Rieccomi a voi dopo questo protratto periodo di assenza causa esami universitari e altre complicazioni, risorgendo a stento dalla furia della battaglia. Vi sono mancata? Rimanere giocoforza lontana dal web mi ha causato delle sensazioni insolite, per la maggior parte gradevoli a dire il vero, un po’ come quella degli astronauti che fluttuano nel cosmo e vedono la Terra da molto lontano, o come coloro che si appartano per ritiri spirituali o pre-agonistici. Senz’altro è un buon periodo di disintossicazione dai social. A proposito di social, chi frequenta Fb conosce già il risultato degli esami, ma ora vorrei narrarveli nel dettaglio perché il primo esame è stato un’esperienza al di là del bene e del male.

Prima di partire con la narrazione delle mie traversie, premetto che da metà dicembre sono entrata in una specie di vortice lavorativo che si è normalizzato soltanto di recente. Quindi, senza farvela troppo lunga, sappiate che ero in una specie di centrifuga che ruotava al massimo dei giri. Non ero nella necessaria tranquillità di spirito e di mente per ripassare, con l’aggiunta un periodo di insonnia cronica con conseguente stanchezza, che ormai va avanti da mesi. E, in mezzo, come due enormi iceberg contro cui stavo andando a schiantarmi, gli esami di: Storia Moderna il 14 gennaio e Storia Contemporanea il 30 gennaio.

Vi scriverò due post con la narrazione dei miei due esami, per non rendere ciascun post troppo lungo. Fuoco alle polveri… !

Storia Moderna

Stavo preparando questo esame all’incirca da luglio, e nutrivo molte aspettative anche perché era l’indirizzo che avrei voluto prendere per la laurea triennale, e se non l’avessi passato, oppure se avessi preso 18, mi sarei parecchio scoraggiata. Oltretutto entro il mese di febbraio occorre presentare il piano di studi, che avevo già approntato tenendo conto dell’indirizzo di Moderna. Come si fa a resistere davanti a esami che titolano: “Storia dell’Illuminismo e delle rivoluzioni” o “Storia delle donne e dell’identità di genere”?

Vero è che ognuno degli esami già dati aveva presentato aspettative: il primo (Metodi degli studi storici) perché era un esame “di prova” per constatare se i miei neuroni arrugginiti potevano ancora dare segni di vita, il secondo (Civiltà e lingua inglese) perché è inerente al mio lavoro, e sai che figura se non l’avessi passato, il terzo (Geografia urbana) perché non mi piace la geografia, e rimanere nel tema della città,  tutto sommato, m’interessava di più, il quarto (Storia medievale) perché scrivo romanzi sul Medioevo ecc. Insomma, da qualsiasi parte mi giravo, ero destinata a mettercela tutta.

Memore del mio lungo soggiorno in università durante l’esame di settembre (10 ore), ho fatto la mia prima veglia d’armi e mi sono iscritta allo scoccar della mezzanotte del 13 dicembre, risultando quindicesima come progressivo. Tenete bene a mente questo numero fatale. Man mano che passavano i giorni e si avvicinava la data dell’esame, e il tourbillon lavorativo aumentava, la mia preoccupazione cresceva, e il mio cervello si liquefaceva con la velocità della neve al sole. Il giorno 11 gennaio, ovvero venerdì, ho chiuso una bella parte del progetto che stavo seguendo, e sono uscita dallo studio alle sette di sera trascinandomi stremata fino alla metropolitana e con la testa piena di regole grammaticali inglesi.

