Eccomi con la seconda puntata, ovvero l’esame di Storia Contemporanea che si è svolto il 30 gennaio, cioè appena una quindicina di giorni dopo l’esame di Storia Moderna, la cui descrizione potete trovare qui. Dato che un po’ di campanilismo non guasta, come immagine di apertura metto un quadro di Baldassarre Verazzi su “Le cinque giornate di Milano” che si trova al Museo del Risorgimento di Milano.

La scelta di questa seconda materia per l’appello di gennaio è stata oggetto di lunghe incertezze e numerosi cambi di rotta da parte mia.  Naturalmente sapete meglio di me che, quando si studia per gli esami universitari, ne devi portare avanti più d’uno in parallelo, altrimenti non basterebbero trent’anni per laurearti. Avevo dunque deciso di abbinare a Storia Moderna un esame “piccolo”, ma sto scoprendo a mie spese che non ne esistono. Infatti avevo deciso per Storia del Cristianesimo antico da 9 crediti e ho ordinato i libri dall’elenco. Quando mi è arrivato il primo, mi è venuto un accidente: “Cristianesimi nell’antichità” di Giancarlo Rinaldi è il libro più grosso che abbia mai visto, esclusi quelli delle enciclopedie: consta di 1.038 pagine. Vero è che bisogna studiare “solo” fino a pag. 850, ma sono sempre tante. E poi non è un libro che posso portare in metropolitana, com’è mio costume. Inoltre c’erano gli altri tre, che sono nella norma, ma tutti insieme facevano un bel gruppo.

Ho lasciato perdere Storia del Cristianesimo antico, rimandandolo a settembre, e ho optato per un esame facoltativo di Letteratura francese da 6 crediti; ma ho scoperto che avrei dovuto andare a caccia di dispense qua e là, cosa che non avevo il tempo di fare, per cui l’ho scartato. Un altro esame con soli tre testi, nella norma come foliazione, sarebbe stato Antropologia Culturale; tuttavia non poteva essere dato nel primo semestre, ma solo nel secondo. Altre materie avevano lo stesso problema. Allora ho optato per Storia Contemporanea, con cui tra l’altro avrei chiuso gli esami del primo anno, ripromettendomi di valutare il mio grado di preparazione pochi giorni prima dell’esame. Anche in questo caso ho fatto la veglia d’armi e mi sono collegata alla mezzanotte che inaugurava il 30 dicembre, una specie di veglione di Capodanno, risultando seconda come numero progressivo.

Storia Contemporanea
Questo segmento temporale è amato da molti studenti, e non, perché ci riguarda tutti da vicino. Inoltre è più semplice di Moderna, perlomeno non ci sono più le guerre di religione. Tuttavia è un periodo turbolento: nell’Ottocento con i moti insurrezionali, compresi quelli che portano alla nostra Unità d’Italia, e non parliamo del Novecento con ben due guerre mondiali. Insomma, l’umanità non è mai stata tranquilla.
Occorreva preparare i due manuali cronologici (L’Ottocento e il Novecento di Franco della Peruta), e scegliere un saggio dall’elenco. Io ho scelto “Il secolo breve di Hobsbawum di cui avevo sempre sentito parlare e che mi interessava molto. Per i 9 crediti ho colto la palla al balzo e ho optato per un saggio sulla Rivoluzione russa di S. Smith. Dovete sapere che, dopo la Rivoluzione francese, nutro una grandissima passione per la Rivoluzione russa e avrei sempre voluto leggere un saggio sull’argomento ancora prima di iscrivermi all’università. Così ho fatto… e mal me ne incolse, perché è molto intricata. Del resto, voi direte, non si chiamerebbe “rivoluzione”, ma “scampagnata lungo il Volga”.
Come nel precedente post, ecco i tomi che avrei dovuto portare, unitamente al numero di pagine di ognuno. Fate voi i conti e poi mi dite, io non ho ancora osato.

Che ve ne pare?
Stavo dicendo che Storia Contemporanea è apparentemente più semplice, in realtà gli aspetti complessi sono quelli economici e politici, perché bisogna intendersi un poco di economia e politica economica, Borsa, inflazione, deflazione e affini. E poi in questo periodo nascono le organizzazioni sindacali, le cooperative e i veri e propri partiti politici, specialmente quelli socialisti, che poi si dividono in varie correnti, senza menzionare il fascismo e il nazismo che sono tristemente noti a tutti.

Date le mie turbolenze lavorative e non, se ci fosse stato un appello in primavera l’avrei rimandato volentieri, ma il pensiero di trascinarmelo fino a giugno non mi allettava per nulla. Nutrivo inoltre meno aspettative nei confronti di questo esame. Insomma, ho cercato di prepararmi anche a questo esame al meglio che mi fosse consentito. Ero anche consapevole che, non potendo frequentare, avrei dovuto tenermi i miei dubbi.
Nel fine settimana precedente all’esame ero talmente presa dalla Rivoluzione russa che ho visto persino il famoso film La corazzata Potëmkin di Ėjzenštejn – si prega di astenersi da battute alla Fantozzi. 🙂 Mio marito Ruggero mi ha preso in giro perché dopo la visione ha cominciato a uscirmi sangue dal naso in misura copiosa, così ha detto che erano i miei neuroni che stavano sanguinando per lo sforzo. Sicuramente non è un film leggero, ma l’ho visto volentieri e ho colto le scene memorabili e apprezzato il montaggio.

