Anche la fine dell’anno si avvicina rapidamente e induce ad alcune inevitabili  riflessioni sul “tempo che passa”, come ci mostra Salvador Dalì nel suo quadro La persistenza della memoria del 1931 e i suoi orologi che si sciolgono. Com’è stato il vostro 2019? Per me è stato molto positivo, nonostante l’inizio faticoso ed esaurente, sia in termini lavorativi che di impegni universitari. Per fortuna non ho avuto problemi familiari!

Come studiosa e appassionata di Storia, comunque, il tempo è un fattore cruciale: rispetto ad altre discipline, lo sguardo dello storico è rivolto al passato, ma è uno studio che ha delle importanti ripercussioni sul futuro e non tutti se ne rendono conto. Per citare Marc Bloch, la Storia non è solo scienza degli uomini: è “scienza degli uomini nel tempo“. Pur non esistendo alcuna scienza che possa astrarsi completamente dal tempo, sia pure come misura, la Storia è invece basata sul tempo, con i suoi fenomeni che vi “nuotano” dentro. Il tempo reale è così analizzato come un continuo cambiamento, in cui i fatti sono incanalati cronologicamente e si influenzano tra loro. Soltanto comprendendo gli eventi e il perché siano accaduti possiamo arrivare a capire la ciclicità di certi fenomeni, e proprio la parola “ciclicità” è il secondo termine che mi aiuta a introdurre l’oggetto del post.

Nei miei studi di Antropologia culturale mi sono imbattuta in riflessioni sul tempo, specialmente nel bel saggio di Michael Herzfeld su Cosmologia e sociologia. Tra i vari aspetti come la teodicea o i rituali, l’autore illustra anche la concezione che del tempo avevano le antiche civiltà. Com’è ovvio il loro sguardo abbracciava vere e proprie ere, e non si limitava al proprio campicello o a un privato domani; come tale, si trattava di una concezione del cosmo drammatica, spesso catastrofica e terrificante.

Cominciamo però la nostra carrellata con il concetto di cosmologia.

La cosmologia religiosa e scientifica

La cosmologia si riferisce al posto che occupiamo nell’universo e ha a che fare con la definizione dei confini fra natura e cultura. Il termine cultura però abbraccia sia la religione che la scienza. Entrambe hanno in comune il concetto di ordine, e nello specifico dell’”ordine del mondo“: tramite la cosmologia le persone considerano l’universo come un’entità organizzata con:
1) un’origine, 2) un mantenimento, 3) una fine.
L’ordine del mondo ingloba la comprensione del tempo, del caso e della probabilità.


Il tempo secondo i Greci

Come ci spiega Esiodo, i Greci ritenevano che prima del loro presente fossero trascorse quattro età.

  1. La prima era l’età dell’oro ed era descritta come un periodo in cui l’umanità era perfetta. 
  2. La seconda era designata come età dell’argento.
  3. La terza era quella del rame
  4. La quarta era l‘età degli eroi e non era associata ad alcun metallo.
  5. L’ultima, che corrispondeva al loro presente, era designata come l’età del ferro

L’intera sequenza era caratterizzata come un processo di decadenza da uno stato iniziale di perfezione. In modo analogo l’ultima, l’epoca appartenente all’umanità vivente, era concepita come un periodo in cui l’umanità era condannata a soffrire. La rappresenta molto bene il dipinto di cui sopra, eseguito da Thomas Couture, dal titolo I Romani della decadenza del 1847, ora al Musée d’Orsay di Parigi. In esso i personaggi sono accasciati dopo una nottata di bagordi o manifestano un’ultima stanca vitalità nei gesti scomposti. Un paio di osservatori, sulla destra, osservano con riprovazione questa scena di vera decadenza, posta in un ambiente in stile ellenistico.

