Pace non trovo, et non ò da far guerra
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra;
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Canzoniere, Sonetto n. 134
(Rerum vulgarium fragmenta)
Opera: Ritratto di giovane donna di Domenico Ghirlandaio (1490)
Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 19 luglio 1374) è stato uno scrittore, poeta, filosofo e filologo italiano, considerato il precursore dell’umanesimo e uno dei fondamenti della letteratura italiana, soprattutto grazie alla sua opera più celebre, il Canzoniere, patrocinato quale modello di eccellenza stilistica da Pietro Bembo nei primi del Cinquecento.
Fautore dunque di una ripresa degli studia humanitatis in senso antropocentrico (e non più in chiave assolutamente teocentrica), Petrarca (che ottenne la laurea poetica a Roma nel 1341) spese l’intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica e patristica attraverso l’imitazione dei classici, offrendo un’immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi. La storia medesima del Canzoniere, infatti, è più un percorso di riscatto dall’amore travolgente per Laura che una storia d’amore, e in quest’ottica si deve valutare anche l’opera latina del Secretum.
Petrarca ha una finezza poetica ineguagliata pur dopo secoli. Anche a livello fonetico riesce sempre a scegliere le sonorità più dolci.
Sono poesie che esprimono grandi sfumature e altrettanta ricchezza interiore: un vero e proprio paesaggio dell'anima. Di "medievale", detto nel senso più deteriore del termine, non c'è proprio nulla.
Rende molto bene la situazione dell'innamoramento, ed è godibile anche adesso, nonostante il linguaggio così diverso dal nostro quotidiano. Notevole, a pensarci.
Questa poesia mi ha sempre fatto venire in mente il Carme 85 di Catullo, che riporto pedissequamente in latino e nella traduzione italiana:
—–
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Odio ed amo. Come lo faccia, forse chiedi.
Non so, ma sento che accade e mi tormento.
—-
Odio e amo a un tempo… incredibile per modernità! E si parla di un'ottantina di anni avanti Cristo.