Ho trascorso il fine settimana immersa nei libri, provando a voce alta le parti che meno mi entravano in testa. Questo periodo storico infatti è estremamente complicato: dal 1492 al 1848 accade di tutto: scoperte ed esplorazioni, i conquistadores assoggettano i territori americani, ci sono le guerre in Italia, la Riforma protestante, la guerra dei contadini, la diffusione delle dottrine protestanti e calviniste, la guerra di religione in Francia, la Controriforma della chiesa di Roma, la guerra dei trent’anni, gli spagnoli in Italia, la rivoluzione inglese, la guerra di successione spagnola, la guerra di successione austriaca, la guerra di successione polacca, gli austriaci in Italia, la guerra dei sette anni, gli armistizi e i trattati, le tre spartizioni della Polonia, il dispotismo illuminato, la rivoluzione americana, la rivoluzione francese, l’avvento di Napoleone e le guerre napoleoniche, le sette coalizioni antifrancesi, ecc.

Insomma, la partita si gioca spesso soltanto in territorio europeo con conflitti in cui religione e politica si intrecciano in maniera indissolubile, e dove spesso le dinastie rovesciano le alleanze“, quindi si passa continuamente da uno schieramento all’altro con la massima disinvoltura. Per usare un’espressione forbita, è un grandissimo casino… come nella soprastante rappresentazione grafica dello stress. E poi com’è ovvio non ci sono solo gli avvenimenti storici da studiare, ma anche le monografie obbligatorie, o quelle da scegliere, con i grandi temi sociali, economici, religiosi e politici, e chi più ne ha più ne metta.

Lavorare sull’iconografia non mi aiutava stavolta in quanto i ritratti ufficiali erano tutti abbastanza simili (baffetti alla sparviero per il 1600, parrucca bianca con i boccoli per il 1700, prego notare a lato), i re si chiamavano tutti Filippo, Giuseppe, Leopoldo, o al massimo Luigi, e le loro mogli Maria Cristina o Maria Teresa.

Avevo centinaia e centinaia di ritratti che mio figlio mi aveva scaricato, appunti tratti da siti studenteschi e dal web, cronologieriassunti debordanti dal computer, e schemi miei sui quaderni.

I libri da portare erano i seguenti, vi segnalo anche il numero di pagine sotto ciascun tomo.

Ecco. Alle vigilia dell’esame mi sveglio di botto alle quattro di notte, come di consueto. Avevo inoltre sognato che mi era marcito un dente, e che era caduto, e che quindi avrei dovuto presentarmi all’esame priva di un incisivo. Insomma, adesso è tutto molto divertente da raccontare… ma all’epoca non proprio. Siccome non riesco a riprender sonno, accendo la luce, recupero il manuale e mi metto a ripassare. Com’è ovvio il mattino dopo sono rintronata e con le occhiaie fino al mento.

Arrivo alla sede dell’esame dopo debita sosta al bar della colazione, e ripasso ulteriore. L’aula è già rigurgitante di studenti provenienti da ogni facoltà possibile e immaginabile. Ci sono tre assistenti e il professore, e scopro che chi dava l’esame integrale, come me, sarebbe stato interrogato prima da un assistente (sul manuale) e poi dal professore (sulle monografie).

Attendo il mio turno, e finalmente mi chiama l’assistente… Preciso che le interrogazioni avvenivano in un chiasso totale, qualcosa tra il supermercato del sabato pomeriggio e un negozio preso d’assalto durante il Black Friday. Mi siedo nell’angolo preposto, l’assistente vuole sapere chi sono, da dove vengo e che cosa faccio (e che cos’è l’enorme mistero che mi circonda… no, questa è una battuta). Mi chiede che cosa ne penso del periodo, e io dico che è molto complicato, e tuttavia è l’indirizzo che vorrei prendere. Lui dice: “Il fatto che sia complicato fa parte del suo fascino” e poi parte con le domande.  L’esame si è svolto a grandi linee nei seguenti termini:

