L’amore è il grande mistero cantato da scrittori e poeti, e la forza attrattiva che tiene insieme l’universo. Come immagine inaugurale vi propongo Il bacio di Gustav Klimt del 1907-8, un’opera celeberrima. Di essa mi colpisce tutto: la profusione dell’oro che sembra quasi cancellare le due figure, la monumentalità della coppia allacciata, i fiori che connotano la figura femminile e il prato, i tasselli rettangolari sul mantello dell’uomo. Mi colpisce anche il fatto che, di lui, teneramente proteso nel bacio, non si veda il viso, la bellezza nell’espressione di lei, rapita nel contatto delle labbra, la dolcezza nella posa maschile, protettiva e avvolgente, che mi fa venire in mente, con tristezza, la violenza e i femminicidi, il serto di alloro sul capo di lui, la coroncina di fiori sulla testa di lei (sono due dei!)…

Parlare dell’amore è come affrontare un oceano armati di un cucchiaino Nell’acqua del cucchiaino di questo articolo troveranno dunque posto alcune grandi storie che più hanno colpito la mia immaginazione, nei miei anni giovanili e in tempi più recenti. Suddividerò la carrellata in due post cercando di radunare dei “generi”. Qui sarà la volta delle coppie reali nella vita e nel campo della creazione, sia letteraria che artistica. Mi rimbocco le maniche e comincio a parlarvi di una coppia che proviene dal lontano Medioevo…

Passione e costrizione: Eloisa e Abelardo

Dal mio testo Medioevo inquieto di Armanda Guiducci emerge un ritratto a tutto tondo di questa coppia, nel capitolo dall’eloquente titolo di “Passione e costrizione”. Le vicende che li vedono protagonisti hanno come scenario principalmente la città di Parigi, e il tempo del XII secolo. Un mondo dove tutto è in tumultuosa trasformazione e decollo, dal punto di vista demografico e, soprattutto, sociale e urbano.

Dal mondo delle università e delle scuole-cattedrali esce una compagine di agguerriti intellettuali. Tra loro Pietro Abelardo è uno degli esponenti di maggior spicco, venerato da folle di studenti, ma contestato dai suoi detrattori, i monaci in primis. Eloisa è una fanciulla di celebre erudizione, appassionata nello studio delle arti liberali (aritmetica, geometria, musica e astronomia), e non digiuna della conoscenza degli scrittori sensuali pagani. Eloisa padroneggia, inoltre, il greco e l’ebraico. Ed è bellissima, oltre che colta.

Vive nella zona dell’Ile-de-France con lo zio Fulberto. Quest’ultimo, per incrementare la sua cultura, decide di darle come precettore proprio Pietro Abelardo. L’illustre docente viene subito attratto da Eloisa: la differenza di età è notevole, ed egli, sicuro del suo fascino, si propone di iniziare con lei “un’interessante relazione”. Per raggiungere il suo scopo seduttivo, riesce, senza badare a spese, ad andare in pensione in casa di Fulberto. Tra Eloisa e Abelardo, complice la vicinanza e l’affinità, la passione cresce a dismisura. Proprio in questo frangente, lui scrive delle poesie d’amore – purtroppo perdute – che conoscono una grande diffusione pubblica, dopo lo scandalo, per la dolcezza delle parole e la bellezza del ritmo musicale.

Qualche tempo dopo, Eloisa si accorge di aspettare un bambino. Lui la rapisce e la conduce in Bretagna, dove partorisce un maschietto cui viene posto il fantastico nome di Astrolabio. (Il mio docente del corso universitario di Storia della Chiesa aveva commentato che avrebbero dovuto essere incriminati soltanto per questo motivo!) A quanto pare, il gusto per i nomi stravaganti non è tipico della nostra epoca. Abelardo si reca dallo zio e s’impegna a sposare Eloisa, purché il matrimonio rimanga segreto.

E qui emerge uno dei punti più dolenti della drammatica vicenda: Eloisa rifiuta il matrimonio! Perché? Siamo abituati a pensare al “matrimonio riparatore” tanto in uso anche da noi non molto tempo fa. Invece, all’epoca di cui stiamo parlando, la propaganda cattolica dipinge il matrimonio come ripugnante e disonorevole, e la Chiesa non è ancora giunta a dichiararlo un sacramento, e a sancire l’unione come monogamica e indissolubile. La donna viene raffigurata come la sentina di tutti i vizi. Dopo una strenua resistenza, alla fine la fanciulla capitola e i due si sposano. Per sottrarla alle angherie dello zio, Abelardo la fa vestire da monaca e la fa condurre in un monastero ad Argenteuil, poi torna a Parigi e prende a vivere da solo, e Fulberto sospetta che abbia abbandonato Eloisa.

