Partecipo molto volentieri a questo meme di Sandra Faè, titolare del blog I libri di Sandra, che presento accompagnato da un affresco di donna con stilo e calamo del I secolo d.C. attualmente a Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Potete invece trovare qui il link all’articolo di Sandra. Nel frattempo hanno partecipato al meme Nadia Banaudi di Svolazzi e Scritture (qui) e Giulia Ludovica Mancini di Liberamente Giulia (qui), e chissà che non si stiano aggiungendo altri blogger.

Il post si apre con tre fatidiche domande che vogliono parafrasare quelle poste da Joe Bastianich, cui proverò a rispondere… anche perché è sempre interessante fare, ogni tanto, il punto della situazione. Eccole:

Chi siamo? 
Dove andiamo?
Perché scriviamo?

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Chi sono?
Prendo a prestito una frase dal film di Don Camillo e dico: “Sono una corazzata chiusa in uno stagno.” Navi da guerra a parte, esteriormente sono una donna di quasi cinquantacinque anni che ne sente trenta in meno, ha una famiglia con un marito in pensione che le dà una mano colossale per sostenerla nelle sue nuove imprese, un figlio appena laureato in cerca di occupazione. Penso di avere alcuni ottimi amici, e molte conoscenze. Svolgo in proprio una professione che mi piace molto, perché comprende un’importante parte relazionale; e poi ha a che fare con i libri, la scuola e le lingue straniere che sono tre argomenti bellissimi. Al momento sono in possesso di un’energia esplosiva che si dirama in molte direzioni, da qui la frase di Don Camillo. Sono molto curiosa e coltivo dunque passioni e interessi, forse anche troppi, e tra le mie ultime follie mi sono anche iscritta all’università nella Facoltà di Storia. I miei esami sono andati tutti benissimo, ma hanno richiesto, e stanno richiedendo, molto impegno e moltissimi sacrifici in termini di svaghi, incontri, e anche di scrittura = nessuno ti regala niente.Attualmente sto preparando i due esami di Storia Moderna e Storia Contemporanea per un totale di nove libri che darò nella sessione gennaio-febbraio. In quanto alle pagine, le conterò dopo aver dato gli esami, sempre che vadano a buon fine, altrimenti potrei spaventarmi sul serio.

Per quanto riguarda il mio essere autrice, mi comporto come un giardiniere che continua a dissodare, a vangare, a concimare, a curare le piante del suo giardino. Non appena ne fiorisce una, mi occupo subito di piantarne un’altra in un angolo che sia adatto. Mentre raccolgo, sto già pensando a come rendere il mio giardino ancora più rigoglioso, perché non ne sono mai pienamente soddisfatta. Nondimeno mi sento fortunata, anzi, direi di più essendo credente: sono una persona che è stata colmata di grazie, tra cui il dono della scrittura, ed è circondata da persone che le vogliono bene e glielo dimostrano continuamente. 

Dove vado? 
Ho desideri modesti e ambizioni nella norma, cioè limitare i problemi che la scrittura, o meglio la pubblicazione, trascina con sé, tra cui non avere un editore che diventa un peso anziché un aiuto o non sprecare il proprio tempo in uno sterile arrovellarsi o in attività che prosciugano energia.

Nella mia esperienza di autrice, ho ricevuto soddisfazioni impagabili e altrettanto cocenti delusioni, che si sono in un certo senso bilanciate tra loro: da questa contabilità ho deciso di conservare il meglio. L’ultima soddisfazione, arrivata pochi giorni fa, è stata la vincita come prima classificata al premio Philobiblon di Italia Medievale con il mio racconto “Il più grande dei re“, letto dai giudici in forma anonima per evitare favoritismi, e l’inserimento del racconto nell’antologia che mi verrà consegnata nella cerimonia di premiazione nella splendida sacrestia del Bramante di Santa Maria delle Grazie a fine novembre. L’ultima delusione è avvenuta proprio in occasione dell’ultimo spettacolo de “Il diavolo nella torre“, che però non aveva a che fare con lo spettacolo, entusiasmante come al solito e da tutto esaurito, e con gli attori che hanno superato loro stessi, ma con il comportamento poco corretto di alcune persone. 

La domanda sul “Dove vado?” mi riporta a un pensiero insistente che si è fatto strada in me soprattutto dopo la morte di mia cognata: il pensiero del tempo a disposizione. Se tutto va bene, e se mi mantengo in buona salute fisica e mentale, potrei avere ancora una ventina d’anni, forse qualcuno in più. Per il resto, siamo davvero nelle mani di Dio e tutto il mio progettare lascia davvero il tempo che trova; e sono anche fiduciosa che non si interrompa nulla, ma si possa continuare anche dall’altra parte.

