in pena alla ricerca dell’aula il cui rapporto numero-piano sfida ogni logica elementare. Finalmente l’ho trovata e, tutta contenta di aver raggiunto questo primo obiettivo, mi sono accomodata in corridoio, aspettando che si potesse entrare nella fatale aula 101.
In quel mentre mi sono sentita chiamare: era Paolo, un maestro di scuola elementare in pensione con cui avevo fatto amicizia al corso d’inglese, e che avrebbe dovuto affrontare lo stesso esame. Abbiamo chiacchierato e abbiamo effettuato un reciproco aggiornamento. Quando è arrivato l’orario, siamo entrati nell’aula e… siamo rimasti sbalorditi! I candidati a sostenere l’esame erano una schiera sterminata, una vera armata di ragazzi disposta a perdita d’occhio nelle file di una sorta di aula magna. Non c’era da meravigliarsi, dato che questo tipo di esame è trasversale a varie facoltà, la docente è una luminare nel suo campo e la materia è particolarmente appassionante.
L’appello avrebbe dovuto iniziare alle 9.30. Invece la docente e le due assistenti sono arrivate con quaranta minuti di ritardo e, bontà loro, hanno iniziato la chiamata, il che ha richiesto una ventina di minuti per snocciolare nomi e cognomi e segnare se “frequentante” o “non frequentante”. Infatti i candidati erano oltre 250. Hanno poi confabulato per suddividerci in tre gruppi ripartiti in tre giornate, di circa una sessantina di studenti a giornata (noi due per fortuna siamo rientrati nella prima tornata); poi l’esame è iniziato. Paolo e io siamo andati a sistemarci nell’ultima fila di sedie in alto, con le nostre masserizie e per poter ripassare in santa pace.
La giornata è stata interminabile. La tensione nervosa, mista a noia, è andata crescendo per arrivare alla stelle verso il tardo pomeriggio. Poi, com’è ovvio, più ripassi e meno ti sembra di sapere, e alla fine avevo una gran confusione in testa tra i librillos de memoria, le epistole degli “spirituali”, i libri di famiglia, gli inventari post mortem, le biblioteche degli ambasciatori e les chroniques scandaleuses francesi e chi più ne ha più ne metta.
Sono rimasta dieci ore di orologio in università, tredici se conto anche i mezzi di trasporto presi per raggiungere l’edificio, un po’ ripassando furiosamente, un po’ mangiando le mie barrette energetiche, un po’ andando a prendere dei caffè con il mio compagno di sventura, un po’ chiacchierando con lui. Ogni tanto gettavamo uno sguardo panoramico alla situazione, constatando che gli studenti si andavano assottigliando, e cercando di calcolare a spanne quando sarebbe arrivato il nostro turno: io ero la cinquantesima, lui il sessantunesimo. Per giunta la docente scompariva, poi ritornava e scompariva un’altra esaminatrice… insomma, il tutto andava parecchio a rilento. A un certo punto si è spalancata la porta ed è entrata un’altra infornata di una ventina di studenti e la docente ha fatto un altro appello, il che ci ha disorientato non poco. Poi abbiamo capito che questi nuovi studenti si sarebbero assommati agli altri, dato che avrebbero dovuto essere interrogati in Storia del Libro per la laurea magistrale; e quindi i nostri calcoli sulla tempistica erano andati a farsi benedire.
Quando si stava approssimando il mio turno, ho disposto i miei tomi in ordine di simpatia, mettendo quello che proprio non mi piaceva (i libri di lettere del Cinquecento, una “zuppa” noiosissima) schiacciato e nascosto sotto gli altri. Per fortuna mi ha chiamato una delle assistenti, nel tardo pomeriggio, cioè alle diciassette, quando ormai cominciavo a perdere ogni speranza, e stavo fissando il vuoto con sguardo vitreo. Paolo era andato, nel frattempo, a prendersi l’ennesimo caffè. Mi sono calata fino alla cattedra con il mio bagaglio di libri e mi sono seduta. Ormai non ero nemmeno più agitata: ero soltanto stufa e non vedevo l’ora che la giornata terminasse per poter chiudere il discorso con un risultato qualsiasi, uscire da quel luogo di detenzione e prendere una boccata d’aria!