Una tragica notte alcuni uomini prezzolati fanno irruzione nella casa di Abelardo e lo evirano. Questo orribile fatto scuote l’intera Parigi. Disperato e depresso, Abelardo vede annientata la sua fama, considerato com’è un “eunuco”, anche se la sua reputazione, come proveranno gli anni seguenti, non sia stata per nulla compromessa (verrà ricercato dai suoi allievi, sfidato di nuovo dai suoi nemici). Lo narra lui stesso nella sua opera Storia dei miei Guai. Decide così che il suo destino sarà di vivere ritirato dal mondo, più per vergogna che per autentica vocazione, e lo stesso impone a Eloisa: sarà monaca.

I due infelici amanti non si rivedranno che molti anni dopo, circostanza in cui Eloisa tenterà una corrispondenza dove toccherà l’argomento della piena sofferenza tormentato dai ricordi di una felicità anche fisica. Per la prima volta, forse, la donna mette nero su bianco l’espressione di una passione mai sopita, e pone l’accento sulla sensualità e sul desiderio.Verrà subito scoraggiata da Abelardo che la invita a una vita di studio e di preghiera. Eloisa obbedisce e non accennerà più nelle lettere al loro passato di amanti e sposi. La morte li coglie a distanza di ventidue anni l’una dall’altro, periodo in cui Eloisa trascinerà la sua esistenza di badessa del Paracleto.

Ci sono molte zone oscure nella storia di Abelardo ed Eloisa, che non sapremo mai. Molto ci sarebbe ancora da dire su questa coppia celeberrima, che vi invito ad approfondire, e che ora riposa nel cimitero del Père-Lachaise finalmente riunita. Ebbi modo di visitare questo cimitero in una delle mie visite a Parigi, che da solo meriterebbe un post.

Uniti nell’arte e nella politica: Frida Kahlo e Diego Rivera 

Facciamo ora un salto temporale davvero vertiginoso e approdiamo nel XX secolo. Non soltanto Frida Kahlo è una delle più grandi pittrici del Novecento, ma è anche una figura iconica come femminista e come militante politica. Nata nel 1907 a Coyoacan, in Messico, viene colpita da bambina dalla poliomielite e ha poi un terribile incidente che la rende quasi invalida e la condanna a un destino di operazioni chirurgiche e atroci sofferenze. Nonostante questa sorte, Frida si rivela una donna di vitalità straordinaria, che esprime nelle sue tele un’energia prorompente, la forza della natura, la bellezza della sua terra e delle sue divinità ancestrali.

Anche il grande amore della sua vita, il pittore messicano Diego Rivera, maestro dei murales e attivista politico, non è da meno. Anzi, quando i due si conoscono lei ha ventidue anni, lui è un quarantaduenne affermato. Sono diversi in tutto, a partire dall’aspetto fisico: Frida è piccola e minuta, lui è alto e grosso, quasi elefantiaco, con gli occhi sporgenti, come potete vedere in questa foto del 1932. Si tratta di amore a prima vista, e l’instaurarsi di un legame che va oltre l’attrazione fisica. Lo si legge negli splendidi scritti dove Frida traccia un ritratto del suo amato il che prova come, oltre a essere una straordinaria artista, è anche una scrittrice di vaglia. Nonostante questa forza, il legame non è facile. Diego la tradisce con tutte le donne che gli capitano a tiro, compresa la sorella di Frida, Cristina. Anche Frida gli rende pan per focaccia, e lo tradisce con uomini e donne, in un groviglio inestricabile tra crudeltà, menzogne, amore. Si sposano, divorziano e si risposano. Frida, distrutta nel corpo, muore nel 1954.

Diego inserisce la figura di Frida in molti dei suoi murales, come Il corso della Rivoluzione (1928), Il Messico di oggi e di domani (1932), Incubo di guerra, sogno di pace (1952), dove lei compare spesso con i suoi abiti coloratissimi, i pesanti orecchini e l’acconciatura tipica, o come figura simbolica. Frida stessa scrive di lui: “Premetto che per questo ritratto di Diego userò colori che non conosco – le parole – e per questo sarà povero; oltretutto amo Diego in maniera tale da non poter  essere spettatrice della sua vita, ma parte di essa, perciò – forse – esagererò i tratti positivi della sua personalità unica cercando di eliminare quanto, anche remotamente, possa ferirlo. (…) Non parlerò di Diego come di “mio marito” perché sarebbe ridicolo. Diego non è mai stato né sarà mai “marito” di nessuno. Nemmeno come di un amante, perché il nostro rapporto va ben oltre i limiti del sesso, e se parlassi di lui come un figlio non farei altro che descrivere o ritrarre le mie stesse emozioni, e farei il mio autoritratto, non il ritratto di Diego.”

Tuttavia uno dei più bei quadri di Frida è L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il signor Xólot del 1949 dove la pittrice esprime il sentimento materno della donna nei confronti del suo compagno, reggendolo nel suo grembo.

Una relazione tumultuosa: Paul Verlaine e Arthur Rimbaud

Anche nel caso di questi due “poeti maledetti” il protagonismo poetico si mescola con la vita personale, nella sfida alle istituzioni borghesi dell’Ottocento e alla riprovazione dei benpensanti, fautori della famiglia tradizionale che imperversano, ahimè, ancora tra noi. Ci troviamo di nuovo a Parigi – sarà un caso, voi domanderete? – ma stavolta siamo nella seconda metà dell’Ottocento.