Ho fatto però delle considerazioni di carattere pratico su quello che sto scrivendo attualmente, ed ecco qua:

–  ho interrotto a metà la scrittura del mio terzo romanzo sulla rivoluzione francese “La scalata dei Titani“, per dedicarmi alla revisione di “Le regine di Gerusalemmedel ciclo medievale che con tutta probabilità sarà finito entro quest’anno, o al massimo a gennaio dell’anno prossimo; ci vorrà poi almeno una lettura esterna. Ho commissionato la copertina a un’artista molto brava, che sono sicura farà un ottimo lavoro, e darà il giusto risalto visivo alle mie tre donne eccezionali: la regina, la strega e la fanciulla; 
– nel frattempo, ho accettato i consigli di una persona che stimo molto, che ha letto “I serpenti e la Fenice“, cioè il primo romanzo della rivoluzione, e mi ha consigliato di mandarlo al concorso Neri Pozza
Sto meditando anche se partecipare al concorso Dea Planeta di cui tutti parlano con Le regine di Gerusalemme, ma soltanto se il romanzo sarà finito, e rifinito, come dico io: i tempi del romanzo storico sono lunghissimi e impegnativi e non faccio uscire nulla senza il “controllo qualità”, sempre nell’ambito di quanto è umanamente possibile. Per scrivere il racconto di sei pagine per il concorso, ad esempio, ho letto ben due libri prima dell’estate: un libro filosofico in ebook i cui rimandi non funzionavano, e che quindi, mugugnando per l’intoppo, ho riletto su carta, e una biografia… ed era su un personaggio di cui volevo scrivere qualcosa da anni… tanto per capirsi.

Perché scrivo?
Scrivo perché trovo affascinante che i personaggi della mia fantasia, anziché continuare a vivere nel buio della mia mente come banditi in agguato, possano prendere vita sulla pagina e addirittura cominciare a comportarsi in maniera inattesa, nello stesso modo in cui sono riconoscente ai grandi autori che mi trasportano nel loro mondo con la loro scrittura impagabile. E anche perché mi piace davvero. Per riprendere la metafora del giardino, continuo a coltivare questo mio spazio, che è prima di tutto uno spazio interiore di crescita, che mi dà molta gioia. Come dicevo, la mia scrittura ha tempi lunghissimi, proprio per il genere che tratto e che è quello storico, ed è anche per questo motivo che cerco di portare avanti diversi progetti, piccoli e grandi, in contemporanea. 
Il secondo motivo è di carattere terapeutico, come hanno scritto altri blogger. Moltissimi anni fa ho attraversato un periodo in cui non scrivevo nulla, perché arrivavo a casa troppo stanca dal lavoro, il figlio era piccolo e aveva bisogno di attenzioni; ma io ero nevrastenica e frustrata! Vedevo la mia vita che scorreva e io non riuscivo a fare niente di ciò che mi stava a cuore, cioè scrivere. Anche poco, ma scrivere. La mia testa bolliva di storie e personaggi che erano come animali in gabbia. Perciò, una delle decisioni migliori della mia vita è stata quella di licenziarmi e di mettermi in proprio, potendo farlo (la seconda è stata quella di iscrivermi all’università!).

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Bene, queste sono le mie risposte e mi riallaccio al tempo che passa per farmi gli auguri: domani, per combinazione, è il mio compleanno e compio 55 anni. Posto quindi una vecchia foto scattata da mio papà in cui ero davvero piccola.

Mi piace molto anche se è mossa ed è tutt’altro che perfetta: non soltanto perché sprizzo gioia da tutti i pori, ma anche perché sullo sfondo si intravede il mio fidato Teddy Bear, inglese doc e arrivato proprio dall’Inghilterra. Era stato inviato da una coppia di amici inglese di mio papà: era stato un prigioniero di guerra e aveva trascorso gran parte della stessa presso Cambridge in un campo di lavoro. Si capisce già allora come i miei sentieri dovessero intrecciarsi strettamente con quelli del regno di Sua Maestà britannica, eheh.

Non ci crederete, ma ho ancora quell’orsacchiotto, vecchio e parecchio spelacchiato. Anch’io sono come quell’orsacchiotto, ma sono felice di essere ancora qui con voi!