L’assistente stessa era stremata dopo ore e ore di interrogazioni. Comunque mi ha chiesto tutti argomenti che sapevo molto bene, ergo sono stata fortunata, perché ogni esame è come la roulette russa: i processi di Gutenberg e l’invenzione della stampa, l’organizzazione lavorativa di una bottega tipografica, la diffusione della stampa in Europa e specialmente nella città di Venezia, l’editoria didattica nell’Italia del Settecento e le modalità di circolazione dei libri proibiti pre-rivoluzione. Non mi ha chiesto niente sul testo della Spagna e soprattutto sugli epistolari, dicendo alla fine: “Non ci sono dubbi sulla sua preparazione”, e mi ha messo 30 x 9 crediti! ^_^ Evviva!
Ho aspettato che anche Paolo terminasse la sua prova, che è andata molto bene anche a lui (28): siamo dei vecchietti d’assalto. Quando sono uscita dall’edificio, mi sentivo come un pugile suonato, e sono stata letteralmente abbracciata da un caldo vischioso e appiccicaticcio che mi ha ricoperto di sudore. Calava la sera, e finalmente ho preso la metropolitana, esausta ma soddisfatta, mentre i miei familiari mi davano già come inghiottita dal vorace edificio universitario.
Ad ogni modo Storia della Stampa e dell’Editoria è un argomento oltremodo affascinante, un’avventura straordinaria specialmente per noi che, in vari modi, bazzichiamo questo mondo come lettori o autori o addetti nel settore. L’invenzione della stampa a caratteri mobili, e delle sue conseguenze, è stata l’avvio di una rivoluzione che prosegue anche oggi. Basti pensare al business che ha subito rappresentato per editori intelligenti e audaci come Aldo Manuzio, alla forma del libro e alle professioni che lo hanno contraddistinto, o all’uso che ne hanno fatto i riformatori luterani e i cattolici per combattersi a suon di pamphlet e illustrazioni satiriche, agli indici di Santa Romana Chiesa e alle varie forme di censura e di espurgazione del testo, ai libri “filosofici” che venivano contrabbandati dalla Svizzera alla Francia nel periodo pre-rivoluzionario… Ci sono tanti di quegli argomenti che potrei aprire un blog soltanto per parlare di stampa, ma soprassiedo per ragioni di tempo.
Tuttavia ho già scritto per voi un post sulle modalità del mercato editoriale del Settecento, una vera e propria chicca che vi svelerà… come i meccanismi commerciali e la ricerca della fama fossero identici a quelli dei giorni nostri, e gli scrittori-pavone, nello specifico i poeti-pavone, fossero numerosi, vanesi e assai agguerriti!
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Quindi non mi resta che dire “Anche questa è fatta”, proseguire nella mia avventura universitaria e darvi appuntamento al prossimo sabato!
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Fonte immagine finale: un torchio da stampa (Wikipedia)
Piu che fatta è superata con il botto! Così tante ore di attesa dopo cosi tanto studio sono davvero la misura della tua passione e del tuo grande impegno. Che dirti oltre a bravissima e complimenti?
Grazie, Nadia! Ti dirò che nel tardo pomeriggio ero talmente stufa che avrei voluto prendere e andarmene a casa. Però poi ho resistito, grazie anche a Paolo che era messo persino peggio di me. La prossima volta ci si collega allo scoccare della mezzanotte e ci si iscrive in modo da essere tra i primi!
complimenti per la costanza! 🙂 io non avrei retto, ma a dire il vero ho chiuso con la scuola e gli esami da quarant'anni esatti, cioè dal diploma di perito chimico. L'argomento dell'esame è comunque di quelli belli, si parte da Gutenberg e dagli incunaboli?
(poi mi farai sapere di quel bar a Porta Romana)
Io ho il diploma di Liceo Linguistico Commerciale, anch'io parecchio datato. L'idea di iscrivermi mi è venuta facendo un rapporto età della pensione / università. Mi sono detta che avrei fatto meglio a iscrivermi ora che ho qualche neurone ancora attivo.
L'argomento è bellissimo: per la precisione si parte addirittura prima di Gutenberg, cioè dalle università medievali e dall'uso dei fascicoli sciolti manoscritti per gli studenti, e dai sistemi distributivi degli "stazionari" (una specie di librari-cartolai).
Per quanto riguarda il bar, non ricordo il nome, ma è esattamente davanti alla Basilica di San Nazaro in Brolo. 🙂
Tanto per cominciare complimenti per il risultato…e per la pazienza.