La vita di Paul Verlaine, autore dei Poèmes saturniens, pubblicati nel 1866 e di Fêtes galantes del 1869, è destinata a cambiare per sempre. Anzi, a essere capovolta e scossa da cima a fondo come in un terremoto di magnitudo nove. Eppure, soltanto l’anno prima Verlaine ha sposato Mathilde Mauté, per la quale ha pubblicato La Bonne Chanson e da cui ha appena avuto il figlio Georges. Il poeta frequenta i salon politici dell’epoca, pubblica le sue poesie nelle riviste letterarie e filosofiche, bersagliate dalla censura, viene considerato un maestro e un punto di riferimento. Insomma, si può definire un uomo “sistemato” in tutti i sensi, in una città ricca di stimoli. Tuttavia il fuoco cova sotto la cenere, in quanto Verlaine è un violento, che picchia la giovane moglie e indulge ai piaceri dell’alcol.

E butterà all’aria ogni cosa quando nel 1871 uno splendido adolescente “con la faccia arrossata dal sole e dal vento” varcherà la soglia del suo salotto. Arthur Rimbaud non ha ancora compiuto diciassette anni, viene da Charleroi, una cittadina di frontiera semirurale, e ha già scritto “Le Bateau ivre“. Verlaine ne è folgorato: già lo considera un grandissimo poeta, ora gli fa da cicerone e gli presenta altri intellettuali della capitale. Fanno bisboccia insieme nei locali, bevono assenzio, vanno a teatro come fossero una coppia. Potete vedere entrambi nel dettaglio di questo quadro di Fantin-Latour del 1872 che mostra proprio i due poeti seduti l’uno accanto all’altro: Verlaine sembra abbia lo sguardo perso nel vuoto, mentre Rimbaud si appoggia col gomito sul tavolo in un gesto di sfida, i capelli spettinati e le labbra premute in atteggiamento determinato.

Verlaine ne è completamente preso anche dal punto di vista fisico, e quasi subito inizia con lui una relazione che si tradurrà in una sorta di sudditanza ai voleri e ai capricci del compagno. Rimbaud sarà pure un genio, ma è, di volta in volta, un amante dolcissimo o un autentico teppista. Lo provoca, lo respinge, lo seduce, lo fa ammattire, gli impone prove crudeli, lo insulta, lo cerca, in una continua oscillazione tra crudeltà e tenerezza. Verlaine abbandona la moglie e il figlio, e segue Rimbaud in una vita di vagabondaggio tra Inghilterra e Belgio. Durante questi viaggi Verlaine scrive Romances sans paroles, tra alti e bassi, scenate e ricongiungimenti.

Nel 1873, mentre si trovano a Londra, Verlaine lascia tutto d’un tratto Rimbaud, affermando di voler tornare dalla moglie, deciso, se non lo riaccettasse, a spararsi. Trasloca quindi in un albergo a Bruxelles. Rimbaud lo raggiunge, persuaso che Verlaine non avrebbe avuto il coraggio di mettere fine ai suoi giorni. Verlaine ha peraltro le idee confuse sul da farsi. Nel momento in cui Rimbaud lo vuole lasciare, scoppia l’ennesima lite e Verlaine, ubriaco, gli spara due colpi di pistola, ferendolo leggermente a un polso. Verlaine viene così arrestato e incarcerato a Mons, Rimbaud invece raggiunge la fattoria di famiglia a Roche, nelle Ardenne, dove scrive Une saison en enfer. La moglie di Verlaine inizia le pratiche per il divorzio.

Finisce così una delle più grandi storie d’amore della letteratura, e i due amanti si separeranno imboccando strade molto differenti, addirittura Rimbaud andando in Africa a intraprendere il commercio degli schiavi. Verlaine termina i suoi giorni nelle bettole parigine, consumato dall’assenzio. Non riuscirà mai a superare la sua passione per il giovane, e proverà a più riprese a ricucire la relazione con “il suo radioso peccato“, ora divenuto “l’homme aux semelles de vent”, “l’uomo dalle suole di vento”.

Il film Poeti dell’inferno del 1995 ritrae la loro tormentata relazione, e ha come protagonisti un
giovanissimo, irresistibile, crudele Leonardo DiCaprio nel ruolo di Rimbaud e David Thewlis nei panni di Verlaine, entrambi in una splendida interpretazione.

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Vi è piaciuto questo primo post? Vi vengono in mente altre coppie celebri che abbiano colpito la vostra immaginazione?

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Fonti:


Medioevo inquieto di Armanda Guiducci
Frida Kahlo – Una vita d’arte e di passione di Raquel Ibol
Jean-Arthur Rimbaud di Enid Starkie
Verlaine di Pierre Petitfils


Immagini:
Wikipedia