Mi chiede le guerre d’Italia che so benissimo; e quindi mi lancio nella mia disquisizione enumerando nel dettaglio protagonisti (re di Francia, repubblica di Venezia, lo Sforza, Ferrante di Napoli…), date e particolari.
Assistente: Si vede che lei sa tutto e ha studiato tutto, ma è troppo particolareggiata.
Io: In che senso?
Assistente: Dovrebbe riuscire a farmi un riassunto sul concetto delle guerre d’Italia. (io continuo a enumerare fatti e date). Le rifaccio la domanda: qual è il risultato delle guerre d’Italia.
Io: Beh, il consolidamento dell’egemonia spagnola nella penisola.
Assistente: Bene. Mi parli allora dei possedimenti spagnoli in Italia (io enumero tutti i possedimenti spagnoli) Ne manca uno.
Io: (?… lampadina che si accende, la butto) Lo Stato dei Presidi.
Assistente: (con evidente godimento fisico) Aaaaaaaah…. brava. Dov’è lo stato dei Presidi.
Io: (sollevata) Si tratta del territorio dove ci sono Orbetello e Talamona, piccolo ma strategicamente importante.
Assistente: Ottimo. Qual era la famiglia più importante dei Paesi Bassi.
Io: Gli Orange (ovviamente lo pronuncio alla francese).
Assistente: Sa che erano originari dell’Irlanda? Bisognerebbe pronunciare Oragn. (comincio a digrignare i denti per il nervoso)
Assistente: Mi parli del Congress.
Io: (? ce ne sono a badilate) Il congresso di Vienna, intende?
Assistente: No, the Continental Congress.
Io: Ah, intende il congresso americano (parlo del congresso e anche della dichiarazione d’indipendenza, specificando che la novità assoluta è la ricerca della felicità cui ha diritto ogni individuo).
Assistente: (mostrandosi compiaciuto) Si ricorda la battaglia di Saratoga.
Io: (vuoto di memoria, mi viene in mente soltanto la pubblicità con il silicone sigillante… potenza dei mass media. Me ne sarei ricordata due giorni dopo) L’ho studiata, ma francamente non so collocarla.
Assistente: (contento di avermi preso in castagna) Bene, visto che non si ricorda la battaglia di Saratoga, le faccio un’ultima domanda: mi parli della “questione d’Oriente”.
Io: (dopo un lungo momento di buio) La questione d’Oriente ha a che fare con l’espansionismo russo ai danni dell’Impero Ottomano… bla bla…
Assistente: Non è esatto. C’era un’altra questione in gioco. (?) Le minoranze cristiano-ortodosse in territorio ottomano che la Russia intendeva difendere.

Visto che, secondo lui, non avevo saputo a puntino la questione d’Oriente, mi mette 29 su un bigliettino, insieme agli argomenti chiesti: avrei dovuto tenere il biglietto e presentarlo al professore. Ribadisce il suo consiglio a cogliere il nocciolo delle questioni, e io torno al mio posto con il biglietto, sollevata, incredula e contentissima del risultato. Non so quanto tempo mi abbia torchiata, ma suppongo sia stato nell’ordine della mezz’ora.

Vi pare terribile? Il peggio deve ancora arrivare.

Osservo il professore, in attesa spasmodica… dovete sapere, infatti, che mi aveva chiamato quando mi stava interrogando l’assistente, e dunque mi aveva rimandato a dopo. Lui va avanti con l’elenco e altri candidati si alternano vivacemente alla cattedra. Dopo qualche tempo sospetto che si sia completamente dimenticato di me. Non so che cosa fare e non oso interrompere. Passa un’ora, poi ne passa un’altra. Sono al colmo dell’infelicità, in uno stato tra la vita (il 29) e la morte (non si sa che cosa), con il mio inutile biglietto. Mi sento un ectoplasma, nessuno si accorge di me, nessuno mi vede. Oppure, in alternativa, mi sono trasformata in un’anima del Purgatorio, immersa nel fuoco a espiare i suoi peccati.

Prendo la mia roba e mi sposto nelle prime file. Nel frattempo cerco di ripassare qualcosa dal libro che so meno, quello sul lavoro delle donne. Trascorre altro tempo, e alla terza ora di attesa ho l’impulso irresistibile di scappare. Sono in uno stato terribile: mi viene persino da piangere. Non è giusto: sono stata sveglia fino a mezzanotte per iscrivermi, e il risultato è dover passare di nuovo dieci ore in università come la scorsa volta. Oltretutto non c’è nemmeno il mio compagno Paolo con cui chiacchierare!