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Il giorno dell’esame sono andata alla sede preposta con il mio carrello di libri, previa la solita sosta tecnica al mio bar di riferimento; ero molto turbata perché non mi sentivo preparata a sufficienza. Ho scoperto con gioia che l’esame si sarebbe svolto nell’aula dove avevo assistito alle mie poche lezioni di Storia Medievale: si tratta di un’aula spaziosa e luminosa, dove c’erano già dei ragazzi che aspettavano. Come l’altra volta, sono entrati tre assistenti e poi il professore e hanno incominciato a fare l’appello. C’erano tantissimi ragazzi, ma ho scoperto che il primo studente aveva dato forfait, così sarei stata la prima in assoluto.
Comunque mi sembrava di avere un gran minestrone in testa. Oltretutto dei ragazzi vicino a me sparavano date a caso sulla guerra di Crimea, e ripassavano, e aumentavano la mia confusione. Uno di loro aveva scelto per i 9 crediti un libro sulla nascita dello Stato d’Israele, ed era affranto perché lo trovava molto complicato, come io ero affranta per la mia decisione di imparare la Rivoluzione russa.
Ero pentitissima e angosciata per il fatto di essermi presentata e ho provato il desiderio impellente di ritirarmi.
Comunque mi ha chiamato un assistente e, per combinazione, nel cercare un posto adatto, ha scelto quello dov’ero io, con la mia roba. Il ragazzo che era seduto vicino a me, quello del saggio su Israele, mi ha sussurrato, andandosene: “In bocca al lupo“, insomma, è stato davvero carino.
L’assistente, un uomo molto tranquillo e dagli occhi tristi, si è seduto davanti a me e ha cominciato l’esame. Dovete sapere che mi ero preparata benissimo sul Congresso di Vienna e la Restaurazione perché sapevo che il docente insiste molto su questo aspetto, e ha anche scritto dei testi in qualità di esperto. E, come prima domanda, l’assistente mi ha chiesto proprio i principi del Congresso di Vienna! Ho cominciato a parlare, molto contenta della mia fortuna, esponendo tutto quanto. Poi mi ha chiesto l’assetto politico dell’Europa dopo il Congresso, e quello dell’Italia. Mi ha chiesto dell’impero austro-ungarico e delle etnie al suo interno, della “magiarizzazione“. A questo punto c’è stato un altro assistente che ha cominciato a sbraitare: “Smettetela di uscire ed entrare dall’aula!!” riprendendo alcuni ragazzi. Meno male che almeno questo esame si è svolto come Dio comanda, cioè in un’aula piuttosto tranquilla e “calmierata“.
Poi mi ha chiesto le cause della Prima Guerra Mondiale, facendo una battuta del genere: “Non mi dica ‘l’assassinio di Francesco Ferdinando a Serajevo!'” al che ho detto di no, che erano ben più complesse, e gliele ho enumerate. Poi mi ha chiesto del “trialismo“, quindi della Guerra Fredda e della politica estera di Ronald Reagan, specialmente nei confronti dell’URSS, e come mai era così aggressiva. Infine se potevo delineare in poche parole le tre politiche economiche durante la Rivoluzione russa, ovvero il comunismo di guerra, la NEP e il piano quinquennale. Non mi ricordavo bene se il comunismo di guerra era stato applicato durante la guerra (certo che no), o durante la guerra civile (certo che sì, dopo la presa del potere bolscevico), mi ha dato un’imbeccata e mi sono ripresa. Del resto si gioca tutto sul filo dei minuti, anzi dei secondi. Oltretutto questo signore aveva tre anelli a una mano, molto particolari: erano d’acciaio con degli strani simboli. Ruggero ha detto: “Sarà stato un massone”, se fossi stata in un’altra circostanza li avrei osservati meglio, ma ero troppo in ansia per perdermi nei dettagli e li ho notati con la coda dell’occhio.
Comunque alla fine mi ha detto che andava bene, e quando dicono così significa che non è stata una catastrofe. Siamo andati alla cattedra e mi ha messo 28 sul foglio. Anche là non credevo ai miei occhi.
Oggi, giorno 3 febbraio, sto preparando i post per la riapertura e, parafrasando il famoso film, è “Il primo fine settimana di quiete“, i miei neuroni stanno ancora svaporando, ma mi sembra di essere entrata in uno stato di beatitudine assoluta.
Questo è quanto, spero di avervi intrattenuto con il resoconto delle mie vicissitudini, e dal prossimo post spero di rimettermi in carreggiata con le consuete pubblicazioni settimanali, e soprattutto con la visita sui vostri blog.
Ah, dimenticavo! Avete ricevuto anche voi la comunicazione della chiusura di Google+? La cosa non mi turba eccessivamente, dato che non le uso mai, ma sapete come si fa per salvare le cerchie?
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Immagini:
In apertura: Le cinque giornate di Milano” di Baldassarre Verazzi e L’urlo di Edvard Munch (1893-1910) da Wikipedia
Altre immagini: Pixabay