Il tempo e la temporalità nell’India antica

Anche nell’India antica il ciclo intero, Mahayuga, comprende quattro età ognuna preceduta da una fase nascente e da una di declino. Le età successive erano sempre più brevi; per gli esseri umani ognuna comportava una riduzione della durata della vita. Questo processo di decadenza si concludeva con l’età Kali-yuga, il cui nome sottintende la parola “ombre”. L’intero ciclo si concludeva con una totale dissoluzione, poi iniziava un nuovo ciclo.



Gli aztechi e i maya

Presso le culture precolombiane il passato era schematizzato come sequenza di età (o “soli”), ognuna associata a un livello dell’evoluzione umana. Invece di stabilire un processo discendente, come faceva Esiodo, la piena umanità era raggiunta nell’ultima età (la quarta o la quinta a seconda dei casi), e quindi senza la sofferenza insita negli schemi europei.

Il punto di rottura fra le età, però, era un evento pauroso. Presso aztechi e maya questi eventi erano cataclismi provocati dall’intervento di tutti gli elementi naturali: un’età era sopraffatta dall’acqua, la successiva dal fuoco, un’altra dall’aria e un’altra dal terremoto. Per prevenire questi cataclismi gli aztechi ricorrevano ai sacrifici umani.

Qui sopra a destra potete vedere La Piedra del Sol, un monolite azteco conservato al Museo nazionale di antropologia di Città del Messico, che gli studiosi ritengono essere un calendario. La Piedra del Sol è costituita da una serie di cerchi concentrici che rappresentano vari elementi della cosmologia e della teologia azteca. Subito sotto è raffigurata una scena con sacrifici umani.

Gli inca



Per gli inca dell’area andina si può riscontrare una visione molto simile a quella delle culture mesoamericane, anche se filtrata dalle testimonianze arrivateci dal pensiero occidentale. L’umanità vivente risiedeva nell’ultimo dei cinque “soli”. Si diceva che ognuno di questi soli avesse una durata di mille anni, divisi in parti uguali. Ogni divisione era un punto di rottura: pachachuti, cioè cataclisma. Nove simili punti di rottura avevano preceduto il tempo dei cronisti.

Per sottrarsi ad essi gli inca non ricorrevano ai sacrifici umani, ma istituendo una monarchia divina per cui il cataclisma era associato a un re divino (Inca) capace di ripristinare l’ordine. Il re era un mediatore tra due opposti. Potete vederne uno in questa statua di Pachacutec Inca a Plaza de Armas nella città di Cusco in Perù.

Cristo fu assimilato alla figura del re divino inca quindi
l’attrazione esercitata dal cristianesimo sulle popolazioni indigene è stata dovuta alla sua associazione con l’idea di ordine. Molta enfasi è stata posta anche sul ritorno dell’Inca. Si tratta comunque di meccanismi atti alla soppressione del tempo.



Corruzione e temporalità

Beh, voi direte, si tratta di civiltà antichissime… e noi? La mortalità è il fulcro attorno al quale ruota tutta la cosmologia. Anche la storia di Adamo ed Eva è quella di corruzione e temporalità, qui mostrati in un dipinto di Tiziano Vecellio del 1550.

Tuttavia si tratta anche di una questione di antenati e potere. Ogni volta che esiste un controllo sull’accesso alla morte/ai morti, c’è quindi un potere simbolico. I mausolei edificati alla memoria dei leader del passato hanno assunto un ruolo centrale nel consolidamento simbolico del potere del XX secolo, come a dire che otteniamo la quadratura del cerchio (e dalla ciclicità siamo partiti…). Come immagine di un mausoleo del nostro tempo, vi propongo il Mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa a Mosca.


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Bene, spero di non avervi atterrito con questi tempi ciclici! Per farmi perdonare vi chiedo che cosa sperate vi porti il prossimo anno e vi auguro comunque un ottimo 2020 ricco di serenità e salute.

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Fonte testo: 

  • Antropologia culturale – I temi fondamentali – a cura di Stefano Allovio, Luca Ciabarri, Gaetano Mangiameli (Cosmologia e sociologia di Michael Herzfeld)

Fonti immagini: Wikipedia, tranne: