Instagram e il mondo delle immagini
In tempi recenti mi sono iscritta a Instagram, il social nato per postare e condividere immagini. Come si comprende anche dal mio blog, amo l’iconografia, sia sotto forma di arte sia come parte gratificante del mio lavoro. Sono anche iscritta a Pinterest, altra piattaforma utilissima per creare bacheche di immagini, e dove ho salvato molte illustrazioni del Settecento. Così ogni tanto faccio una “full immersion”, beandomi tra camicie con pizzi e jabot, parrucche incipriate, nei e ventagli…
Tornando a Instagram, sto ancora prendendo le misure del social, anche se al momento l’impressione è molto gradevole. Mi sembra che sia un terreno meno fertile per l’esplosione di polemiche rispetto a Facebook (ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare…), meno agevole per loschi tentativi di aggancio (“Sono Tizio, vorrei conoscerti meglio”, ovviamente in senso biblico), per esibizioni continue di vanagloria (“Quanto sono bravo, è incredibile il mio livello di genialità…”) ed è meno contorto nell’uso. Però, forse perché sono abituata alla tortuosità di Fb, lo sto ancora studiando, appunto. Ecco una delle primissime foto da me caricate, che raffigura alcune statue che occhieggiano dall’abside del Duomo di Milano.
Una delle limitazioni per me maggiormente penalizzante è che da computer non riesco a creare gallerie di fotografie, ma soltanto a caricare una fotografia alla volta con la sua didascalia. Sono riuscita anche a usare “Filtra”, ma con poche possibilità di intervento, e non posso usare “Modifica” che mi porta a spostare l’immagine, dare più contrasto ecc.
Nella mia attività di fotografa dilettante ho spesso fatto diapositive che, a livello fotografico, sono in assoluto il tipo di immagine più bella e tridimensionale che esista. In seguito ho sempre scattato fotografie con la mia mitica Canon Reflex, sia analogica che digitale, dopo la morte della pellicola, e soltanto di recente col cellulare. A computer ho salvato migliaia di immagini dei luoghi più disparati, dalla Calabria al Veneto, dalla Normandia alle Fiandre, dagli Stati Uniti al Marocco, da Milano a Piacenza. Nel mio piccolo, ho viaggiato molto anche se mi manca l’Estremo Oriente.
Proprio esaminando queste cartelle debordanti di foto, ho rivisto immagini di luoghi di cui mi ero completamente dimenticata: abbazie immerse nel verde, affreschi mirabili, cieli soleggiati o, al contrario, imbronciati di nuvole, statue corrose dal tempo, fiumi che si snodano come serpenti, musei con sculture e quadri fantastici… Spesso si tratta di posti, musei e angolini vicinissimi a casa mia.
Dunque, in concomitanza con l’incertezza generale su come si svilupperà la situazione, che si spera proceda per il meglio, ho pensato che avrei potuto agganciarmi alla rubrica Luoghi dell’Anima e proporvi qualche meta raggiungibile in un giorno in Lombardia. Sono tutti luoghi “Wow”, ve lo posso assicurare! Potrebbe essere comunque uno spunto da annotarsi per una futura visita, anche se non abitate nella mia regione, che ne dite?
1. Oratorio di Santo Stefano, Lentate sul Seveso
La nostra prima meta è un paese microscopico che occorre cercare con il lanternino. Ma vi posso assicurare che custodisce uno dei luoghi più belli della Lombardia che io abbia visto. Lentate sul Seveso si trova a una trentina di chilometri da Milano, e conserva questo gioiello del 1369: un oratorio o cappella gentilizia dove gli apparati decorativi interni sono stati oggetto di un restauro conservativo nel 2007.
C’entrano, come spesso accade nel milanese, i Visconti! L’oratorio fu voluto infatti da un diplomatico della corte viscontea, Stefano Porro, un nobile fatto tale dall’imperatore Carlo IV e che godeva della fiducia di Galeazzo e Bernabò Visconti, e scusate se è poco. Vi ricordo che l’amante ufficiale di Bernabò Visconti era una tal Donnina Porro… ehm, insomma, erano bene ammanicati.
In realtà il conte Stefano Porro doveva anche far dimenticare che uno dei membri del suo casato si era macchiato ai tempi dell’assassinio di Pietro, un predicatore domenicano inviato dal papa per arginare l’eresia. Quindi, come spesso accade per i fattacci di sangue, più grande il peccato più imponente è l’edificio da far erigere, e anche splendida dev’essere la decorazione pittorica. Tengo molto a ricordare che, lungi dall’essere un periodo cupo dove tutti avevano i musi lunghi e vestivano di nero, forse agevolati nella convinzione da certe serie tv, il Medioevo è un’epoca coloratissima e molto vivace a livello visivo.
