Rieccomi con il seguito del primo post, che potete trovare qui. Era la prima volta che il mio Diavolo usciva da quel di Trezzo sull’Adda, ed è stato davvero emozionante assistere allo spettacolo nel cortile cinquecentesco del castello, dotato di un bellissimo porticato e di una scalinata. Si è atteso che calasse il buio, quindi lo spettacolo è iniziato una mezz’ora più tardi. Inutile dirvi che ero in fibrillazione anche perché il pubblico era numerosissimo, e ogni volta è “come la prima volta“.

Gli attori della compagnia di TeatrOK sono stati bravissimi, e in modo particolare il primattore, ovvero Dave Coal, che ha superato se stesso: era come se lo spirito di Bernabò si fosse impadronito di lui, per quanto era naturale e fluido nella parte. Tutto è stato perfetto, e anche due piccoli incidenti in scena sono stati agevolmente gestiti. Le luci si sono accese e sono variate di colore al momento giusto, e la musica era fluida e senza intoppi.

Come vi dicevo, la rappresentazione si è svolta all’aperto, e a un certo punto, verso la fine del dramma, si è levato un vento tempestoso. Ha scompigliato i mantelli e le ciocche, e fatto tremare le fiammelle del candelabro, e oscillare lo stemma con il biscione visconteo le cui borchie brillavano, colpite dalla luce delle fiammelle. Era come un effetto speciale o, meglio, come se messere in persona volesse esprimere la sua soddisfazione per la rappresentazione di cui era protagonista.

Eccovi alcune foto che pubblico qui, insieme con il passaggio tratto dal copione, anche per conservarle su questo blog fintanto che avrà vita. Sulla mia pagina Fb potete invece trovare un video preparato da TeatrOK con le immagini salienti sottolineate dalla bellissima musica.


Bernabò Visconti: Nessuno avrebbe osato far proprio il simbolo del diavolo. Solo noi Visconti potevamo. Noi, che siamo la sua progenie, dove il parente ammazza il parente, come i serpenti che si azzannano tra loro, a morte, nelle loro tane oscure.

Voce fuori campo:
Biscia nimica di ragione umana,
che ‘l verno, quando l’altre stan sotterra,
tu vai mordendo e faccendo guerra,
mancata t’è la tua speranza vana!

Primo legato papale: Spero che avrà rispetto dell’abito che indossiamo. Siamo inviati del Papa.
Secondo legato: Sapete che quell’uomo non ha rispetto per nessuno, e che si diverte soprattutto a tormentare i preti. Diede ordine di legare un ambasciatore di sua Santità a una graticola a forma di botte, e lo fece bruciare lentamente tra atroci tormenti.

Bernabò Visconti: Allora? Sposerai mia figlia Caterina sì o no? T’avviso, tra poco il veleno comincerà a fare effetto, sentirai atroci dolori e comincerai a emettere schiuma dalla bocca. E allora sarà troppo tardi anche per reggere una penna!

Maffiolo: Mio signore, fu la ragazza a provocarmi. Mi passava davanti, mi sorrideva e con una scusa si appartava con me. Mi seguì senza opporre resistenza, e fu lei stessa a concedersi…

Ambrogiola: Bugiardo!

Giovannola: Abbiate pietà! Sono ormai sette mesi che Bernarda è rinchiusa nella rocca di Porta Nuova, e tenuta a pane e acqua. È ridotta a uno scheletro, non sopravvivrà a lungo.

Bernabò Visconti: Non potevo passar sopra a una cosa del genere. Ho fatto la cosa giusta. Le mie donne devono comportarsi come principesse, dalla prima fino all’ultima. Non potevo nemmeno farla giustiziare, era pur sempre una Visconti.

Bernabò Visconti: Tu… tu, figlia mia, sei già qui… da me… No, no!

L’astrologo di corte: Mio signore, è giunto vostro nipote Gian Galeazzo, conte di Virtù e signore di Pavia. Egli sta viaggiando verso il santuario del Sacro Monte di Varese con un seguito per compiervi un pio pellegrinaggio. Ha mandato a riferire, qui alla Ca’ di Can, che sarebbe lieto di salutarvi, dopodiché proseguirà il cammino.

Gian Galeazzo: Io, Gian Galeazzo Visconti, rendo noto con la presente lettera a voi, nobili signori d’Europa, che mi sono visto costretto ad arrestare mio zio Bernabò e tutta la sua stirpe. Da tempo, infatti, egli intesse losche trame, congiurando per la nostra morte continuamente e in molti modi

Bernabò Visconti: E la mia stirpe sta per essere sradicata dalla terra, come nell’anatema che mi lanciò quel frate, cui feci inghiottire la bolla di scomunica: “Per tutto questo Dio alla fine ti distruggerà, e strapperà te e le tue radici dalla terra dei viventi.”

Gli attori escono per ricevere i meritati applausi! 
Alla prossima: a Trezzo sull’Adda l’8 e il 9 settembre!