Per quanto riguarda il circuito universitario, è proprio vero che ogni esame è un qualcosa a sè stante. Io ricordo ancora una volta che andai ad assistere all'esame di un mio amico alla facoltà di Giurisprudenza della mia città e -te lo racconto per puro spirito di gossip- rimasi sconvolto dall'atteggiamento del Professore. Oltre ai canonici ritardi, oltre all'atteggiamento di sufficienza nei confronti degli esaminandi,ricordo che era appena stata approvata la Legge Sirchia che proibiva il fumo nei locali pubblici, quindi fai conto che saremmo stati attorno al 2003/04…ebbene quel professore non fece altro che accendersi una sigaretta dietro l'altra mentre faceva gli esami con tutto il cartello dietro di lui che recitava :"Divieto di Fumare".
Sarebbe stato da fotografare. 😉
E tutti ovviamente stavano zitti per paura di innervosire il docente.
La questione della proibizione del fumo, che valeva per gli studenti ma non per gli insegnanti, me la ricordo benissimo. Io ero al liceo linguistico ai tempi della legge Sirchia. Pur non fumando, non capivo perché i miei compagni dovessero andare a rifugiarsi nei bagni a fumare di nascosto quando alcuni professori fumavano in classe sotto i nostri occhi. Ricordo in particolare un o-dio-so professore d'italiano che, oltre a tormentarci, fumava in classe come se niente fosse. E poi hai ragione, si sta zitti perché il docente ha il coltello dalla parte del manico… altrimenti ci sarebbe stato qualche commento da fare sull'enorme ritardo e anche sulla mancanza di scuse nel caso del mio esame universitario.
Bravissima Cristina, complimenti per il 30 e per aver resistito l'intera giornata in attesa di essere interrogata (mi hai fatto ripensare ai miei esami universitari, quando capitavano anche a me le attese interminabili degli esami). Credo che la materia da studiare sia stata anche molto interessante, è bello quando il dovere si incrocia un po' anche con il piacere (a me è successo con l'esame di marketing all'epoca…)
Molti che hanno frequentato, o frequentano, l'università non sono per nulla sorpresi da queste code interminabili. Pensa che, parlando con una ragazza prima del'appello, raccontava che per Storia greca gli studenti erano talmente tanti che ci avevano messo tre settimane per interrogarli!
Storia della Stampa e dell'Editoria è una delle materie più belle che ho studiato sinora. Qualcosa sapevo, ma quando vai nel dettaglio e scopri cose nuove è sempre bello e sorprendente.
Giornate "recluso" all'università per fare un esame in attesa del mio turno le ho vissute. La cosa curiosa è che ti snervi, pensi "Quando arriverà il momento sarò fuso e dirò tante cavolate", e poi invece appena sei davanti al professore tutto quello che hai studiato ti viene magicamente in testa ed esponi tranquillo.
Io ho fatto a suo tempo un corso di storia basato sulla storia del libro, per ceti aspetti simile a questo che hai fatto tu. Sicuramente molto interessante, ti rendi conto di tutte le questioni bassamente materiali (produzione, diffusione) che influenzano il mestiere editoriale.
Per quanto mi riguarda, non mi sono mai sentita preparata a nessun esame, e probabilmente questo non accadrà mai. Gli argomenti sono talmente complessi che, nel giorno dell'esame, ti sembra di sapere poco o niente. Poi hai ragione, quando sei davanti al docente viene tutto molto più facile: misteri della mente umana che si riassesta nel momento cruciale!
Secondo me, però, va molto a fortuna: intanto io non frequento, e quindi "non mi conoscono", e ogni professore è un caso a parte. E poi possono chiederti l'argomento che sai molto bene o pescare da quello che sai meno. Insomma, è una specie di lotteria!
Un abbraccio carico di complimenti, la tensione deve essere stata davvero alle stelle, ma tu stai andando proprio alla grande
Grazie di <3, Sandra, sì, sono molto soddisfatta di aver superato questa nuova prova. La mia parola d'ordine è accettare anche un 18, ma chiaramente se mi danno di più sono contenta anche in rapporto al numero delle ore di studio spese sui libri. I sacrifici sono parecchi, te lo posso assicurare, e devo rinunciare a tanti inviti e partecipare a tante iniziative per rimanere concentrata. Però è davvero molto gratificante. A presto!
Ah, mi ha ricordato un sacco il mio esame di Storia Greca, materia comune a un sacco di corsi di laurea. Esame iniziato il lunedì, io sono passata di giovedì pomeriggio, uno di quegli esami che passi per sfinimento!
