The maid had found a handkerchief of hers, under the bed in which she had died. A ring had been missing turned up in his own writing desk. A tradesman arrived with fabric she had ordered three weeks ago. Each day, some further evidence of a task half-finished, a scheme incomplete. He found a novel, with her place marked.

And this is it.

In questo toccante passaggio tratto dal romanzo A place of greater safety di Hilary Mantel, ambientato al tempo della Rivoluzione francese, l’uomo e la donna sono Danton e la sua prima moglie, Gabrielle, morta di parto nel 1793. Costellano il passaggio alcuni oggetti di uso quotidiano, come il fazzoletto sotto il letto, l’anello rinvenuto nello scrittoio di lui, un tessuto ordinato e consegnato dal commerciante. E, in fondo a questo elenco che traccia il passaggio di Gabrielle in casa, come fossero impronte delicate, ecco il tocco magistrale dell’autrice: un libro con la pagina contrassegnata. Il segnalibro non è esplicitamente menzionato, ma c’è. Gabrielle ha interrotto la lettura. And this is it. La morte è come una lama che cade e ci strappa le persone, lasciando a volte il rimpianto per non averle trattate con riguardo, come in questo caso.

Il segnalibro arriva last but not least in questo passaggio ed ecco proposto l’oggetto familiare a più lettori, senz’altro utile e spesso bello visivamente, al punto da diventare elemento da collezione. Un soldatino che spunta dalle pagine e fa la guardia, avanzando insieme a noi man mano che si procede nella lettura. Vi si rinuncia soltanto quando si possiede una bella memoria, che traballa specialmente con l’abitudine di leggere più libri in contemporanea. Non occorre adoperare segnalibri di particolare pregio, alle volte è sufficiente usare una cartolina, un fiore o una foglia secca come nella fotografia sopra. In alcuni vecchi testi il segnalibro era incorporato alla pagina: era un cordoncino o una fettuccia cuciti nel dorso che si poteva spostare a piacimento. Le agende hanno ancora questo tipo di segnalibro. L’alternativa al segnalibro è l’orripilante operazione di “fare l’orecchio” alla pagina, e persino negli e-reader c’è la possibilità di inserire digitalmente la famosa piegatura ad angolo della pagina cui siamo arrivati.

Già, ma quando nasce il segnalibro? La data indicata da più parti è il 1584, anno in cui lo stampatore Christopher Barker presenta alla regina Elisabetta I d’Inghilterra un libro in cui aveva cucito all’interno un nastro di seta. In realtà il segnalibro risulta in uso molto prima della nascita della stampa. Ad esempio, nel Dictionnaire Historique de la Langue Française di Le Robert, si legge che già nel 1377 semplici nastri venivano utilizzati a tale scopo all’interno dei libri da Messa.




Nel dipinto Madonna del cancelliere Rolin (1433-1434) di Jan van Eyck, conservata al Museo del Louvre, che potete vedere qui sopra, si vede appunto il cancelliere del duca di Borgogna Filippo il Buono, inginocchiato, che ha davanti a sé un libro dalle cui pagine sporge una sorta di bottone, che è evidentemente la punta di un segnalibro. Ho messo anche il particolare del dipinto dove si può vedere meglio.

Nel dipinto San Girolamo nello studio (1521) di Albrecht Dürer l’artista usa un vecchio di novantatré anni come modello. Anche qui compaiono dei segnalibri a cordoncino nello studio del santo, che ha l’aria malinconica. Nel quadro di Giuseppe Arcimboldo, dipinto nel 1566 e intitolato Il Bibliotecario, dai libri disposti in senso orizzontale escono diverse strisce di raso grigio perla. Eccolo qui sotto.

Nel Seicento il segnalibro entra sempre più nell’uso ma continua a essere soltanto un nastro fissato alla rilegatura del volume. Bisogna aspettare il secolo XIX perché divenga autonomo (e quindi utilizzabile per più libri).

In Italia, il segnalibro si diffonde in particolare nell’epoca Liberty, dove bellissime immagini femminili, spesso realizzate da celebri artisti dell’epoca, come ad esempio Alphonse Mucha, figurano su cartoncini corredati o meno di nastro di raso. Col tempo i segnalibri diventano anche un veicolo pubblicitario come nelle famose figurine Liebig o ai segnalibri, celebri negli anni Venti-Trenta, della fabbrica di cioccolato Perugina.

L’idea di confezionare il segnalibro per uno dei miei romanzi è nata però dall’articolo sul blog di Nadia Banaudi su come promuovere il proprio libro, dove viene intervistata Roberta Dieci, autrice del romanzo “I sogni non fanno rumore”. Invogliata dalle sue proposte, lo scorso anno ho voluto confezionare anch’io un segnalibro per il mio romanzo Il Pittore degli Angeli, per cui ho un affetto speciale, servendomi di una copisteria. L’idea era quella di regalarlo in occasione di una delle repliche dello spettacolo Il Diavolo nella Torre, dato che, contrariamente a quello che si pensa, angeli e diavoli sono molto attratti gli uni dagli altri. A mio parere, il segnalibro è un oggetto che di solito “rimane“,  a differenza del volantino che la maggior parte delle persone mette nella carta da macero o nella pila degli inevasi.

La realizzazione dell’oggetto si è rivelata più difficoltosa del previsto. Sono partita da alcuni modelli che mi piacevano, con un dettaglio della copertina italiana su un lato, e un dettaglio di quella inglese sull’altro. Molto più faticoso è stato pensare a che cosa scrivere, dato che lo spazio è assai ridotto. Anziché un estratto della quarta, ho pensato a frasi slogan che potessero sintetizzare dove e quando fosse ambientato il romanzo, quale fosse l’argomento e, al tempo stesso, incuriosire senza fare  troppe anticipazioni. Ci credete che ho sudato sette camicie per ricavare questa specie di distillato? Ecco il risultato:

Venezia, 1560
La bramosia di un artista.
Un amore struggente.
La luce degli angeli.

Una mia amica ha obiettato che la parola ‘angeli’ era già contenuta del titolo, e quindi era una ripetizione, ma è stata una ripetizione voluta perché volevo sottolineare l’importanza degli angeli e anche chiudere il tutto con un’idea di circolarità. Ecco il risultato finale, dopo ben cinque giri di bozze nemmeno se si fosse trattato di Guerra e Pace: un segnalibro in carta plastificata con un dettaglio delle copertine, scritte ben visibili e alcune informazioni essenziali: oltre il nome dell’autore e il titolo, il fatto che sia disponibile su Amazon e la mia mail.

Non penso che la mia iniziativa promozionale abbia avuto grande riscontro in termini di vendite o visibilità, ma mi sono divertita molto nel realizzare questo oggetto che posso sempre riproporre in altre occasioni. E non è escluso che realizzi qualcosa di simile anche per i romanzi del ciclo crociato, magari optando per un segnalibro non plastificato in modo da aumentare la tiratura e spendere meno.

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E voi che cosa usate per tenere il segno in un libro? Avete mai pensato di realizzare un vostro segnalibro oppure di confezionare dei gadget a scopo promozionale?

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Fonte testo: 
A place of greater safety di Hilary Mantel, Penguin Books
Wikipedia per la storia del segnalibro


Fonte immagini: 
Pixabay per immagine iniziale
Wikipedia