L’oratorio esternamente poggia su un manufatto preesistente in pietra e coincide con una ripresa delle costruzioni in mattoni dopo la Peste Nera di metà del Trecento (ogni riferimento è puramente casuale). Sulla facciata in alto a sinistra, lo stemma dei Porro con il cane simbolo di fedeltà e con l’ortaggio, sì, proprio il porro. Ritroveremo il medesimo stemma all’interno sulla tomba di famiglia.
Interno oratorio di Santo Stefano, Lentate sul Seveso, Wikipedia |
Non appena si pone piede all’interno, c’è da rimanere a bocca aperta. Sul fondo e sopra l’altare campeggia una potente crocefissione di un certo Anovelo da Imbonate, che riprende la lezione di Giotto, dallo sfondo scuro e con angioletti dolenti nel cielo. Ai piedi della croce, una miriade di cavalieri e cavalli uno più bello dell’altro, oltre al gruppo che sempre compare ai piedi della croce tra cui la Maddalena e Giovanni. Chapeau.
Su una parete laterale, la famiglia Porro viene raffigurata in ginocchio davanti al santo. Potete vederli proprio qua sopra. Il capofamiglia, con una bella barba a onor del mento, tiene in mano il modellino della chiesa che sta offrendo a Stefano. Dietro di lui, a mani giunte e in una fila bene ordinata e divisi a gruppetti, la moglie, tre figli maschi e tre figlie femmine.
In prossimità c’è san Giorgio che abbatte il drago: affascinante il cavaliere, da far innamorare, e peraltro molto à la page anche il drago, secondo lo stile del Gotico internazionale che raffigurava i personaggi ricchi e ed eleganti secondo la moda e lo stile cortese, cioè di corte.
Le vele della volta del presbiterio ospitano due coppie di Evangelisti, i Santi Ambrogio e Agostino, dottori della Chiesa, e l’Incoronazione della Vergine, in un tripudio di colori e particolari cui queste foto scattate col cellulare non rendono assolutamente giustizia.
L’abside e il presbiterio però sono soltanto l’antipasto!
L’affresco tutt’intorno al visitatore è un ciclo di storie dedicato a Santo Stefano cui è dedicata la cappella, voluta per l’appunto dall’omonimo conte Stefano. Questi affreschi sono stati eseguita da seguaci del nostro Anovelo da Imbonate e organizzate a strisce a episodi che ricordano le strip dei fumetti. Grazie a questo dispiegamento di forze, si può leggere visivamente tutta la vita del santo e che è avvincente come un romanzo d’avventure, letteralmente avvolti come siamo da questi colori, situazioni, personaggi, scene di viaggio, demonietti, e colpi di scena a ripetizione.
Le fonti sono principalmente gli Atti degli Apostoli e la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, o Jacopo da Varagine se preferite. Vediamo questo racconto degno di un fantasy. Si narra infatti che, al momento della nascita, il neonato venga sostituito nella culla con un diavoletto munito di corna. Stefano viene dunque rapito dai diavoli, che lo trasportano con sé e a un certo punto, probabilmente grazie all’intervento divino, lo lasciano cadere al suolo.
Il bambino atterra in un monastero dove viene allevato dai buoni monaci. Una volta cresciuto, Stefano si ricongiunge alla famiglia e smaschera il diavoletto, che è rimasto sempre piccolo e in fasce senza peraltro suscitare sospetti nei genitori di Stefano, forse un po’ distratti.
Dopo il felice evento, il giovane intraprende il fatidico viaggio a Gerusalemme, dove predica nella sinagoga e suscita lo scandalo nel consesso perché accusato di bestemmiare. Viene lapidato alla presenza di Saul, il futuro Paolo di Tarso, non ancora convertito, diventando così il primo martire cristiano. Per questo motivo viene spesso rappresentato nell’iconografia con delle pietre in bilico sulla testa. Al momento del suo martirio, il contenuto dei bicchieri dei genitori si trasforma in sangue, e in questo modo vengono a conoscenza che il loro figliolo lontano è morto.
Non è finita qui perché subentra il giallo del ritrovamento e della traslazione del corpo di Stefano. Un sacerdote di nome Luciano (potete vederlo qui sopra come il personaggio inginocchiato davanti al vescovo) riceve in sogno l’indicazione di dove si trovi la sepoltura.
Il corpo viene disseppellito e c’è una prima traslazione a Costantinopoli. Ecco qui il biondo Stefano sulla nave che, a vele spiegate, lo trasporta a Costantinopoli e sembra che dorma beatamente, sereno come si conviene a un santo. Come in ogni leggenda che si rispetti, non può mancare la principessa, che è addirittura posseduta da un demonio e necessita dell’intervento miracoloso di Stefano. Il secondo e ultimo viaggio porta alla seconda traslazione a Roma, con l’ulteriore mistero della presenza di ben due corpi di santi che condividono lo stesso sepolcro, come in un letto a due piazze, cioè Stefano e Alessandro, e stanno un po’ stretti.
***
Vi è piaciuto questa prima gita? Quali sono i luoghi che avete visitato, magari poco conosciuti, e che hanno suscitato in voi delle emozioni incancellabili?