A un certo punto il professore si alza e fa: “Bene, è ora di pranzo. Ci aggiorniamo nel pomeriggio,” al che alzo la mano e dico timidamente: “Professore, mi scusi… mi aveva chiamato quando mi stava interrogando il suo assistente.” Perplesso, mi chiede come mi chiamo e controlla sull’elenco. “Ah, allora venga pure: la esamino prima di andare a pranzo.” Mi avvicino con le mie monografie, mi siedo, ma sono ormai ridotta al lumicino e consumata dall’agonia. Guarda il biglietto. Poi constata con piacere che ho portato il programma dell’anno precedente (“Bene, bene… stava diventando monotono interrogare sugli stessi argomenti.”) e inizia con le domande.

Professore: Mi parli delle nobiltà di antico regime.
Io: (enumero le varie tipologie di nobiltà: spada ovvero sangue, toga ecc.)
Professore: Come si acquisiva l’ereditarietà della nobiltà di toga?
Io: (mi incarto completamente, ovvero mi avvoltolo nella toga della nobiltà di toga) Pe-penso per meriti di servizio svolti per il re… rico-coprendo alte cariche giudiziarie…
Professore: Mmmm… no. Ci pensi e vedrà che ci arriva. (ovviamente non ci arrivo: si trattava della compravendita delle cariche. Durante Enrico IV chi aveva i soldi comprava le cariche. La legge faceva incassare soldi alla corona, ed era detta la “paulette” o “saponetta del villano” che deprezzava le cariche esistenti)

Il professore procede con altre domande: come cambia il matrimonio dopo il Concilio di Trento, quali sono i lavori delle donne in età moderna, i “codes noirs” della schiavitù. Parlo, ma ormai sono travolta da una sensazione di catastrofe imminente, anche perché ho la certezza di dire un sacco di stupidaggini e usare termini imprecisi; e difatti mi corregge spesso. Questo professore è l’equivalente di Franco Cardini per il Medioevo, e mette anche parecchio soggezione. Senz’altro mi annullerà il voto, oppure mi darà un voto bassissimo e correrò fuori dalla stanza in lacrime, con un senso di indegnità, come una plebea scacciata da un nobile consorzio per aver osato accostarmi allo stesso.

Quando finisce la tortura, mi dice: “Vediamo un po’… mmm, peccato per la prima domanda.” Si mostra indeciso, poi dice: “Ma si vede che lei è preparata. Le metto 30.” Non credo alle mie orecchie: 30??? Balbetto qualcosa di assurdo come: “Forse non mi ricordavo bene perché è ora di pranzo.” Lui sorride e scrive il 30, e io firmo. In uno stato catatonico vado al posto a recuperare la mia paccottiglia, e una signora che aveva seguito l’esame con l’assistente, e che si era complimentata con me per essere uscita vittoriosa dal primo round, chiede che cosa ho preso.

Esco, distrutta, compio il mio lungo viaggio verso casa, accolta sulla porta dalla famiglia con le bandierine, i cappellini colorati e le trombette, la banda e la grancassa e urla acclamanti. Mi distendo sul divano e metto l’ice pack sulla testa per spegnere il fumo che esce dal mio cervello.

Prima di passare all’esame successivo, vi avviso di una cosa importante: ho dovuto inserire la moderazione nei commenti, sia perché ultimamente girano strani personaggi che inseriscono commenti fuori luogo, o perché si appiccicano commenti spam a più non posso. Voi abbiate pazienza. A subito!

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Immagini:

  • In apertura: The Battle of Rocroi (1643) marked the end of the supremacy of the Spanish Tercios, painting by Augusto Ferrer-Dalmau picture – Wikipedia
  • Brown Lady of Raynham Hall claimed photograph of the ghost, Captain Hubert C. Provand. First published in Country Life, 1936
  • Le altre immagini sono tratte dal sito Pixabay.