Sono davvero felice che sia stata un'avventura a lieto fine, ma, del resto, non mi aspettavo niente di meno! Secondo me ci sono disciplina su cui ne sai più dei professori!
Come dicevo sopra a Giulia, prima dell'appello mi sono messa a chiacchierare con una ragazza (la 220ma come numero d'iscrizione) che mi stava raccontando proprio la stessa cosa dell'esame di Storia greca: ci hanno messo tre settimane a interrogare tutti! Quest'anno dovrei scegliere tra Storia greca e Storia romana, penso che sceglierò la romana, ma ho già deciso di far slittare l'esame al prossimo anno accademico insieme con Letteratura italiana. Ho un paio di esami importanti ancora dal I anno: Storia moderna (che sto preparando per gennaio) e Storia contemporanea (che darò a giugno dell'anno prossimo), più vorrei darne almeno altri tre del II anno. Insomma, sto facendo un po' di programmazione.
Ti ringrazio del complimento! E non sei la prima che mi dice che in alcune materie ne saprei più dei docenti. 🙂 Noto in generale che l'università ti fa sistematizzare i saperi. Ad esempio in Storia medievale ho letto molti saggi per scrivere i miei romanzi, ma qui si è allargato enormemente il campo visivo, è indiscutibile.
Intanto complimenti per il risultato (meritato). 🙂
Al secondo-terzo anno eravamo una settantina circa e per certi esami orali la trafila era la stessa che hai raccontato, se ci presentava tutti al primo appello (specie se l'unico della sessione): a volte sapevi che dopo l'appello delle 9 potevi passare al pomeriggio, per cui chi tornava a casa, chi a studiare in biblioteca, chi si ascoltava gli orali degli altri… Al terzo anno avevo fatto l'appello per l'orale di Chimica Fisica F e avevo chiesto di passare il giorno dopo, così quel giorno ero andato a dare l'orale di Biochimica. Altri tempi! 🙂
Grazie per il complimento, non è stato l'esame più duro finora (cioè Storia Medievale), ma è sicuramente stato il più snervante!
Iscriversi online è molto comodo. Un'amica della mia età mi raccontava delle lunghe code alle segreterie per iscriversi, e delle altrettanto lunghe code per disiscriversi se avevi cambiato idea. Credo che con un po' di organizzazione, comunque, il nostro soggiorno di dieci ore avrebbe potuto alleviato- Ad esempio la segreteria che, d'accordo con i professori, avrebbe potuto suddividere l'elenco dei 250 e mandare delle mail chiedendo di presentarsi in una determinata forbice di tempo.
Non avevo pensato che la vita universitaria fosse fatta anche di prove fisiche… Una dose di fortuna fa sempre comodo, ma non so perché ho l'impressione che tu ti fossi preparata molto bene. 🙂
In effetti, se avessi saputo l'andazzo, mi sarei iscritta a quei programmi di addestramento degli astronauti prima di andare nello spazio. 😉 Mi ero preparata bene, sì, ma quando sei là ti sembra di non sapere niente: è una sensazione terribile!
Mi è sembrato di rivivere uno di quegli esami della Facoltà di Lettere cui afferivano da altri corsi di laurea. Una fiumana di persone, tempi lunghissimi, preoccupazione e ansia, stanchezza cronica. Mi domando a volte se chi critica aspramente gli insegnanti tutti sa realmente cosa significa stare dietro un corso di laurea, quale fatica comporti. Mentre magari proprio i più critici si sono fermati alle scuole superiori bighellonando poi in qualche ufficio sotto padrone e sotto pagati. Ecco.
A parte questo piccolo sfogo, sei grandissima, come sempre. 🙂
… scrivendo in fretta, ho omesso qualche congiuntivo. 🙂
Tanto per dirti quant'era distrutta l'esaminatrice, mi ha chiesto come prima cosa "Che libri ha portato?" per poi accorgersi, l'istante successivo, che li avevo portati fisicamente. Il mio compagno, che aveva frequentato, mi aveva detto che il corso di Storia della Stampa e dell'Editoria è stato il più bello in assoluto del I anno.
Ti ringrazio per i complimenti! 🙂 in effetti è andata proprio bene… non è stato l'esame più difficile da preparare, ma le pagine erano proprio tantissime.
… non ti preoccupare per i congiuntivi, e lo sfogo è sacrosanto. 🙂