***
Fonte testo:
La buona strada di Philippe Daverio – Rizzoli
Lombardia Beni Culturali: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-03746/
Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Oratorio_di_Santo_Stefano_(Lentate_sul_Seveso)
Fonte immagini:
Wikipedia per l’oratorio di santo Stefano, miei gli altri scatti da cellulare
Veramente di epoca medievale, con le dovute proporzioni mi ha fatto venire in mente la basilica inferiore di Assisi.
Un luogo abbastanza vicino a casa mia al quale sono particolarmente affezionato è il borgo di Tolfa, di cui ho anche parlato in un mio vecchio post, però in quel caso c'è l'affetto che deriva dall'averci trascorso le vacanze estive da bambino.
Parlando di un colpo di fulmine relativamente recente, posso citare Bressanone e il suo meraviglioso museo. Però ovviamente non è un luogo "poco conosciuto" 😉
Secondo me la cosa bella è quando arrivi in un luogo quasi per caso, o senza aspettarti niente di speciale… e poi rimani a bocca aperta! L'Italia poi è ricchissima di queste sorprese, speriamo di poter riprendere la ricerca senza interruzioni. A Bressanone non sono mai stata, anche se ho moltissimi parenti trentini. 🙂
Oddio, ho letto di Lentate sul Seveso nel romanzo "La Casa di Ringhiera" di Recami, il primo romanzo con protagonista Amedeo Consonni.
Della leggenda di Jacopo mi avevi già fatto un riferimento quando sul mio blog avevo parlato del mito del changeling. Fa parte del mito che i genitori non si accorgano dello scambio: il folletto o diavoletto appare ai genitori dello scambiato in tutto e per tutto uguale al loro vero figlio. Solo dopo molto tempo si accorgono che qualcosa non torna, perché il bambino si comporta in maniera "strana". Secondo gli antropologi culturali questo mito serviva a spiegare ai tempi del Medioevo disturbi cognitivi quali l'autismo.
Mi sembra di intuire che il romanzo di Recami non ti sia piaciuto… 😉 Sì, mi hai fatto ricordare del tuo post a proposito del mito del changeling, interessantissima tutta la faccenda!
No, mi è piaciuto. Me ne mancano due e ho letto tutta la serie della casa di ringhiera (uno l'ho letto in ebook giusto qualche settimana fa).
Il mito del changeling è interessante perché si ritrova in quasi tutta Europa. Pensa che il folklore diceva che c'erano anche dei metodi per costringere il changeling a rivelare la sua vera natura, e quindi a restituire il piccolo scambiato.
Interessante il fatto che certi miti si ritrovino in tutta Europa, spesso addirittura in tutto il mondo, e senza contatti tra culture!
Bellissima gita, Cristina! L'oratorio deve essere una vera meraviglia dal vivo. Su San Giorgio in effetti si potrebbe fare un pensierino… 😉
Le mie foto fanno veramente pietà rispetto all'originale (a parte Wikipedia). Il problema è che ho visto l'oratorio tre volte, ma succedeva sempre qualcosa per cui non avevo la macchina fotografica Reflex appresso. Così mi sono sempre ridotta con il cellulare. Condivido il pensiero su san Giorgio. 😉
Ho potuto vedere su Instagram che poi invece hai scoperto come creare una galleria, che può arrivare fino a 10 foto. Mi sono aggregata fra i tuoi follower.
I luoghi sono bellissimi, mi piace la Storia che ne trasuda. Tu riesci a valorizzarli molto bene con i tuoi scatti. 🙂
Ciao, Luz, sì, riesco a mettere le 10 foto ma soltanto dal cellulare. La cosa mi secca un po' perché sono costretta a caricare sul cellulare, poi a creare la galleria e a condividere. Non vorrei che Instagram diventasse un'altra incombenza! 🙂 Grazie di esserti aggregata tra i miei follower, ti cercherò anch'io. Sono appassionata di fotografia, mi è piaciuto rivedere le foto realizzate nei miei viaggi.
Se penso a tutte le bellezze che abbiamo in Italia anche nei piccoli centri e paesi. Bellezze che spesso e volentieri siamo i primi noi a non conoscere o a valorizzare adeguatamente…
Bel post, se ne farai altri dello stesso argomento li leggerò sempre con piacere.
Hai proprio ragione, per esempio nel varesotto (a un'ora al massimo da casa mia) ci sono paesaggi e luoghi meravigliosi e interessantissimi, tra ville di delizie o piccoli castelli del seicento. Io li ho scoperti soltanto pochi anni fa. Sicuramente proseguirò nella mia carrellata anche nei prossimi mesi, mi ha fatto molto piacere il tuo interesse.
In Italia abbiamo autentiche meraviglie e spesso sconosciute, hai avuto una bella idea a mostrarci questo splendido posto con la sua storia. Vado a cercarti su Instagram così ti seguo.
Penso che le idee non mi mancheranno affatto nel proseguire in questo nuovo filone. 😉